lunedì 5 ottobre 2015

Presentazione




Antonio Tacete nato a Parma il 18.03.1970 si è laureato in Conservazione dei Beni Culturali con tesi sul pittore pittore settecentesco Giovanni Paolo Panini. Si considera l'incarnazione del poeta francese Robert Desnos e ha pubblicato i seguenti libri:
La casa di Standhal
Il pozzo medievale
La città dei formaggiai e il bambolone nano
La bibbia dei topi
Il formichiere elettronico
L'invasione delle cavallette
La sigaretta all'incenso
Le lucciole nella lana delle pecore



------------------------------------------------------

Antonio Serventi detto Tacete è un esempio di libertà narrativa assoluta. Non ha regole nei giochi spazio temporali, nelle metafore, negli incastri drammaturgici dove non è nemmeno importante seguire un filo logico del racconto, anche perché non c’è. L’invenzione nasce frase dopo frase. La scrittura segue il frizzante citrato del cervello sulfureo dell’autore. Tutto è portato oltre ogni limite con un umorismo tragico, un divertimento amaro. Se si dovesse illustrare un suo dipinto saremmo di fronte ad un quadro di Bosch. Un elogio della follia letterario. Tacete, (più che uno pseudonimo, un imperativo verso tutti gli altri scrittori del mondo!) ci porta in un inferno più che padano, scavando nella psiche di un uomo che non ha barriere razionali. Tacete non è uno scrittore di questo tempo, viene dal cinquecento, per questo non sarà mai pubblicato dai grandi editori. Resterà per sempre un figlio del Folengo e di Bosch, reincarnazione presente del poeta Robert Desnos. E il suo nome imperativo, pesa tremendamente di fronte a tutti quei libri che escono oggi, scritti bene, ma senza sapore, senza sangue. Il mondo in rivolta di Tacete, con il suo protagonista Villa il nano, spegne ogni velleità letteraria altrui. La scrittura è monito, avvertimento, strada da seguire e fuggire, modello e fuga. Un autore di nicchia per appassionati da leggere con passione e ardimento.

Guido Conti

 ----------------------------------------------------------



Interviste a Antonio Tacete


Intervista a Antonio Tacete febbraio 2014

Daniela Stecconti legge Tacete aprile 2014 (Il teatro dei topi)

Daniela Stecconi legge Tacete aprile 2014 (L'invasione delle cavallette)

Intervista a Antonio Tacete gennaio 2014

Intervista a Antonio Tacete dicembre 2014

Intervista a Antonio Tacete 20 marzo 2015

Intervista a Antonio Tacete settembre 2015

Intervista a Antonio Tacete novembre 2015

---------------------------------------------------------
Danilo Bianchi commenta Antonio Tacete...
.
Villa il nano, sarà veramente un nano? Guardando il viso pacione di Antonio Tacete viene  da farsi qualche domanda. Guardandolo nell'occhione tondo del calamaro gigante, pescato in Taro nella piana della Magrina nel 1957, verrebbero da porsi seri dubbi. Abbiamo saputo che Villa il nano, molti anni addietro, vendeva cipolle toscane che non fanno piangere. Le teneva in una cesta fatta di serpenti seccati e poi aggrovigliati come vimini bulgari, montata Pedoca, aveva una camminata strana che gli faceva fare un salto ogni tre passi, ma siccome che era alto come il marciapiedi di Via Mazzini non lo dava a vedere tanto. Villa il nano era cugino dei nonni di Pinen Merendino  che stava sempre seduto sulle panchine del parco Ducale, anche quando pioveva, mangiando continuamente pezzi di sigaro toscano con le cipolle, che gli procurava il cugino.
Antonio Tacete conobbe Villa a Grotta di Iggio alla gara di Sandron che vinse una damigiana di vino americano analcolico, sfidando nella discesa di Pellegrino una motocicletta nera, che funzionava a piscia diluita con il carburo. Sandron vinse, bevvero la damigiana lui, Tacete, Villa il nano, che per l'occasione invitò la nipote del sindaco del quartiere Corea di Fidenza, che si chiamava Mastina. Si ubriacarono lo stesso e Tacete fece il giuramento di non scoreggiare più per la Vigilia di Pasqua.Poi divenne poeta filosofo,scrisse le preghiere per la canonica dei frati dell'ordine della giarattiera slabbrata, ma quei testi non piacquero ai frati, che preferirono leggere le cronache del giornale Stop.Io conobbi Tacete per caso sotto il ponte Taro a Fornovo mentre cercavamo margherite nere metalizzate a quattro petali, rarissime, che ci avrebbero pagate a peso d'oro. Fu in quell'occasione che mi parlò delle sue poesie moderne, mezze poesie e mezze preghiere celtiche, io non gli credetti e pretesi di leggerle per farmi un'idea. Capii che la prosa poetica era un artificio che Antonio usava, per vedere di notte,spesso alla stazione dei treni quello che sarebbe successo il giorno seguente. Fu facile rendersi conto che noi,che giriamo di notte, facciamo fatica a prevedere il futuro,ma soprattutto non riusciamo a capire un tubo di tutto quanto ci circonda ed è attraverso questa sua vista simbolica dissociata che Antonio Tacete sviscera mediante il sarcasmo esasperato oscuri e misteriosi legami che coinvolgono fatti e personaggi apparentemente comuni. Un racconto onirico ad occhi aperti.è la sua poetica, un sogno che ci parla con la modalità espressiva dell'inconscio collettivo. Le sue vicende recano marcatori metafisici, che si sono generati in tempi e spazi caratterizzati da parametri inconsueti, che trascendono l'armonia algebrica con la quale noi cerchiamo di decodificare la realtà. Antonio Tacete parla una lingua che utilizza i messaggi subliminali dell'inconscio, piuttosto che i fenomeni ai quali ci hanno predisposto. Un parlare privo di legami idiomatici soliti, ma neo-generati attraverso un processo di distillazione delle emozioni e dei simboli fondamentali depositati in ognuno di noi, un processo che trasforma la lingua conosciuta in una serie di segni icofonici da scoprire.Peravvicinarsi alla lettura di Antonio Tacete ci si deve depurare dei conformismi inutili, delle suggestioni predisposte dalla cultura comune d'immagine, sgravare dei pregiudizi sessuali e razziali, e dopo tale procedura può avvenire l'iniziazione del suo linguaggio criptico. Consiglio vivamente di leggere Tacete dopopranzo, quando l'influsso pacificante delle libagioni ci predispone ad una sperimentazione linguistica peraltro comicissima. La comicità più pura che io abbia mai sperimentato, rappresenta la sua grande forza espressiva e comunicativa. Con questo tuttavia rimarrà sempre il dubbio che Villa il nano non fosse stato in realtà un nano, ma semplicemente una dizione caratteristica nelle accezioni dialettali parmensi, con ciu si intende un giovanotto oppure una persona a noi vicina. Io nonostante tutto,preferisco pensare che Villa il nano abbia avuto una storia torbida con il figlio bambolo del mezzadro del podere Piroppi di Bogolese, quello che morì dopo la sfida delle uova e vino bianco con Palandrone di Morfasso che era venuto a Parma per vendere il brevetto della macchina per pescare il pescegatto.




ALESSANDRA GRANDI commenta il racconto“Le Lucciole nella Lana delle Pecore”

Alla quattordicesima  pagina de: “Le Lucciole nella Lana delle Pecore”, non ho più resistito all’idea di scrivere ciò che mi suggeriva   Antonio Tacete. Una cosa    semplice come  la discussione  al bar del Lino,  fra milanisti e Juventini , riferita al  celebre episodio  della    stagione  1998-1999 Milan Juventus 1-1 Quattro rigori a favore del Milan, di cui tre negati. Ho provato a concentrarmi sulle reminescenze della mia precedente vita trascorsa a cincischiare la pittura, ma   in quello strano mondo,  gli artisti o presunti tali,  più che nella letteratura trovano sempre  una casa in cui essere ospitati.  Nel frattempo  ha  continuato  a  balenare nel mio cranio, la figura  di un cavedanone  gigante  (detto  Ginon  ) che  si sapeva scorrazzare  nelle acque della  piana del Taro alla Magrina di Bianconese. E’  certo che il  terribile ciprinide,  era stato visto gingillarsi  con le cavedanesse del posto,  indossando  una collana di ami bronzati Tubertini del quattordici , rubati di  nascosto a tre  pescatori gay  del circolo dopolavoro ferroviario di Fidenza, i quali avevano sottoscritto   una raccolta di firme coi colleghi  pescatori  del “Rapid,” per perseguirlo penalmente.
L’ idea  malvagia si  agitava  nel   dubbio   se Villa il Nano fosse un nano di  statura, oppure  un mostro stabilmente residente nella mente del suo  autore. Il demonio mi suggeriva, che   nascondeva  occulti significati.  Provai  con l’alfabeto runico, ma  trovai solo un vago wyn – al man – o  o nan- o che non dicevano un bel niente,  a quel punto   mi  venne in mente un camionista che  frequentava il bar di mio papà quando io  ero poco meno che ragazzino.  
Era  Mario, e  da li Marien fino a Jen, ma lui non amava il diminutivo perché diceva  fosse simile a Gugnen.  Non faceva un metro e mezzo di persona ,  aveva un vocione  rauco che  sembrava la grattata di una vecchia cinquecento  dalla prima alla seconda marcia.
Prendeva per il culo tutti, raccontava   dei suoi  viaggi sparando  balle che sembravano mine da marina, io lo ascoltavo, e  volevo credere fosse tutto vero. Da lui  avevo sentito  di cameriere cannone e cani imbastarditi con animali marini, anche di un serpente saltatore, che  volava di albero in albero.
Antonio  è un tipo che quando  lo ascolti, senti che  vuole  essere profondamente superficiale, ma è  tutta  apparenza, in realta è profondamente  profondo, nel modo che spiegherò fra breve.  Guarda sempre in basso, come un cercatore di lumache giganti, arancioni come stradini ,  scrivendo  si esprime su argomenti filosofici, portando  con sé  l’ antigene della  moderna spocchiosa cultura semplificata . Spacca in più parti il senso logico degli eventi,   ti sta raccontando qualcosa ma contemporaneamente fa si che tu  non gli  dia peso. Qualcuno sostiene  che    sarebbe carente di  senso narrativo, lo dimostrerebbe il fatto che non usa ritmare  il tempo di narrazione, avendo un’avversione mefistofelica per la punteggiatura. Forse che  alle scuole elementari abbia avuto una maestra nana che picchiava i  bambini con le lische di  sardine giganti rosa  choc,  dalle quali pendevano campanellini dorati di formaggio puzzone della val  Gardena? Non si sa, ma  in un certo senso ciò risponde a verità, e ciò sarebbe naturale se la sua prosa fosse  intelligibile dal  senso comune dei lettori nella modalità consentita dal sistema letterario.
 le sue vicende non seguono la  ritualità del raziocinio, la   infrange bellamente,  fischiettando e scoreggiando infischiandosi del concetto di spazio tempo al quale siamo tutti  devoti.  Nel suo libro il tempo è un concetto secondario, trascurabilissimo, così come lo spazio che   si modifica per ospitare meravigliosi mostri  comici di dimensioni incredibili.  Quando lo leggo, mi chiedo sempre come mai nessuno esalti la sua  modernità  da salto quantico, proprio oggi che  la fisica quantistica viene messa pure nella Nutella al posto del pericolosissimo zucchero. Eppure se vogliamo lo sguardo a tutto ciò che ci circonda, nulla ormai risente delle tradizioni, tutto deve  per forza essere innovativo, sperimentale, ma soprattutto alternativo.   Le storie di Tacete sono altamente alternative, vicine ai  canti rituali, sono drammi  minimamente epici, specifici  di spiriti  elementari che senza casa, vagano per l’etere prendendo per il culo il  resto della popolazione incarnata.  Lo sentiamo tutti,  ogni giorno, attorno a noi    si condensano e  si vaporizzano memorie e  sostanze del vissuto delle persone, sottili reminescenza luccicante che chiamiamo memorie,  atti e tragedie viste e sentite che  con l’andare del tempo si concentrano riducendosi a flash mnemonici  incomprensibili.  Se per esempio dico che vicino al cimitero di Trecasali,  si sono visti  fantasmi scorreggioni  nel mese di Gennaio dell’ Anno Santo, posso credere che siano elementi di suggestione. Qualcuno  chiarirà che ad averli visti,  è stato   un tal Mingon Cantinonebotte che si sapeva rientrare spesso ubriaco per quella strada. Ciò non toglie che nei pressi di quella terra consacrata,  si siano materializzate forze e sentimenti destinati a persistere nel tempo. La gente costruirà incredibili   storie , un po’ reali e molto immaginarie su quel luogo, si  creeranno energie  sottili  che andranno ad  annidarsi   nei vissuti comuni.  La  specialità di Antonio Tacete è proprio questa, la sua penna è un bastone da rabdomante, uno strumento incomprensibile ma profondo nella tradizione dell’incomprensibile , lo  impugna per   sentire le vibrazioni non dell’acqua nel sottosuolo,  bensì dei fantasmi annidati  nelle aure vitali di tutti gli esseri viventi. Ci mostra come  questa virtualità è discendente verso gli inferi piuttosto che ascendente verso i cieli, come  nel destino delle cose  risulti più facile cadere che non alzarsi in volo. Così riesce a  dipingere  multicolori  arazzi  incomprensibili  ma vivi, una specie  di  acquario meraviglioso dove pesci misteriosi dalle fantasiose ed inutili caratteristiche,  girano su se stessi senza un’ apparente significato. Sfido fra l’altro chiunque ad interpretare le assurde  forme multicolori di pesci dalle forme assurde, che comunque accettiamo  unanimemente.    
Ad uno sguardo superficiale, sembra  che il suo lavoro si   concentri esclusivamente sull’aspetto surreale, come se   volesse  cogliere unicamente la   distorsione   della realtà, una dilatazione forse  voluta o magari  subita, nella quale  domina la  mancanza di preoccupazione per la  forma espressa.
A tale critica io rispondo che se Tacete non rispetta i canoni formali di espressione, allora dobbiamo  contestare  tutte le forme di  espressione culturale nelle forme mediatiche alle quali siamo sottoposti giornalmente. I  - Nani  sbodenfi, Tirabussamen Nanatale- vivono nel nostro mondo, ne abbiamo pieni gli occhi in ogni giorno, come anche siamo  invasi   da tutti quei - Topi nani che squittiscono messa in latino-  Ogni istante nelle televisioni di stato. Credo che ognuno di noi  alla fine preferisca sempre : -una meretrice in un vicolo impisaiento di Napoli-  al delitto perfetto della realtà alla quale siamo vincolati per volere sopra locato. E se la cultura popolare   dominante  ci sembra  una fiaba senza senso, ecco che una precisa critica etica si riassume in un indefinibile assurdo linguaggio.
  Il surrealismo nell’espressione attuale, è  la formula standardizzata  dell’ elaborazione di una materia sociale che non ha più ne un principio ne una fine. Qual è la linea sottile che definisce il limite fra  il reale ed il surreale? E’ forse la logica dei media contrapposta alla nostra esperienza? Della televisione  antagonista della realtà quotidiana ? O forse solo  il  logos  espressione  della  massa fattasi sempre più  soggiacente a potentati economici che  distorcono ogni ordine di idee? Tacete demolisce lo standard del surrealismo da quattro soldi dilagante per entrare nella dimensione metafisica, il suo  apparente caos cognitivo è in realtà una potentissime lente d’ingrandimento, un  microscopio che entra nella composizione della materia per evidenziarne  gli elementi costitutivi. I suoi personaggi, sono apparentemente virtuali, non sono certo umani nel senso stretto, infatti non conoscono il concetto del male. Agiscono sotto l’ impulso di una catena di eventi  in senso casualistico, ma poi divengono perfettamente credibili  con un processo inverso di umanizzazione. Ciò che è virtuale apparentemente  esula dall’aspetto umano pur mantenendo elementi comunicativi, una segreteria  telefonica è prettamente virtuale,  l’uomo scompare dietro di essa  e sprofonda in un mondo del nulla che lo annichilisce. Nei personaggi di Tacete, pur  uscendo  da un punto di partenza impercettibile, l’uomo si ripresenta con il suo immenso  greve  di  difetti, e trionfa sull’ elemento scientistico in quanto  non apparente e non in grado di recare in dote elementi difettosi. Straordinaria è la costante fulminea apparizione dei mostri sacri della cultura,   così biecamente   ridicolizzati da un sistema scolastico che trova nelle app per Smartphone il più preciso veicolo.  Tacete ci rammenta sbattendoceli in faccia grottescamente deformati, quanto  male sia stato fatto loro, e quanto di rimessa ne si stato fatto alla collettività, ormai incapace di  pensare se non attraverso le brochures degli sconti  alla grande distribuzione.   E’ autore difficile da capire, la sua  difficoltà  risulta direttamente proporzionale alla facilità della  lettura, per paradosso sono le cose più evidenti a non essere vedute.  L’artista Christò, deve  grottescamente  tappezzare un meraviglioso lago per far si che le mandrie di bipedi ruminanti, nani e giganti, con corna ramificate e zoccoli foderati d’amianto verde smeraldino fumanti sigarette arrotolate in stracci imbevuti di benzina,  accorrano   ad ammirare le sue bellezze distrutte dalla stessa  commercializzazione dell’immagine.  Questa  critica è spietata,  tale quale quella del nostro  indefinibile scrittore, detto poeta o forse diversamente romanziere, come si usa fare  oggi per  incasinare le semplici evidenze.  La critica di tacete è terribile come il mondo che lui non accetta. Lo  presenta sotto il suo personale  programma virtuale di devastazione, fosse stato un tecnico informatico avrebbe certamente  scelto la carriera dell’hacker, attratto dal demone di una  violenza filosofica  sul paradigma ideologico comunemente riconosciuto.  Così tutto può divenire il contrario di se stesso, il tempo reale scompare d’incanto, sostituito dal suo doppio o dalla sua metà che poi danno lo stesso risultato. In un tempo dove il virtuale ed il reale si scambiano la funzione, dove in pittura Duchamp decontestualizzando il sistema rappresenta  con l’orinatoio  l’ opera d’arte ormai incapace di manifestare se stessa .  Conseguentemente  risulta   naturale invertire le due fasi lunari, la visibile e l’invisibile.  Così scompare il mondo della tradizione, viene  sostituito da un mondo dell’anti - tradizione, del modernismo  arrogantemente idiota,  dei modelli cangianti su colori complementari non armonizzati,  degli strumenti di tortura personale come  gli smartphone.  Il sesso. Il lavoro, l’identità, il genere scompaiono  senza poter ambire ad una vendetta, vendetta che viene consumata freddissima dal nostro diversamente poeta o romanziere ed anche diversamente intellettuale. Tacete è arrogante, lo capiamo, ma solo per le menti fini, è naturale che con un microscopio non si possano vedere che le forme apparenti non i particolari.  Noi nel frattempo, riteniamo idoneo stupirci della consueta stoica banalità della nostra esistenza, chiusa nel ghetto del format comportamentale al quale ipnoticamente siamo  obbligati ad obbedire da condizionamento post ipnotico. Viviamo senza speranza nel territorio di  trans devastati, che ci vengono proposti a Ciucciare capezzoli a forma di girino del proprio sovrano;  è nella logica dell’appartenenza che si genera questo mondo difettosissimo. Tacete non ha sovrani ai quali ciucciare capezzolini a forma di rane di Ranuccio, e per questo motivo che rimane  integro come luce lunare. E nella sua integrità etico emotiva,  muove a suo piacimento mostri nani e giganti piccini che si intersecano nella fantasia  collettiva senza essere riconosciuti.  Egli, consapevole o meno, solo l’ Altissimo potrà provarlo, propone una terribile quanto meravigliosa tecnica con la quale esteriorizza  la degenerazione sociopatica dei nostri tempi, ma la cosa più importante è che solo lui  è in condizione di proporla. I disastri sociali  vengono presentati  perfettamente  in forma di  spot pubblcitari, gli unici sistemi  che  siamo in grado di  comprendere,  nella nostra perfetta ipnosi collettiva. Certo, la sua opera  si discosta  brutalmente da quanto può essere mentalizzato  dalla schiera di testoline scriventie balbuzienti,  che sviolinano melodrammatiche storielline  fatte di  amorini  e droguggia spacciata nelle metropoli nane , per tentare di minare la scorza ormai blindata dei nostri cuori infranti . Nel melodramma che scaturisce dal dolore  inconscio  causato dal delitto perfetto della sottrazione della realtà, i personaggini  e personaggioni di Tacete faticano a trovare spazio. Il melodramma si nutre di perfezionismo freddo e manierista, modalità strutturata per soccorrere  piccoli piccini borghesi  nani  con piedi giganti nascosti da calzini di cartone ondulato rubati dall ex Salamini. Per tale  fatto  l’autore  non riesce a trovare la via per centrare il cuore dell’espressione  satirica in voga.  Villa il nano come un Joker a scala quaranta,  guizza fuori dallo schermo televisivo fra un tele rimbambimento della D’Urso e le previsioni atmosferiche, sghignazzando dei nostri  difetti,  proponendoceli  senza vergogna alcuna.  
Ma se assuefati all’amaro Montenegro non cambiamo più canale, o peggio non buttiamo il teledemolimentizzatore nel cassonetto degli ingombranti, dovremmo in questo caso  ridere della nostra fragilità, piuttosto che  credere alle lusinghe del Prostamol. Temo che la reazione  caratteriale della maggior parte della massa lettrice di bugiardini farmaceutici,  rimarrà  atterrita all’ evidenza che se: “Dalla finestra gli  studenti malefici  e il nano Villa  vedevano su una collinetta gialla  di camomilla  in un giardino interno  cani arancioni crocifissi – ritti  con le zampe posteriori e quelle davanti levate inchiodate  ad una croce e latravano ed erano come una fontanina  vivente perché pisciavano  in quella posizione” se ne provi disgusto e dolore.  

Le Lucciole nella Lana delle Pecore è uno pseudo romanzo, un diversamente romanzo  confezionato in abito mediatico, all’interno del quale la realtà viene fissata da un’ oscuro operatore. Contrariamente al Tigì delle venti  si annuncia  delicato, quasi armonioso ,  senza omicidi, l’autore  ci presenta  la sua visione d’insieme del mondo catodico senza  sottoporci ai soliti scossoni di cronaca nera o di oscura e terroristica   politica internazionale. Di tanto in tanto  ci appaiono rosee  nostalgie parmensi e  personaggi letterari,  credo che  essendo la natura di Tacete profondamente letteraria, pure nelle sue ossessioni, egli ci voglia preparare  ad un decorso dell’ opera  di stampo Dantesco. I suoi servizi di cronaca dal mondo virtualmente distorto, acquisiscono un respiro più ampio fra Siena, Roma e la Svizzera, passando per Lucca. Progressivamente la narrazione  acquista temi più tragici, come in un buon Tigì  che si rispetti.  la cronaca non tarda a  farsi vedere, emblematico è l’episodio  della  nonna Scheletrulipana  che friggeva patate come fossero pepite d’oro  e pagava i suoi debiti  con le croste di lebbra della madre. I protagonisti,  appaiono e scompaiono  destrutturati,  decontaminati dal comune , ripuliti  dell’idiozia imperante, riappaiono  integri nella loro funzione di  mostri arcaici della nostra  anima. Jung avrebbe di che sbizzarrirsi sul contenuto collettivo archetipico di elementi  distillati in  eoni di percorso delle razze umane fino ad oggi,   mostri che  si ripresentano così ritualmente   nella logica illogica dell’opera,  deformi e demonizzati,  ma sempre  rappresentativi  di una  appartenenza al nostro mondo,   comunque oniricamente camuffati da personaggi dei fumetti. Il decorso post operatorio dei personaggi è  incerto,  mentre  le pagine scorrono si fa incerto e si inizia a subodorare   un precipitare degli eventi. La parte  centrale  dell’opera è alla stregua di un  precipizio nel quale cadono   le nostre speranze, il quadro clinico dei personaggi peggiora misteriosamente, e se nelle pagine iniziali  ci illudiamo  possa esistere una fragile speranza di redenzione, successivamente tale aspettativa ci viene revocata. Così Garoffano Mortuari vestito da  Dandy . . .dentro la tasca faceva partire, passeggiando, come proiettili di piombo,simili a gocce di rugiada ferendo i passanti. E ancora: . . . con sangue per inchiostro prelevato da  omini assassinati nel quartiere degli omicidi.  Tacete non ci lascia speranza, il suo mondo, ma attenzione pure il nostro, è in via di sprofondamento. Come un vascello  silurato sta  imbarcando acqua e  inabissando fra i flutti gelidi del  mare del Nord.  L’ occulta opera Dantesca insiste sul fatto che vi sia  una speranza  oltre il cammino nel  terrore delle anime perse,  Le Lucciole nella Lana delle Pecore sembra precludercelo. Forse tutto va letto in chiave  onirica,  il significato  palese drammatico può essere  interpretato  con una chiave di lettura latente ai nostri occhi. Le nevrosi si fanno pesanti, precipitano in psicosi che se alziamo gli occhi dalle pagine intravvediamo immediatamente  nel caos biblico che ci circonda. Il libro entra  nelle nostre menti cartellizzando i nostri spettri personali, per   renderceli   ipnoticamente accettabili, come dovremmo disgustarci del nostro vomito, in certi casi, senza pensare all’eccesso di libagioni che lo ha prodotto.  L’ autore emotivamente,  vive in prima persona le psicosi collettive di cui si fa   documentarista, le vive scaricate del valore affettivo,  consentendo loro di vivere nella vita di tutti i giorni,  senza l’effetto  compensativo  di determinare un comportamento ossessivo di protezione. La prosa si fa  difficile, non in quanto grammaticalmente a volte  privata di punteggiatura, e in quanto tale più autentica. Non   potremmo chiedere ad un sogno di avere una scenografia perfetta, perderebbe la sua entità spirituale , soprattutto in un mondo dove la spiritualità si è ridotta al numero da chiamare per donare due Euro  alla lega per la salvaguardia delle suole di caucciù dei  Gauchos argentini nani,  obbligati a cavalcare cavalli a tre zampe, con un trotto  disarmonizzato e pertanto difficili da montare soprattutto dai soggetti afflitti da emorroidi.  Il sogno  andrà sempre  interpretato, pertanto la  scarsità di vincoli  grammaticali certi, ne   accentua la sua veridicità. Il difetto del sogno tuttavia è di diventare   difficile  quanto più  il linguaggio si fa  crudo, e se è meraviglioso raccontare di un sogno  leggiadro, risulta impossibile narrare le nostre più bieche attitudini  riviste in un incubo.   
Le nostre anime   ipocrite stentano sempre a riconoscersi nella parte malvagia che ci riserva la dualità del cosmo, vorremmo per istituzione essere riconosciuti appartenenti  alla categoria degli Elfi,  in mancanza di tale  affiliazione ci illudiamo  ammirando estatici le storie puerilmente fantastiche,  dove la cinematografia ci riconduce sempre ad un buon  fine. 
 L’autore  materializza i propri incubi cinematografici in: - Dove stavano mangiando a d un tavolo Moravia, Pasolini, Fellini  e Sandro Penna  e ad un altro la Lollo, la Loren e Alberto Sordi  e come succede in una favola  il nano salutò il reverendo ed entrò nella pellicola e nel film.-  Precisando  che il nano entrò prima nella pellicola che nel film, ci riconduce ad un girone   dantesco dove il Sommo poeta rivede i personaggi della propria  epoca per sua fortuna non mediatica. Alla stessa stregua Tacete subisce  compulsivamente queste presenze, le disgrega dal contesto e le   rende  appartenenti alla categoria spettrale di Villa il Nano, piaga biblica  che  come un angelo  devastatore demolisce progressivamente tutti i   miti infantili.  In  particolare,  forse nel punto massimo del suo sonno REM   vigile,  Tacete ci   conduce verso la  dissoluzione virtuale di tutto l’assioma catto-cristiano ideologico e  come un fondamentalista filosofico distrugge il  costrutto iconico  con una bomba  a frammentazione di quelle lanciate democraticamente negli ultimi tempi: Caracalla stuprava la madonna con una vescica di maiale  come anticoncezionale.
Le Lucciole nella Lane delle Pecore  non ci lascia scampo, non ci propone alcuna via di fuga, nessuno si salverà  da se stesso, un ‘ opera dantesca che ritorna nell’ inferno dal paradiso dal quale è partita.
La sua linea di pensiero si staglia  talmente sopra le nostre abitudini fino ad apparirci incomprensibile, inintelligibile, la sua satira troppo cruda fino ad essere dolorosa perfino per i sensi, ma è da questo presupposto che ci viene una riflessione.  Ci si chiede quale sia il limite non etico, il livello di sopportazione  della forza satirica che ci colpisce, e perché siamo sensibili a certi  temi piuttosto che ad altri. Per quale motivo cerchiamo sempre  in letteratura, in cinematografia,  stili  armoniosi se la nostra coscienza  nasconde le più inumane  tendenze. E’ forse così  disdicibile  il  cinema Horror?  Decenni di  storie demoniache ci hanno assuefatti’;   il mondo della celluloide  è stato sdoganato da  qualsiasi responsabilità  etica e culturale per la sua tendenza  all’ orrido forse solo per questioni  economiche di  business?. Credo che tutto quanto si maligno ma sopportabile debba considerarsi alla stregua di un veleno, l’ abituazione ci  consente di sopportarlo, differentemente da una sostanza che determini uno shock.  Le nostre nonne ci dicevano che la medicina deve essere amara, la modernità  ci propone   farmaci perfettamente inutili resi gradevoli al palato,  per esclusiva motivazione economica in un perfetto adattamento alla tossicità. Credo che in ambito culturale il meccanismo sia identico,  tutto  l’orrido che ci circonda entra a far parte della cultura,  la massa  è sottoposta a terapia di cronicizzazione sotto l’azione di continue piccole dosi di  orrore mediatico. Tacete ha il pregio e la sventura di non conoscere le dosi farmaceutiche, la sua  identità filosofica è  assoluta, irremovibile, per trovare sfogo si maschera, cambia livrea,  camaleonticamente prende i colori dell’ambiente che frequenta.  Puerilmente utilizza mezzi e immagini  senza  smussarne le  spigolaure, come se l’uomo Antonio  Ugolotti Serventi abbia rifiutato  la tenzone con un mondo di grandi adulti piccoli piccolissimi nani.  Egli non  apprezza  commisurarsi,  sebbene ne abbia  i mezzi, con l’ establishment culturale letterario corrente, preferisce il suo mondo colorito e sproporzionato. Mi perdonerà questa definizione, ma vedo in lui l’ essenza del bimbo  adulto  gigante nano, che non  intende  commisurarsi ad una società di bamboloni adulti nani. Rifugge l’ ambiente comune   e chiede collaborazione ai suoi personaggi  che gli vengono in aiuto. Noi possiamo restare  amabilmente esclusi dal suo mondo , ma con un piccolo sforzo di ridimensionamento verso il basso della nostra presunzione, possiamo entrarvi tranquillamente.   

Nelle ultime pagine, Le lucciole nella Lana delle Pecore diviene definitivamente un ‘antiromanzo,   le virgole si disperdono come  soldati reduci dopo una battaglia, i tempi  ed i luoghi si confondono come in un sogno incombente di un facchino dopo dodici ore di lavoro. L’autore senz’altro sente la bacchetta vibrare  all’impazzata  avvicinandosi al contenuto delle sue idee, sente sempre più  che Il mondo si capovolge sovvertendo le regole ferree che la fisica newtoniana ci aveva lasciato. L’antiromanziere Tacete che è anche antipoeta antibanale,  ci lascia una terribile condanna,  scritta con il fuoco della sua  allucinata visione: saremo costretti a perire, a morire soffocati, martoriati,   smembrati da innumerevoli diavoli occulti  venuti a popolare le nostre serate direttamente dall’etere. E se nessun ingegnere, o  accademico, o prete, o tramviere, sa cosa sia l’etere questo non importa,  noi staremo lì indefessi con il petto volto alle raffiche    che rispondono al nome del Sanbitter c’est plus facile,   Chi vespa mangia le mele, colore chiaro gusto pulito è Glen Grant ecc, ecc per citarne alcuni. Tacete non ci  fa sconti, conosce l’altra parte della luna, deve averla vista in sogno, oppure qualche diavolaccio screanzato deve avergliene parlato,  mentre l’opera volge al termine, e certamente pure il suo  furore creativo, prende piede  nella sua mente la certezza dell’abbandono del raziocinio come destino fondamentale dell’uomo Telesapiens  di ultima generazione. Badate bene, non c’è nulla di immorale nel trascrivere le proprie drammatiche  furie psicologiche, questo mondo è di per se una furia, un vortice di menzogna ed inganno, di trasformazione  del visibile in dottrina sincretica.  Tutto si può   elaborare in tempo reale in un linguaggio simbolico  post moderno riconvertito e ridimensionato, di certo invertito nelle sue funzioni. Come dice  la sua origine lessicale il simbolo nasce per  unire,  i grandi filosofi riunivano il sapere, oggi i grandi mediatici dividono ogni cosa in sottocategorie. L’opera di Tacete tenta invano l’opera di ristrutturazione del significato simbolico attraverso il paradosso, tuttavia  di questo ci rimane una traccia una direzione precisa.    Nella terapia psicoanalitica  riconosciuta, si attua l’esame dei sogni  per rappresentarne il loro aspetto in lingua simbolica, certamente il setting analitico ne sdogana l’irrazionalità sotto il meccanismo del motore inconscio. Ma è proprio  il serbatoio  comune  archetipico che ci conduce  per la via  della tradizione che va recuperata, i simboli dell’opera di Tacete sono fortissimi pur  distorti, ed è nella distorsione degli stessi che se ne trae quel senso di amaro. Sentiamo viva una sobbollente  sofferenza nella sua tragica satira, vediamo capovolti tutti i  crismi della ragione con la quale abbiamo condotto l’esistenza.  Una sottile terribile nostalgia delle regole naturali tanto distorte   dall’ anti poeta, tanto angoscianti nel desiderio di  essere recuperate . Sarebbe buona speranza riuscire a ridirezionare la nostra marcia attraverso il sistema di input, output  che da quanto detto ne deriva. Detestando gli inglesismi come spesso mi accade, direi che l’idea finale dell’opera di Antonio Ugolotti  Serventi Tacete, ci dovrebbe far sorridere dei nostri spettri personali, ma tale  catarsi dovrebbe accendere la scintilla di una  sacra riflessione sul quanto siamo degenerati nel mondo  attuale. Pertanto  se l’ attore Albertone Sordimuticiechi  aveva alle mani fori  di stigmate dove perdeva per terra le monete;  per compensazione dovremmo  comprendere come in un cantinaccio alcuni norcini stuprarono Villa il nano  con delle luganiche ed un’ altro prete diceva Mangiassero cicogne  e il maligno perciò si fosse impossessato,più in avanti negli anni  questi per un editto pontificio, che vietava di mangiare i trampolieri bianchi furono giustiziati dal boia.

 -------------------------------------------


Racas commenta sul sito "ParmaRepubblica.it" il libro "Le lucciole nellalana delle pecore"


Che cosa ci fanno insieme Giacomo Leopardi, dei body builder, il filosofo Jean Jacques Rousseau, Ernest Hemingway e Villa il nano? La risposta, forse, la potrete trovare tra le pagine di “Le Lucciole nella lana delle pecore” (GuaraldiLab, euro 10), ultima fatica letteraria del parmigiano Antonio Tacete (in foto), “vin santo all’aceto che i chierichetti paleocristiani di Parma versavano dalle ampolline nei calici di pape da luna-park”. Così si definisce in epigrafe l’autore.
Lo scrittore Guido Conti considera Tacete “un esempio di libertà narrativa assoluta. Non ha regole nei giochi spazio temporali, nelle metafore, negli incastri drammaturgici dove non è nemmeno importante seguire un filo logico del racconto, anche perché non c’è. L’invenzione nasce frase dopo frase. La scrittura segue il frizzante citrato del cervello sulfureo dell’autore. Tutto è portato oltre ogni limite con un umorismo tragico, un divertimento amaro”.
Una poetica che si ritrova tra le pagine dell’ultimo romanzo. Romanzo per così dire. Perché quelle di Tacete sono pennellate di scrittura, vorticose, inarrestabili. La sua penna sembra un pennello in mano a un pittore dell’Action Painting: frasi lanciate sulla carta.  Villa il nano (alter ego dell’autore?), il “protagonista”, nel suo vagare atemporale, caotico e senza meta, passerà da San Secondo a Parma, da Firenze a Roma, alla Svizzera, arrivando in taxi fino a Honolulu. Questa sua “odissea” lo condurrà a essere spettatore e attore, in uno stesso tempo, di vicende surreali, oniriche, autentici “pastiche” letterari. Verrebbe da pensare a un film di Federico Fellini.
Quella di Tacete è una narrazione che si fa beffe delle unità aristoteliche di tempo, luogo e azione. Le fa a pezzi, destrutturando perfino la lingua, priva, per lo più, di punteggiatura. Quasi come in “Birdman”, il flusso narrativo potrebbe proseguire all’infinito, ben oltre le centinaia di pagine in cui è costretto. Romanzo metafora delle immagini televisive che invadono le nostre vite? O forse del caos babelico che inonda i social network? Farsesca e tragicomica rappresentazione del mondo? Ai lettori l’ardua sentenza. (racas)


----------------------------------

Roberto Barbolini commenta sul sito "thelivingstone.it" il libro "Le lucciole nella lana delle pecore"
.

Che dire di Antonio Tacete, «questa sorta di vin Santo all’aceto che i chierichetti paleocristiani di Parma versavano dalle ampolline nei calici di pape da luna-park »? Soprattutto: che dire di Tacete, che non abbia già detto lui, nascondendolo apertamente nella vanvera vorticosa d’una scrittura di ripugnante attrattiva? Il paragone immediato e blasfemo, giusto per non far torto alle sue non comuni aspirazioni, alle sue ardue traspirazioni narrative, è con un premio Nobel della letteratura: il cinese Mo Yan. Uno pseudonimo che significa «colui che non vuole parlare». Ora, immaginatevi che razza di buffo rendez-vous continuamente mancato sarebbe quello fra uno scrittore parmigiano che ha scelto come nickname l’imperativo «Tacete!» e il suo celebre collega, l’autore di Sorgo rosso, che dal canto suo non ha alcuna voglia di parlare. Ma potrebbe invece trattarsi d’ uno di quegli incontri fortuiti fra un ombrello e una macchina per cucire su un tavolo anatomico auspicati da un certo Lautréamont… E qui il vecchio Carl Gustav Jung andrebbe in brodo di giuggiole per via di una coincidenza straordinariamente significativa: l’autore dei Canti di Maldoror ha infatti avuto l’arduo privilegio di legare la sua morte alla nascita di Tacete. Come ci racconta col suo stile inconfondibile, costui è infatti nato proprio il 18 marzo del 1970, «un secolo esatto dalla morte dello scrittore Isidore Ducasse detto conte di Lautréamont, lui poeta benigno, l’altro poeta maleficissimo, un giorno prima della fiera di San Giuseppe, dove nonni gobbini portavano i nipoti pupattoli a vincere pesci rossi ». Questi nonni gobbini sono già gli antesignani del nano Villa e della corpulenta nonché crapulenta corte dei miracoli che si aggira spetezzante e sogghignante nelle pagine di Le lucciole nella lana delle pecore, carnevalesco sabba di parole che solo un coraggioso capitano di ventura come Mario Guaraldi poteva aver l’ardire di pubblicare. Come vedrete dalle paginette che TheLivingStone ha scelto, infatti, la prosa di Tacete non è per nulla accomodante. Può forse peccare di narcisismo, ma non di quella consolatoria ipocrisia che costella tanta narrativa italiana, soprattutto quando si finge dedita a scopi altamente sociali. D’accordo: Tacete è uno scrittore arrogante: solo un losco figuro può ordinarci così perentoriamente di tacere, arrogando unicamente a se stesso il diritto alla parola. Ma se vi azzardate a seguire le mille capriole verbali di questo stramboide, se vi lasciate catturare dal suo mondo teratofilo e blasfemo, da quell’immaginazione grottescamente copulante e dalla sua indisponente malalingua, capace di farvi prendere lucciole per lanterne e viceversa, avrete l’ambiguo e silenzioso privilegio di gustarvi una prosa irta, inconciliata e mai paga, che vi appagherà non poco. Tacete, dunque, e leggete.

Roberto Barbolini

Le lucciole nella lana delle pecore






Il carabiniere


Villa il nano scriveva una lettera comica,maccheronica ed esilarante, che iniziava così:"carissimo Biniere-mare di merda con lo scialle di stronzi-il defecamento più stupido per un appuntato delle carabine-ho visto all'Hawana accattoni inzuppare in spugne di mare-usate per detergere sui ring il sudore al pugile La Motta-di liquori cubani e le strizzavano poi nei bicchieri, tutto ciò per non farsi cogliere in fallo e se i ricconi gli davano un che(soldo con effigiato Cheguevara)se ne facevano versare un bicchiere colmo all'interno del mokambo dove c'era un leggio, sul quale erano posate-una sull'altra-foglie di tabacco-usate per arrotolare sigari-sulle quali con inchiostro d'oro Hemingway aveva vergato il manoscritto del Vecchio ed il Mare ed un closhar ne aveva rubato una pagina, che gli avevano pagato cinquecento Mooiti.






Il Vesuvio

Una notte deragliò un treno-che giungeva da Napoli-alla stazione di Parma dalle cabine, dentro le quali era steso il bucato puzzolente di varichina marcia ed in una di queste c'era il figlio illeggittimo del poeta Leopardi-messo al mondo da questi con una donna di malaffare di Napoli, il quale usciva a fatica da un finestrino del treno capovolto.Il figlio di Leopardi era un poeta maleficissimo, che appena uscì dalla stazione di Parma cercava di vendere a clienti occasionali un suo libello-in cui descriveva una partita bocciofila tra carcerati, evasi dal carcere-con per boccie palle, che per mezzo di una catena avevano legate al piede e , che dopo averle scatenate lanciavano con grande virulenza-perchè pesantissime- vicino al pallina in una spiaggia di Posillipo.Aveva dato l'allarme della loro fuga una caffettiera gorgogliante ed in ebollizzione, che questi.. si erano scordati sul fornello della loro cella della prigione.In un'altra pagina era descritto l'harem del poeta pieno di matrone napoletane-nude e dalle poppe turgide,gonfie quasi a scoppiare e rotonde come palle giganti di mozzarella e di una gita malefica con una di queste sui sentieri sepentinanti fin sul Vesuvio e il ragazzo spinse la ragazza-una dell'harem- dai grossi palloni del seno pallido dentro la cappa del vulcano, che filarono bruciate come mozzarelle nei tizzoni ardenti della lava come lozzarelle di una pizza in un forno acceso di una pizzeria.Il figlio di Leopardi fuori dalla stazione fece conoscenza con Villa il nano, con il quale andò lì vicino in un dancing night chiamato la Malvagia, buco segreto e sotterraneo-ammobiliato graziosamente, a cui si accedeva per mezzo di una scaletta strettissima e qui il nano e il ragazzo con entrenouse-nude ma cinte al corpo di grappoli plastificati di malvasia bevvero intrugli di frullati di sedano e zenzero con aggiunta di gin e tonica e il poeta aveva unghie finte rosse a forma di cornetti anti-iella su quelle vere e calcata in testa una bombetta a forma di latticino bianco





Cesare Pavese

Era l'epoca in cui lo scrittore Cesare Pavese aspettò invano un giorno ed una notte davanti all'albergo dell'Angelo-svettante di un angelo d'oro sul tetto-il suo amore-ballerina, che non arrivò mai.E poi il giorno a venire si siucidò in una stanza dell'hotel Roma-ingerndo una forte dose di barbiturici detto Velenum Somnii e il cameriere Anguilla,dalla carnagione color nutella, con una divisa da metre, anche di secondo mestiere terrazzano, in compagnia di una scimmia addomesticata cameriera dell'albergo-tenendo sul braccio un vassoio con la cena, bussò alla porta ma nessuno rispose, infine con un paspartù aprirono la stanza e trovarono il romanziere riverso morto per terra.Alla fine di quell'estate ad Asti ci fu il Palio-per settembre, tempo di vendemmie-l'aria piena di atomi di moscrini-con cavalli robusti e fantini bastardi e Villa il nano, montato sulla statua del tragediografo per vedere meglio lo spettacolo-nella piazza dove si correva e sorgeva il monumento-vide tra la folla gli occhi viola color vino nebbiolo della donna che non arrivò mai all'ppentamento e l'amico di Pavese detto Nutello, che suonava il clarino nella banda , che terminava la sfilata della parata storica del Palio.Racconterò che il viticultore di Canelli, cero Pinotodipinoto Cangia si muoveva con il suo camion-botte e lo riempiva di tutto il vino della vendemmia dell'annata e produceva uno spumante bollicinato, dalla bottiglia-al collo foderata di carta dorata, la gabbietta al tappo, perchè non scoppiasse siccome molto frizzante e sull'etichetta stampato il disegno della villa imperiale di Canelli appartenuta di padre in figlio-al suo casato-,che al nano ed ai suoi amici stappò l'ultimo dell'anno del 1950 il cameriere Anguilla appunto all'hotel Roma.Così la sera di quel fine anno il nano Villa camminò tra il passeggio elegante e signorile della bella Torino la sera e sotto i portici ad una bancarella comprò un libro dello scrittore intitolato :Il moscerino ubriaco e barbone-una favola-.Infine come detto mangiò alla torinese con amici tra i quali Boniperti(allora centravanti della Juventus)-il signor Fiat-una confezionatrice di abiti della sartoria chiamata della Mole, sul cui negozietto in un corso svettava come simbolo pubblicitario un ditale gigante sormontato da un ago-un parente dello scrittore Fenoglio, detto Nhenhè-il vecchio chiamato Monferrati-e gli amici omosessuali detto Grisinhè e Risaione-.Quindi quando l'orologio-pendolo con la lancetta dei secondi a forma di sottilissima lepre,quello delle ore riproducente una bottiglia di Asti Cinzano e quella dei minuti d'oro un gianduiotto-cominciò a battere i rintocchi della mezzanotte-il cameriere anguilla in livrea stappò la spumante ed iniziò l'anno nuovo.




La baia di New York

Villa il nano in convento raccontava a suor Crisalide,a suor Garofagna ed a suor Piergosina, la quale aveva per galante un vecchio panzone e ballerino di musica liscia detto Segapolenta-di suoi viaggi in America, di quando giunto nella citta di Nuovorcone aveva mangiato nella pizzeria di un italo americano chiamato Bandieronio Tricolori ed aveva continuato l'abbuffata nel ristorante di fianco di un bolognese, locale chiamato in inglese maccheronico Deathofthe(Mortadella) ed ai tempi della costruzione dei grattacieli-negli anni trenta-una scrittrice scic e snob lo aveva portato in una libreria-salotto profumatissomo, dove anche i closhard-quelli spontanei e miliardari potevano leggere libri e si poteva prendere il the alle cinque di pomeriggio e gli mostrò la sua ultima pubblicazione-intitolata Lo zuccherino del cavallo abbattuto-che narrava di un cavallo delle scuderie di Londra, che era stato freddato alla tempia con una pistola dal suo fantino, perchè aveva negato il traguardo, facendosi sorpassare dagli altri sauri e di un'ultima zolletta di zucchero a forma minuscola di volto di regina Elisabetta-rimasta posata su una mensola della stalla.Raccontava vieppiù che sulla baia di new York viveva su una barchetta-con cui gironzolava le acque-un closhard detto Isidorbarbador-perchè si tingeva il barbone del color di una pepita, e questi attraccando la barca sulla terra ferma nel quartiere del Bronx caricava lui ed il jazzista Duke Ellinghton, che portava seco una spinetta, un kazoo e una batteria a pedale e navigando nella notte le luci dei grattacieli con i loro riflessi illuminavano le acque del pacifico color camomilla luccicante e fosforescente intorno alla città.Il nano e il barbone parlavano di pugilato e basball ameriacano mentre l'altro suonava ed infine Duke Ellinghton esclamava che suonare il pianoforte era come scegliere con le dita i cioccolatini in una scatola di questi cremini al cioccolato, rettangolari ed assortiti ai vari gusti.





La mozzarella

Leopardi in soggiorno a Roma girava per il quartiere degli ortolani-vicino a Piazza Navona a forma di enorme fontanone, a forma a sua volta di nave gigante e piena d'acqua-e si andava a comprare i cartocci-con cui s'incarta la verdura-per scriverci su le sue poesie.Il letterato vieppiù con Villa il nano andava a trovare-sotto Ponte Mammolo in una baracca un barbone-dal volto somigliante ad una mammamammolona affettuosa e di un imbecillità dolce, na dalla barba ispida ed appuntita come le spine dei carciofi, il quale con gli scalpelli scolpiva sassi fluviale del Tevere a forma di tutti i volti dei papi fino ad allora succedutisi in Vaticano-.Poi Villa il nano si trasferì con il poeta a Napoli e con questi ci visse fino alla morte del recanatese e trent'anni dopo il nano trovò disperso in una biblioteca antica della città-dai soffitti affrescati-un libro peccaminoso del figlio illeggittimo poeta di Leopardi-intitolato L'endeavenosa,l'eroina e gli aghispaghetti della siringa-nel quale venivano narrate le avventure e le gesta dell'eroina Eroina-personaggio femminile fatto di un mantello polveroso di droga-e le pagine erano macchiate di traccie di questo stupefacente e di goccia di sperma dello scittore da pupattolo-e il volume gliela aveva trovato un bibliotecario napoletano e nano detto-Mozzarellabombolonapizzafabulafabubbolo-.Nel pomeriggio luminoso Villa il nano stette seduto ai tavoli della biblioteca a leggere il libello e da una finestra era visibile nel cielo un pianeta gigantesco fatto una mozzarellona immensa-sul quale- siccome infuocato-il fuoca ne filava il formaggio e su Napoli pendevano liane mollicci,spesse e resistenti e gennaro Leopardi-come tarzanapoli-si librava sulla città attaccandosi a queste-mentre le bufale in un recinto scalciavano con le zampe come campane suonate-.




Il forzato

Un mio personaggio-su cui aleggiano la maledizioni e tante ignominose imprese da forzato-un certo conte Montamadonna, detto anche il Gaioffano, partì su un bastimento-mentre gli sbirri per pochi secondi non riuscirono ad imbarcarsi per arrestarlo-e rimasero allocchiti a veder partire la nave senza loro su,.Si ricordano di lui questi fatti:andava a rubare la cera colata dalle candele nei banchi dei confessionali delle chiese-per plasmarla a forma di vulve, alla quale imprimeva con l'unghia laloro slabbratura, viatico dell'imene, entrava nei conventi e con il carbone disegnava stilizzato Cristo crocifisso e montava le suore nei cameroni lunghissimi dei monasteri-sulle fila dei letti, l'uno di fianco all'altro e questo specie di farabutto, che aveva ucciso anche un oste,si era fatto stampare santini con la propria immagine-facendosi passare per santo protettore dei galeotti-ed era andato in vaticano ad consegnarli ai cardinali.Portava una tuba dal cilindro fatto e sformato a forma di peperone gigante e una gran barbona e girava con un corno di rinoceronte-protuberanza ossea a sportata ad un detto animale e alla quale aveva con una cintura di cuio fatta un imbragatura-per tenerla sul braccio a modo di scudo offensivo e lo stesso giorno in cui nacque il poeta malefico Isidor Ducasse fu rinchiuso nel carcere di Montevideo e qui imparò a dipingere da un pittore detto L'estetista degli zamponi mostruosi dei frati maledetti-detenuto in cella con lui-.Scappò e visse nascosto da una vecchia detta Ossa di Seppia-allevatrice di migliaia di canarini che lui chiamava lampadine e curava e si era confessato poi da un famoso prete purgatore di peccati detto Tonacocondonnatonica sottoladoccia.Sulla nave, sulla quale erano saliti saltimbanchi ed un circo aveva ballato con una scimmia e Villa il nano musiche di Saliere per il gran Galà dell'imbcazione,un pupaio inoltre li aveva divertiti con una marionetta impersonante Caravaggio che ne percotevacon una racchetta da tennis un altra a forma di pittore Tommassoni-tutte due vestite di abiti gonfi e barocchi da pittori del seicento-poi o spinto o suicida giù dalla banchina fu risucchiato dal mare, come un mantello lucido e livido di animale mostruoso dell'Apocalisse.





L'ampollina da messa

Villa il nano entrò a notte fonda nell'inferno sotto Napoli a modo di gigantesco forno di pizzeria ed incontrò il poeta Leopardi, suo padre il conte Mona, diavoli che rispondevano ai nomi di Belpizzebù e Belzebufala e qualche suora camorrista.In un angola infuocato stava accovacciato il figlio poeta malefico del poeta recanatese-procreato da questi con una meretrice di Napoli una formosa, pallida e dal seno da super maggiorata mentre pulci a forma di minuscolissimi pulcinella bruciavano nelle fiamme.Il poetastro stava leggendo una tragedia greca intitolata Antigonade.Il figlio del poeta di Leopardi appena vide il nano-si ricordò quando con lui era stato un giorno d'Agosto a Siena per il Palio-seduto ai tavolini-che poi sparecchiano e tolgono per far spazio alla pista-mentre le nuvole gonfie e barocche del cielo erano scese a livello del suolo, cosparso di tufo e così gli sembrava di essere in Paradiso tra San Pietro e i Santi-come in mezzo alla panna montata o in una vasca piena di schiuma.O quando erano stati a New York in un ristorante giapponese ed erano stati serviti da gheise nane-alcune muscolose-altre aggraziate, dalla carnagione color oliata-le quali aveva prestato le proprie piccole ciabattine al nano Villa-siccome queste servitrici in tenera età vengono fasciate ai piedi da fascie strettissime che rattrapiscono i loro piedi-impedendole la crescita.Nel ristorante il figlio di Leopardi aveva raccontato al nano che andava alla caccia dell'oca granaiola,lombardella e selvatica nell'Agropontino ed in Maremma strisciando a scimitoni sul terreno per non farsi vedere dai volatili.E raccontava che a Roma aveva fatto vita da ricco, girava con al guinzaglio un cane arancione e lungo chiamato Pippo Baudo e fumava sigarette marca Greta Garbo sotto un ombelisco, dal basamento a forma di pancione gonfio di buddha con l'ombelico, in cui si ergeva a forma di cazzo, sul quale erano scolpite scene di sesso dell'era antica-come nella colonna traiana soldati di Traiano ed aveva scritto una posia bellissima intitolata l'ostia bombolone-una nevola lievitata ed enzimata gonfia come un krafphen-mangiata da lui alla prima comunione, alla quale era vestito di una veste di velluto color argento.
Il poetastro fu sepolto a Parma-dentro un pozzo di una cripta-e la funzione del funerale la recitò il prete chiamato don Sandalone Piedipatati-che calzava a piedi a forma di patati scuri come le loro buccie e con le dita a forma di gnocchi sandali da frate-e servirono messa i chirichetti nani-Villa, Ampollino Vinellinisantini e quello detto Cottacotto, dalla cotta color prosciutto cotto, versando il vino dalle ampolline a forma di minuscole trote di cristallo color verdino come questi pesci dei Lagoni.Don Sandaloni raccontò l'aneddoto di quando il figlio del poeta Leopardi-entrtato in una pasticceria ducale di Parma-la definì l'aldilà con i bignè a forma di testicoli, i cannoli a forma di peni e gli spumini a forma di sborrate ricamate-.





Il bombolone e la bomba dell'aereoplano

Nella chiesa delle Grazie-dall'intonaco color ripieno di zucca nel tortello-ed affrescata dal pittore Bartolomeo della Gatta, che l'aveva dipinta con pennelli dalle setole come ciuffi spessi di peli di micia-Villa il nano, perchè voleva andare a mangiare un bombolone da Krafenio-noto pasticciere del caffè letterario Bizzi sito, luminoso e sempre aperto nella notte in Piazza Garibaldi-era stironato alla cotta dal prete, un reverendo minuscolo e basso come lui-e detto Pustiostiello Tabernocolo, perchè con un bernoccolo a forma di rossa vissola nello spirito, anche marcia, fuoriuscente pus, che gli aveva fatto venire con una legnata la sua gigantesca perpetua detta Carnona, la quale si era resa muscoloide a scuola dalle suore con continui esercizi alle pertiche e che si muoveva nella canonica con salti tripli-degni di un'atleta bulla della ginnastica artistica-come se si avvittasse dentro ad un bullone con il corpo-.Quando morta questa Villa il nano diventò il moroso del parroco:gli serviva messa, bruciava l'ulivo nella chiesa per scacciare i temporali e gli cucinava il merluzzo, che il don chiamava Marialuce o Lucius Maris-sola pietanza di cui andava matto-.Di notte il reverendo voleva che il nano gli penetrasse il deretano con una mano e nell'estasi sessuale del godimento-il sacerdote si muoveva come il burattino Bargnocla con dentro il braccio-.Il nano infine lo convinse ad uscire nella notte in cui videro nei borghi di Parma-caratteristici e tipici perchè stretti come una buseca-tanti ubriachi da trattori e trattorie-così nel mentre mangiavano"sticcini":l'uno un Krafphen e l'altro una briosch a forma di piede di Cristo-sanguinante come sangue di marmellata rossa dal foro del chiodo:il buco da cui era stata guarnita dal sacopois-siccome si era all'epoca del secondo conflitto Mondiale un aereo lanciò una bomba che distrusse parte della chiesa ed i due furono salvi grazie alla voglia di Villa il nano.




La stecca del biliardo

Ai tempi del secondo conflitto mondiale Villa il nano frequentava un locale notturno con sale da biliardo. ai quali giocava con funzionari stivaluti della Repubblica di Weimar e S.S-e qualche volta veniva anche Adolph Hitler a bere qualche boccala spumoso di birra della Bavaria ed un nanone, amico del Furher aveva per morosa un'etiope sottilissima, magrissima, alta quattro metri e dieci e dai piedi misura centodieci di scarpe e calzava sandali che avevano come tacchi a spillo stecche di legno del suddetto gioco-che un calzolaio le aveva montato alle suole, foggiandovi così le calzature-.Soldati italiani avevano portato dalla compagna etipoica mussoliniana laragazza altissima in Italia vendendola per tanti soldi ad un circo come atrattiva-poi questa bazzicando i nazisti ed i fascisti l'aveva sposato un crucco nano e Villa il nano frequentandola-standoci davanti la guardava con un binocolo e giocando a biliardo infine raccontava che don Azzolini, prete che aveva un naso a forma di poronga gigante con il nasone fiutava i peni dei suoi chirichetti ed infine infilzava i loro testicoli nei buchi delle sue narici-come se il naso fosse una sponda di un biliardo a doppia buca.




Topo Gigio

Villa e il chirichetto Quaresimio i nani-una sera di dicembre andarono davanti al palazzo dell' Antognano, a spiare da una finestra di un camerino dentro ad uno studio televisivo lo spettacolo dello Zecchino d'oro e lo schetch di Topo Gigio-, che videro partire su un camioncino della Rai poi nella notte con il burattinaio e la doppiattrice che gli donava la volce dolce e da goloso di formaggio.Il topone con le orecchie a sventola, fatto di gomma color dei formaggini morbidissimi e minuscoli rettangolari della Locatelli-incarnazione dei preti dell' Antognano, inventori e sponsor del musical-terminato il varietà era esanime e come privo di vita.Villa il nano poi tornato a Parma-sognò dormendo su un materassone spesso come un muraglione di un bastione-marca Spermafessex-cucitogli da una zia con un agone grosso come una lisca di una balena ed un ditale gigante come il cappello del burattino di Collodi e l'aveva riempito di piume di oche morte e da formula uno, perchè corridore di un palio campagnolo-si sognava con il sorcione moroso e plastificato all'interno di un corsorzio di forme di formaggio e Topo Gigio esclamava simpaticamente e comicamente che queste erano fatte di latte indurito. 




Le meretrici

Il giorno di Natale Villa il nano aveva assistito ad un sorprendente fenomeno meteorologo:aveva visto nevicare miriadi lucciole ibernate e congelate-luminose ad intermittenza-che cadendo si posavano a mucchi per le strade come minuscole lampadine di circuiti o illuminavano come fili di luce l'acqua del laghetto del parco Ducale-trapassandola-mentre nei boschetti dei giardini due meretrici-una sosia della duchessa detta la Mariagigeina e l'altra detta cocottechina-aspettavao i clienti.




La tortora

Villa il nano fu invitato ad una festa a base di crostate e bibite variopinte nella chiesa di San Pietro-palazzo a forma di chiavone gigante, in muratura e sito in Piazza Garibaldi a Parma dai don Conclavio Vivianale, Papero Paparanari e don Giubilo Tristezzio e fu accolto dai loro chirichetti-dalle cotte color tortora o colomba-chiamati o detti Porcocorito Portobelli e Golosio dell'ora della tortora detto altresì anche Prega torta-.Il prete chiamato Semespermaticodisuorlosemonzo dei Seminairisti su un calessino pieno zeppo di libri dell'Apocalisse-stava giungendo da loro-.




L'arancia

Altrimenti un ultimo dell'anno dei primi decenni del novecento Villa il nano si trovava a Bologna a festeggiare San Silvestro con don Peracotta e don Schioppettoni che faceva stappare il tappo con il tirabusson facendo un grosso schioppo come di fucile, poi nel cortile della canonica Biavati-calciatore del Bologna li deliziava palleggiando l'arancia-il mapollone-.Villa il nano raccontava così di aver visto in Brasile nelle Favele bambini poverissimi calciare il pallone fatto di stracci raggomitolati o il nocciolo di un frutto di avocado con la stessa funanbolica bravura.




La carota

Nella notte d'estate Villa il nano e un altro nano detto Neonelettricitio-perchè con un grosso neo della pelle a forma di lampadina, balzanamente dalla sua epidermide luminosa nel buio come un neon-dopo essere andato in una pizzeria a mangiare la pizza al salame piccante calabrese, arrivò davanti ad un night, dove da una corriera- a forma di cavallo di metallo-somigliante ad un flipper pieno di luci psicadeliche e detto il Flipper di tria-uscivano troie graziose e carine-come i soldati greci dal lippo di legno di Troia-ed entravano nel locale notturno in loro concomitanza e Neoelettricitio portava seco in tasca un pene imbalsamato ed asportato ad un santo detto coniglio Scansafiga, il quale era simile alla forma di una carota,arancione come questa-colore che aveva assunto con il tempo-e con un ciuffetto di peli all'estremità come è tipico dell'ortaggio e voleva stimolare il montone di un entrenouse che su un divanetto già chiaccherava con davanti una secchia di bottiglie di champagne in compagnia di un barbone miliardario, il quale in una gabbietta di un tappo di Moet Chandon conservava dentro-attaccata al bosco della barba-un canarino rosa come in cattività nella minuscola voliera.Nella notte un birro fuori dal dancing faceva la multa ai clienti che avevano posteggiato in contravvenzione l'automobile-scrivendo il referto con una birra e sugli alberi del giardino del luogo di prostituzione una suora nacchera-travestita da civetta e chiamata Buffagguffa-faceva il verso all'uccello notturno.





I pesci

Villa il nano con il poeta Leopardi al mercato del pesce di Macerata rideva degli occhi bamboleschi dei pesci nelle casse piene di ghiaccio, che potevano benissimo essere montati nei cavi oculari dei bambolotti e così il poeta iniziava il discorso dicendo che i pescirimi giorni del mondo volavano e ciò era simboleggiato dal cetaceo che si chiama Passera ma poi un antenato Dio di Giove aveva fatto cadere tanta acqua sui valloni terrestri inventando il mare-come acqua gonfia d'aria, che è sempre in movimento onda dopo onda e l'espressione più esatta era quella latina-appunto Maria e i pesci erano stati imprigionati nel liquido trasparente e se prima svolazzavano nell'aere qui nuotavano e la sogliola-continuava a raccontare-si chiamava così perchè sottile entrava nelle soglie degli anfratti e i gamberi erano fini studiosi di storia perchè incedevano all'indietro.Leopardi poi aveva descritto il cielo infinito capovolto nel mare in cui è bello naufragare guardando l'orizzonte oltre il monte Tabor.Diceva anche che la bambola più grande del mare era la balena(bambalena)nella preistoria così chiamata perchè tuffandosi nell'azzurro, faceva venire il baleno ed era stata sposata poi dal mare-testimone dello sposalizio lo zio silenzio-e il marito gli aveva detto sea in inglese per dire si durante la messa delle nozze e mentre il mare era un libibro di libertà che apriva in continuazione le sue pagine rifrangendo le sue onde,quel pesce nel romanzo imprigionava i pesciolini dentro la galera della sua pancia gigante-mangiandoli-.Così arrivò a dire che Jeronimo Bosh aveva dipinto pesci volanti.Infine comprarono un palombo gonfietto come una dolly e il recanatese tornato a casa con l'amico lo cucino-bagnandolo con vino verdicchio, versandolo dalla bottiglia sulla padella, in cui sfrigolò come l'acqua di un onda sul bagnoasciuga, lo pizzicò come una cocotte di sale e con il nano se lo mangiò. 




Il porcino

Con un prelato cardinale chiamato Baciapiedi Villa il nano si recò in lunigiana, terra di lunari e streghe-dal cielo condito di granelli giganteschi di sale luminoso, spazzati dal mare in burrasca della Liguria su nel cielo fumoso e buio ed una semiluna precipitando si era adagiata su un monte dove i due incontrarono una donna sbodenfia, con il bacino a forma di damigiana e con un abito sempre a forma di questa bottigliona terminante con il collo della bottiglia di seta e la quale aveva un pancione a forma di selene piena.Dal suolo lunare sconfinarono nel bosco vicino e trovarono un fungo porcino ipertroficamente gigante ed a forma di maiale con la cappella a forma di suo grugno e il fungosino cominciò a chiaccherare con loro e li pregò di non coglierlo e di non staccarlo dall'humus del bosco-guarnito come di una colata di crema:la parte posseduta dalla luna e percorrendolo tutto vi scoprirono un porcile-perchè pieno di questi funghi dalla forma scrofolesca-.


La lepre

Che bei ricordi ottocenteschi aveva Villa il nano del Monferrato.Rammento quando aveva passato una settimana soggiornando nella casa del contadino Leprello Pappardelli e una sera d'estate un venditore di trifola sulla sua carrozza nera-intagliata come un tartufo gigante sbozzato,butterato e noccoso aveva venduto passando davanti al casolare a questo qualche tubero-mentre i figli del mezzadro in un'aia gigantesca, disegnatovi una pista, gareggiavano di corse, calzando scarpe fatte di stoppa o paglia, rapprese con fili di corda e la lepre anzichè farla un atleta, come nelle gare di atletica del campione Zatopek negli stadi gremiti di spettatori-era un animaletto con le orecchie a sventola e il pelo beige, che tirava la gara precedendoli e Villa il nano come cronometro usava una balzana clessidra:un silos verticale pieno di mangime per maiali-a cui toglieva il tappo quando lo starter con una pistola scacciacani dava la partenza e lo stoppava quando la corsa era finita-così a seconda del mucchio di ghiande che vi si era accumulato, stabilivano chi aveva corso in minor tempo-.Poi mentre una sorella di Leprello covava con il sederone caldo le uova al posto delle chioccie, il nano con i figli bambini detti Albume, Mammadio e Vacco nuotava nell'acqua delle risaie, faceva il bagno nel letame ed infini siccome-maleodoranti-facevano a gara a chi prendeva più mosche attratte e volanti intorno al loro tanfo, acchiappandole dentro ai pugni.La notte Villa il nano e gli altri si alzavano ed andavano nella trattoria del paese vicino a bere liquori ed a comprare sigarette-sito lì era una rivendita di tabacchi del monopoliodi stato- e rincasati le fumavano sotto il portico fino all'alba e le vecchie pregavano tutta la notte sveglie Sant'Antonio Abate di proteggere le loro mucche, la domenica la famiglia tutta e il nano-vestitisi di abiti bianchi e pacchiani da festa andarono alla messa e poi al mercato del bestiame.Siccome la settimana era volta al termine Villa il nano la sera di quel giorno partì su una carrozza di un venditore di spaventapasseri ed arrivò a Torino in stazione dove prese il treno e così rincasò a Parma.

 

Il braccio di ferro

A Roma in via Papaleccapiedicardinalizii-dove di solito volava una colomba nera-nella trattoria chiamata Papiccicoria si stava svolgendo una gara di braccio di ferro tra due barcaioli detti Impapicinario e Slupinacio, che durò un giorno e una notte e il nano Villa assistette alla sfida lunghissima, che non finiva più mangiando e bevendo e qualche volta uscendo a fumare qualche sigaretta nana.Appena vinse Slupinacio-contraendo il braccio, dal quale si sviluppò il grosso bicipite, mentre il cane spinone dell'altro, dalle orecchie con due orecchini a buco pendenti,facendo un grosso balzo glielò sbranò-come si morsica una mela-riducendo l'arto a brandelli e pezzi di carne-alcuni di questi caduti sul pavimento del locale.

 

I tre pittori naif

Nella scuola elementare-sita in un vico di campagna-e dove il maestro Torquatoro insegnava a scrivere e a far da abaco a Villa ed altri bambini-era scoppiato un morbo, per il quale molti di questi alunni pupattoli avevano il corpo ricoperto di pustole-gonfie e scure come tanti profitterol-e l'edificio era stato chiuso per maledizione-.


Lo spumante Moscato

Il capodanno del 1950 Villa il nano era in viaggio nelle Langhe con tre pittori naif giganti e tarchiati, che poco avevano di artisti semmai di macellai, chiamati Ruminanzio Vacondio, Muccaglio Muggituoni e Turineserio Piomonte, i quali per festeggiare il San Silvestro con il nano stapparono una bottiglia di Moscato, rombante di bollicine, al cui tappo era aggrappata una macachina-scimmiolina minuscolissima, un loro animaletto addomesticato servo per spremere i tubetti di tempere, che partì con il sughero per un viaggio spaziale velocissimo, interrotto sul cranio del soffitto della stanza del salotto tra le loro pietose risate.
Villa il nano nelle antiche vigne di moscato, abbondanti di spaventapasseri sui quali facevano il nido gli uccelli, dove si produceva lo spumante pacchiano, le cui bottiglie si vincevano al lunapark quando si faceva centro al tirasegno, camminava con altri pittori naif. Uno era di Torino detto Molecole e uno di Canelli, vestito di un abito bianco della domenica, detto Cugingingillone, il quale da bambino fuggito oltre le colline piemontesi in Liguria si era imbarcato per i mari del sud ed era tornato ricco con in tasca un dente buco e cariato di balena, tirata su dal mare per la caccia al capodoglio,  molare da soffiarci dentro a modo di trombetta, dopodiché aveva aperto una trattoria nelle langhe dal pavimento della cantina in terra battuta.
Una notte a Torino si verificò un buferoso acquazzone estivo e un fulmine squarciò lo spuncione aguzzo della mole Antonelliana e fu trafitto il primo pittore che passeggiava nei paraggi e siccome era ateo fu cremato in un falò a settembre.
Durante la vendemmia del Nebbiolo i mosti sprigionavano della nebbia rossiccia e l'aria era strapiena di minuscolissimi aerei da guerra di moscerini. Molecolo diventò cenere di un letto di fuoco mentre il suo braccio in oriente dipingeva gattoni indiani: le tigri alla Laccabue per una casa editrice sulle copertine dei libri di Salgari. Infine ci fu posto anche per la leggenda: infatti due pupattoli, ceri Nocciolo e Gianutella raccontavano che la sarta altissima detta Bacaturineseta aveva accoltellato il pittore con un ago lungo quanto le: la sommità aguzza della mole di Torino.


 




Il pendolo
.

Villa il nano un giorno andò a trovare l'amico mongoloide-somigliante ad un mongolo e chiamato Gengischino Kane e gli raccontò quando incontrò a New York in un caffè minimalista-chiamato Caffè Milano e dalla macchina per fare l'espresso a forma di duomo di Milano-un discendente del poeta Leopardi-figlio del figlio illeggittimo, il quale aveva nei tacchi dei mocassini la cocaina e nel taschino del soprabito un mazzo di cannuccie per tirare su la polvere stupefaciente-la cui roba vendeva nel locale-.Villa il nano rivide nel 1950 Ghepardio Leopardi-cosi si chiamava-, che dopo essersi andato a comprare un pendolo a forma di grosso e lungo pene nel quartiere degli orologiai di Parigi, dove l'aria era piena di tic e tac degli ingranaggi interni ai negozietti,andò all'appuntamento ad incontrare il nano, il quale con era arrivato con lo spirlungone chiamato Porcilindro Rattubini su un taxi bianco ed a forma di bomboniera gigante-guidato dal taxista chiamato Zambomboniero Confettin.Nel ristorante cinese dove mangiarono il leopardi raccontava denro il racconto che il nonno-il letterato Recanatese-nell'estate del 1833 entrava di notte nella galera del quartiere del Vomero a Napoli e con quattro carcerati detti o chiamati Bufano, Caprovola, Mozza e la Ines-uno che era diventato un trans ed assomigliava ad una matrona napoletana pallida e formosa-giocava a football nel cortile centrale del penitenziario-l'unico spazio o parte dell'edificio privo di soffitto-in cui entrandoci esplodevano nella notte di luce le stelle come more scintillanti di riflessi della luna-a mucchi tra i rovi bui del cielo notturno-.






I canarini imbalsamati
.

Una notte in un palazzo umidaccio.sgretolato e sbiadito della vecchia Roma-precisamente in Via Sistopappasessosesto-Villa il nano dormiva con due vecchie sarte dallo chignon raccolto ai capelli grigi ed argentei-come se fosse un ballone di fieno minuscolissimo-e chiamate Mammatassa ed Uncinettina e dal grosso letto matromoniale guardavano in cielo la luna come un ditale gigante-dai crateri come i puntini sferici picchiettanti il suo aluminio ed i lampi dell'elettricità di un acquazzone notturno sembravano gli aghi che entravano negli scaffali pieni di fili del salone dell'abitazione-introducendoli nelle crune elettriche e luminose.Poi finito di sgocciolare le grondaie-perchè finito di piovere-in Via Sistopappasessosesto-ancora notte fonda-passò un mendicante che sighiozzava le ultime goccie di vino di una fiaschetta impagliata-e le due sarte dissero al nano che era il mendichino chiamato Serafino-.La mattina seguente Villa il nano seguiva con meraviglia le due con fili colr camomilla cucire -suturando come chirurghe-le ferite della cute piumosa di canarini-lì aperti per imbalsamarli impagliandoli al loro interno-.Vicino alla casa c'era un crocicchio davanti alla strada, da cui si dipariva Via della Verginetroia-con una maesta piena di teschi-tra i quali quello del Tommassoni dalla crepa all'osso, per il colpo con una racchetta da tennis-infieritogli dal pittore Caravaggio, che così l'aveva ucciso.Le due sarte intanto infilzavano l'ago munito di un filo giallino tra le piume degli ucellini e quindi chiudevano la paglia precedentemente introdottavi dentro nella plumbea luce nera della cupola dela salone immenso-su cui volavano alcuni pipistrelli-.







La farina
.

Per la festa della farina-polvere d'oro per Parma e per le resdore della città-si svolgeva la processione con lanci di uova e farina e spettacoli con burattini a forma di anolini e tortelli muniti di testa e di arti.In un'edizione della ricorrenza tedeschi dagli elmetti a forma di cappelletti fecero irruzione nella trattoria chiamata Il Cavallo matto-dove si mangiava solo pesto-e spararono a due parmigiani parmensi.In altro anno deli festeggiamenti conobbe il minuscolissimo bambino analfabeta-dalle lunghissime orecchie da asino-perciò soprannominato Asnòn-anche per i voti cattivissimi della pagella-.Il bambino bruciava gli abecedari e gli abachi nel suo giardino ma fumava una pipa da letterato-appartenuta al poeta Baudleire-comprata dal nonnino ad un mercato pulcione.Con Asnòn Villa il nano frequentava le giostre dei balocchi del paese di Fontanellato e qui correvano corse d'ippica sui cavalli plastificati e se arrivavano primi vincevano vini dolci e pacchiani da dessert.Un giorno Asnòn lesse il manifesto del surrealismo, scritto da Breton-che definiva lo stile come un errore della mente-attivato dalla nascite del ritmo frenetico, nato con l'invenzione della macchina e del treno-e si mise a scivere poesie senza nessi e surealiste, come il poeta francese Desnos e così il suo libro fu venduto a miliardi di copie in Francia ed in Italia, poi a Parigi conobbe il pittore Dalì-autore del quadro intitolato Gli orologi molli.Infine diventò un poeta famoso ed i maestri che prima lo avevano in lite lo esaltavano e fumava una pipa non più da letterato ma quella di un villano-cura giardini chiamato Panemone Matriarcazzone.Le sue poesie più belle erano su un frate capuccino perduto sulla luna a forma di madleine e quella dove raccontava i manufatti sigarette-prodotti in catena di montaggio in una ditta di multifilter con macchinari che arrotolavano le cartine-introducendovi il tabacco per poi icollarle su se stesse.e tutto ciò lo paragonava alla foggiatura industriale di tubini.In quell'anno per la ricorrenza della santificazione del monsignore Guido Conforti chirichetti nani dalle cotte color piume di tortora e colomba-tiravano la corda di una campana, per scampanellarla ma i colpi andarono a vuoto e il chirichetto chiamato Castrato Eunucolo scoprì che un assassino aveva legato al battacchio una suora:la badessa Lucetta.




I romanzi Rosa
.
Villa il nano cominciò a telefonare ad un'infanta-scrittrtice di letteratura Armony e chiamata Agnarosa, la quale si firmava Libellulì e condiva i suoi libri di principi azzurri e di fate-e nel 1860-anno dell'unificazione del regno d'Italia-Villa il nano se ne innamorò tanto che la invitava tutte le sere nelle diverse trattorie parmigiane e pagava il musico detto Strimpello per suonargli canzoni al pianoforte davanti alla sua abitazione, sul balcone della quale lanciava anche tanti cioccolatini.La bambina-autrice di storie di amori artificiali-arrivava, vestita di pizzi rosa color delle copertine dei suoi libri, dei quali faceva omaggio a lui ed al suo amico nano detto il Donarosa, che presiedeva alle cene-tirando su il moccolo-.La bambina siccome al nano piaceva il Palio di Siena aveva scritto una pagina di un suo libro su un palio leggendario ed inventato dove correva una mitica fantina chiamata Camilla Pan Nerboruto e detta Piciona ed vi aveva descritto il nano nella suspance a modo di entusiasmante diossina, di cui era colma Piazza del Campo dove il nano assiepava con la folla il centro e il cielo era pieno di rondinoni in volo dalle ali a forma di baffoni di Garibaldi, perchè era l'anno dei plebisciti, che decidevano l'anessione al regno d'Italia.Dirò che la fantina cadde alla curva San Martino-rompendosi il femore-prestamente messa su una barella, caricata su una carrozza autombulanza e portata all'ospedale dove rimase immobilizzata su una carozzina.E tutto ciò era raccontato in stile sadomaso femminile.Nella pagina veniva raccontato di un ricchissimo italo-americano chiamato Cildrenoni e detto Ciucio che aveva comprato un podere in Toscana ed andando alla caccia al falcone nei suoi latifondi era stato scorticato dal falco, che teneva su una spalla, il quale gli aveva divorato la carne intorno al collo come disossandone l'osso.Il nano venne a scoprire per vie traverse che i libri della Libellulì li scrivevano invece un certo Armonyo-uomo pelato e un certo detto Cronacarosa e lei vi aggiungeva descrizioni di gatti aristocratici di cui erano le padroncine i suoi personaggi femminili, tra i quali la più riuscita era la contessa Edera, che conquistava e soffocava con il suo amore gli amanti come il detto rampicante mortuario le tombe dei cimiteri-in cui moltissimi di questi avevano finito i loro giorni.Il nano andava con la finta scrittrice a raccogliere fiori in primavera nei boschi di Carrega e l'accarezzava vicino ad un casino da caccia.Sul prato degli ex possedimenti di Marialuigia facevano pic nic,poi si assopivano e si appisolavano e la scrittrice si era macchiata di goccioline di lambrusco la giacchetta di cotone color luce del Paradiso con cuciti pezzi di stoffa a forma di animelle,poi sorse l'aurora dalle dita rosate con il sole a forma di alluce gigantesco con il resto dei mignoli,indici, anulari e medi dei piedi fatti di luce rosellina, mentre il vento primaverile a forma di volto di Eolo-re dei venti-aveva baciato il petto dell'infanta e questa era stata ricoverata con la pollomonite in un ospedale.Il dottore-fuori nevicava bianca neve-aveva somministrato alla malata sciroppo rosso di ciliegia e nella stanza del sanatorio c'erano altri malati con lei:una bambina con i capelli ed i peli del pube d'oro-arrivata lì su un calesse sospinto da un pony nano e guidato da un medico condotto ed un prostituto detto Scopacacao-infreddolito per la notte passata a battere davanti alla pensilina-giunto nella casa di cura nelle ultime ore.All'alba Agnarosa spirò e la sua anima a forma di gabbiano-uscita dalla sua testolina volò in paradiso-allontanandosi in volo dal palazzo dell'ospedale e il nano davanti al capezzale della morticina piangeva molto.Infine in una notte buissima entrò in un convento di clausaura e nel salone dell'udienze parlò con tre suore dietro le sbarre:una frata suora barbona dalla grossa barba sulle guancie ed una badessa culturista e possentissima-nuda con il filo del tanga fatto di un rosario-e queste gli dissero che la sua fidanzata era ariivata nel regno dei cieli e lo amava per sempre.Il nano fu fatto entrare da un'altra badessa detta Castessa nell'orfanotrofio adiacente-precisamente nella mensa-dove mangiò trofie al basilico,le cui foglie gonfie come vele gemmavano nelle piantine piantate in vasi a forma di vascelli, poi nel cortile giocò a pallone con gli orfanelli e una scimmietta detta Zooffetta-la quale accompagnava uno di quei pupattoli a chiedere le elemosine-faceva la portiera. 





La Pietra Pomice
.
Ad una specie di reverendo a forma di vecchio panzone, strgrasso e sbodenfio neonato gigante-rimbeccillito e citrullone fu introdotto del veleno nel biberon, che teneva sempre pieno di lambrusco e fu trovato nella sua grossissima culla morto riverso con un sorriso-smorfia da bambolone.E Villa il nano con questa sorta di vecchio,grasso bambino chiamato Materassonio Masturbatici-in compagnia anche di un lontano parente dei Pomicino-famiglia napoletana doc-andava sul vesuvio ad estrarre pietra pomice-che si crea dai lapilli inseccoliti ed è perciò di origine eruttiva e vulcanica, che doveva servire a loro per venderla ai cardinali pedicure per curare i calli del papa in un grande Pediludiouniversale.E l'antico casato partenopeo-il cui discendente era il politico democristiano Cirino Pomicino-derivava il cognome dalla pietra utilizzata in cosmesi, con la quale a Napoli tornivano i calli anche al calciatore Maradona.




Il budino
.
Villa il nano aveva conosciuto il prete chiamato don Lattio Mammelle-il quale gli aveva mostrato un plastico riproducente tutte le chiese di Parma-conglomerate in miniatura, come in un quartiere, dentro le quali scorribandavano arvicole minuscole e microscopiche come chicchi di riso o granellini di pepe e con il reverendo andava a degustare in un'antica pasticceria di Parma budini alla vaniglia-giallo Parma-a forma di minuscoli casini petitot. 





La pozzanghera-specchio
.
Ricorderò le settimane grasse e sbodenfie dei Carnevali-passati da Villa il nano a Venezia e Busseto-dove un vecchio contadino Mezzadro detto perciò Mezzandrone accalappiava pupattoli nella bolgia seguente le sfilate in maschera a Busseto-rubandoli ai nonni o ai genitori in quei pomeriggi di Febbraio e li sequestrava nel suo casolare, per fargli lavorare i campi e se si opponevano li torturava agli occhi con uno stuzzicadente che da contadino zotico e villano aveva sembre ad un lato della bocca.All'edizione del Carnevale del 1833 fu catturato anche Villa il nano e rinchiuso nel podere con per vitto pane duro ed acqua ma una notte ad un matto, che era fuggito da un manicomio vicino-ancora in camicia di forza- gli tolsero questa e la vestirono al busto di Mezzandrone, poi legandogli i piedi con una corda ai pomi del letto e il nano e i picinelli chiamati Piciculo Togliatti e Pisarellino e fagiolino Piacentini-due fratelli-sfollarono nei campi e si addormentarono su un covone di fieno, sul quale il nano si sognò un lumacadromo antico romano dove correvano corse delle chiocciole, le quali dovevano ancora arrivare al traguardo da quell'epoca degli imperatori latini.Sguiti dal Mezzandrone-che si era riuscito a slegare-il nano e i tre picinaia giunsero dentro la basilica di Fontanellato, dove il nano con la pasta-crema delle candele smoccolantila-come con il pongo-plasmava animaletti minuscoli.
Villa il nano passeggiò avanti ed indietro nel cortile quadrato ed interno della chiesa con il prete chiamato don Ciabattona ed il suo chirichetto chiamato Miglietto Canarini biondo color piume di canarino, infine nella notte piovve molto:goccioloni come in gran numero distillati da un boccietto di un farmaco calmante e la mattina grigia e bigia color topo con il sole represso perciò nella sua luce si rifrangeva su una pozzanghera come una perla dai riflessi rimasti e madreperlacei e nella pozza-specchio si stampava su la basilica dal suo interno con le candele accese e la tenera madonnina-visibile dal portone aperto e i piccioni beccavano con i becchi l'immagine di questo sogno, che ingurgitato dai loro gozzi a loro volta sognavano nel loro cervellino.Il nano si divertiva nello specchio d'acqua a far navigare una minuscola arca di Noè, mentre sotto un vero e proprio diluvio si svolgeva il funerale di un barzellataio da bar detto Barzelletto Barzolletta ed i chirichetti-vestiti in lutto con cotte color scoreggie seguivano la bara tra gente che sgargnaplante e ridoli.
Due grassoni e sbodenfi panzoni etilisti chiamati Panzerano Fegatti e Pavarano Moscerini stavano arrivando con cirri al fegato:la cirrosi epatica-per pregare la madonnina che glielo sanasse ma appena uscirono dalla basilica andarono nel bar di fronte a bere uno, due, tre e quattro bianchini-.Infine quella notte con i due etilistoni il nano giunse nel cimitero di Milanello in località Pinetina-dove erano sepolte tutte le vecchie glorie del Milan calcio ed entrati in un tombone, -scese le scale interne-furono davanti ad un campo di football dalle fiamme erbose, dove si stavano allenando tre diavoli del Milan con le corna e la coda nelle sembianze dei calciatori Rivera, Altafini e Maldini, mentre il loro allenatore Rocco litigava con l'altro ct Herrera, con un serpente arrotolato al collo a modo di sciarpa-biscione simbolo dell'Inter e del ducato di Milano.Ai due bevitori il nano Villa raccontava quando negli anni cinquanta aveva partecipato da concorrente al Rischiatutto di Michele Buongiorno-rispondendo al quiz sulla merda degli antichi imperatori romani-e nella sua cabina schiacciava il pulsantone dopo aver riconosciuto lo stronzo di Eliogabalo d a quello di Marcoaurelio e Mike esclamava esatto.









Il Natale
.

Il 24 dicembre-finita la scuola e salutato il maestro mastodontico-Villa il nano iniziò a girar la città, su cui nevicava e si ricoperse di neve come una torta gelato e le cupole sembravano bignè con la glassa bianca su-e il nano fece spesuccie natalizie-sigarette e pipe da fumare davanti al camino dai favolosi fuochi,bottiglie di vino e liquori-mostrade e zamponi, marca Scrofinizotici-le cui zampe di maiale erano confezionate in scatole di cartone colorate nella paglia artificiale e plastificata come peli di una vulva di un'entrenouse albina-regali che donava alla zia Cipriavioletta e allo zio Gosinoni e per la mamma nana e mammolosa invece comprò un cammeo giallo vaniglia, infine rincasò nell'abitazione centrale di via Cavour-su un taxi slitta, sospinto da renne-per la cena della Vigilia di Natale.Quando entrò in casa la tavola era apparecchiata con le candele accese e la mamma nana e mammolosa,il prete chiamato Loffonio Loffa e i coniugi zii Gosinoni lo aspettavano per mangiare ricette Marialuigiesche-tra le quali palline di gelato al salmone e all'erba cipollina e anolini al ripieno di manzo-misto alla violetta-ma il nano era febbricitante e la mamma messogli il termometro nel boco del sederino-il suo marecurio segnò 40 di febbre-così fu messo a letto dove fu scaldato dai brividi della febbre da un suo criceto-gigante e detto il Colossodi Rodi-che dormì con lui come un peluche vivente.

Mentre sbattevano le campane come tonsille-per suonare la nascita di Cristo ma di lì a poco ore ci fu il terremoto-sisma con cui Dio voleva punire i preti scismatici di Parma ma il trambusto c'era stato perchè si era rivoltato in tomba Giuseppe Verdi, ridotto dentro al sepolcro al solo osso della colonna vertebrale come una stecca di biliardo.Siccome poi per il tredici dicembre(Santa Lucia) era iniziata la sacrificazione dei maiali, che doveva finire per Sant'Antonio Abate-il diciassette gennaio-sotto la casa passavano norcini, tra i quali quello detto Salumettone, che andavano nei cortili con i coltelli a sventrare le scrofe.A mezzanotte quella vigilia di Natale-come tutti gli anni-Villa il nano a letto per la febbre, non andò sotto la cupola del Correggio, piena di gialli color miele, color vaniglia, color formaggio e color melone - sul calessino sospinto da un pony con lo zio Gosinoni, La bambina chiamata Marzo Lara e una vecchia mastodontica zia, che si univa poi ai festaioli all'ora di sorbire la Strega, e che era detta maculatona-perchè vestiva una pelliccia maculata di leopardo e con le labbra-somigliante ad un bacio di Alassio(cioccolatino)truccate di un rossetto color cacao.Tutte le vigilie di Natale Lo zio Gosinoni raccontava ai presenti che il nipote era nato per il giorno dei Morti-il 3 novembre-perchè era della dinastia dei Villetta.E ogni anni il nano fumava davanti al camino la pipa che gli avevano regalato-felice perchè tirava come il pennacchio di fumo di una locomotiva a carbone e poi il nano si appartava aleggere una fiaba natalizia-che gli piaceva tantissimo-su un cappone eunuco e trans.







L'inverno siberiano
.
D'inverno venne freddissimo e gelo e la temperatura andò a meno cinquanta sotto zero e Villa il nano nel convento dell' Annunciata con un abate detto Grappio-dagli alluci dei piedi giganti, lunghi ed a forma di due pere abate-in mancanza di legna bruciarono nel caminetto per scaldarsi tantissimi burattini-in disuso nel teatrino della chiesa, compresi moltissimi manganelli di Sandrone con cui questo burattino colpiva a tradimento l'altro burattino Fagiolino.
Sul laghetto del parco Ducale-per le temperature plurigide-furono ritrovati all'alba cigni ibernati e stecchiti mentre un ex chirichetto-diventato un closhard e detto Gelalleluia aveva girato in slip nella notte nel greto della Parma con la barba bianca di brina e lui ed altri barboni, tra i quali il Gelomone e il Barbrina-sempre all'alba sull'automobile decappotabile di mattacchioni ricchi e mantenuti in canottiera avevano viaggiato a tutta velocità sul selciato blisgante di gelo lanciando monete dentro cubetti di ghiaccio.
Villa il nano invece viaggiava nei borghi su un calessino nano-sospinto da un cappone volante e vestito di un cappottino, guarniti di gocciole di diamanti a forma di anolini e su alla vettura aveva un pentolone a forma di cappello da prete-pieno di brodo-che per la temperatura rigida lo aveva fatto diventare gelatina-marmo giallo pappamolle-come voleva il nano, il quale se ne sarebbe servito il Natale per condire la linguona salnitrata-sorta di polvere artificiera da sparo, che la condiva e le dava sapore.




L'olmo
.
Ai tempi dell'asilo con altri bambini-tra i quali il figlio di un mocassinaio detto Calsuolone-Villa il nano veniva rinchiuso in uno sgabuzzino, pieno di gatti malefici-sorta di tigri nani-il cui buio era pieno di doppi occhi talismanici e luminosi dei felini-.Un chirichetto milanista detto il Pinetina supponeva che Dio volesse inculare il Milan e da astronauta-astrofisico girava attorno al pene immensamente lungo e grosso del creatore nel deretano del pullman del Milan-mentre Calsuolone e Villa il nano dopo la gattabuia nello sgabusso scuro-andavano a riveder le stelle e i falò di Carnevale e ricoperti di gelo s'immergevano nel pentolone pieno di brodo, tra la gallina, il cappone e la testa di manzo-come subacquei bollenti-bevendolo, che la suora stava sgrassandolo e che rideva come una matta per la loro apnea.Villa il nano -riemerso-raccontava di quando la notte prima del Palio di Siena-in Piazza del Campo aveva fumato sbriciolando toscanelli nella pipa-con ragazzi fiorentini e studenti di filosofia e teologia, i quali avevano posizionato i loro saccapeli in curva San Martino e dormendoci-prendevano posto per l'indomani.Poi i nani andavano nella sala cinemina dell'asilo e il reverendo, per mezzo di un proiettore cinematico attaccato al cervello di una cicogna, che proiettava i suoi sogni comici, buffi e maccheronici.Quell'anno il nano passò l'inverno a Milano a fare il garzone barbiere nella toletteria del padrone coifeur detto Barbauscia-aiutato dall'altro garzone di barberia detto Gel Umbertico-figlio d'arte di una parrucchiera detta Stella Brillantina e il negozietto delle forbici e dei rasoi era piena di neve di forfore dei clienti.A natale il nano con i barbieri mangiò un panettone Motta a forma di guantone del pugile Jack La Motta.Villa il nano-tornato a Parma-frequentava la parrocchia di Coloreto, retta dal don detto Olmacio e dal chirichetto detto Gelso nano-perchè robusti quanto questi due alberi- e quando per il Carnevale e per ischerzo avevano travestito un olmo ed un gelo con i paramenti e la cotta da prete e chirichetto giganti-nel buio confondente Villa il nano li aveva confusi per il reverendo ed il servitore delle messe, infine il nano pescava con le mani anguille color gamberoni nei fossi-trasprtate lì dai canaloni pieni d'acqua.A notte fonda il nano con un altro nano detto il Buffiobuffigone su una automobile topolino si divertiva a stirare il prostituto nano detto l'Ubriacazzo.Quell'anno per Sant'Antonio Abate il nano assistette alla castrazione di pretinovi, di chirichettie seminaristi-tra i quali don Zuppierino Barzellettinanolinario e la suora detto Ostiapapparrocchianima con la corda di un campanone-a turno legata alla sacca dei loro testicoli-con un colpo di campana li evirava-come si fa con i capponi, e tutto ciò per non indurli in tentazione bestiale con il diavolo del sesso femminile.
Un chirichetto, certo Giovacchin aveva scritto la bibbia del prete chiamato di cognome Bibitesante, il quale era sempre intento a ciuciere in un biberon pieno di vin santo-puro perchè dalle vigne non letamate-. 







I fagioli
.

Era l'anno 1878, che in una chiesa di Sissa-nel Campo Santo attiguo-fu sepolto il prete chiamto Cazzastasio Bombolonitesticoli, morto per un indigestione di fagioli, che entrati come soldatini nel castello del suo apparato digerente-iniziarono una guerra-stomachia-e a questo uscì tanto gas scoreggione-dal sedere con qualche fagiolo soldato, espulso dalla torredell'esofago della fortezza pancreatica-e con questa trombata scoperchiò la pietra tombale e risorse ascendendo in cielo con quel reattore di loffe-come una navicella spaziale-rumore di pugne e battaglie, con le quali la condottrice digestione aveva sterminato le truppe nemiche dei legumi.Mentre un angelo chirichetto, dai capelli color miele, svenne alla vista della tomba scoperchiata e alla Nasa lo scienziato italo americano John Naso con una sonda segnalò l'arrivo del prete ariofagitico in Paradiso.






Il pony
.

Con i pecorai nani detti Uvello e Caciucio, che producevano caciotte di pecorino-minuscole come acini di uva-sorta di caramelle al formaggio-Villa il nano andò ancora il giorno dei morti-pieno di nebbia come se l'aria fosse farcia di panna montata-alla villetta dove i ceri dei morti-lumini rossi- si coloravano di rossa mescolandosi all'atmosfera bianca-a trovare un antenato del nano chiamato Trisavalosso, -usciti dal cimitero incontrarono un gatto con gli stivali-con gambaloni lunghi alle zampe a forma della forma dello stivale della crosta della penisola italiana e il nano-giorni più tardi non sapeva se avesse sognato o davvero scorto un gatto così fiabesco-.Il giorno dopo all'alba erano al mercato dei cavalli dove il cavallaro di carne equina chiamato Saurinazzo li vendeva ai macelli-ed ad un certo momento arrivò su un camioncino, per trasporti di quadrupedi il pony del calessino dello zio Gosinoni-detto Nello Ponyllo-e il nano prima pianse poi fuggì di soppiatto sulla groppa del cavallo nano ed arrivò fino a Torechiare dove regalò l'animale ad un bambino della casata dei Rossi.Il Pony quando morì fu imbalsamato e tinto di oro ai peli e serviva ai bambini da cavallo a dondolo,poi caduta in rovina la famiglia del bambino fu venduto ad un giostraio che lo montò sulla giostra dei cavallini, infine finì nel museo dei sauri e stalloni impagliati di un fantino metà nocetano-metà inglese detto Poispois, che fece dipingere sul manto peloso piccole noci.Sempre in quei giorni Villa il nano andò in convento dalle suore luigine a mangiare le pesche siroppate con gli amaretti ed un bambino orfanello molto biricchino, chiamato Leone Conigli Sigarette Carote-dai tre cognomi perchè figlio di un nobile prima fallito poi morto con la moglie in un incidente autostradale-avendo esclamato che bisognava abolire il Papa ed i rosari-veniva schiaffeggiato dalla suora chiamata Melacottandra.




L'orto
.
Dormendo una notte Villa il nano si sognò-ai tempi dei farnese-nel monastero di San Paolo con la badessa chiamata suor Lucenia, a raccogliere misticanze nell'orto.
Toscanini, ad ora tardissima del pieno della notte Villa il nano entrò al circolo Toscanini-club di culattoni-dove partecipò ad un rodeo-porno-al quale froci cavalcavano con il culo dentro una bacchetta del direttore d'orchestra Arturo, che si muoveva ubrica della musica per dirigerla-mossa da un congegno ellettrico e sostenutta da un braccio posticcio e plastificato e dopo pochi secondi venivano disarcionati e vinse un certo Luigino, profumato di fragranza di erba luigia, che stette per più tempo-montando la bacchetta. 






Il burrone
.
Da un leguleio panzone ed imbecillone furono intentati diversi processi al poeta Pasolini-ma il giurista gosinone predicava male-perchè praticava sesso-bombolone con un testicolo grosso come un krafphen, che produceva-stimolando le ghiandoli secretali-seme con cui farciva i sederi di suoi avvucatucole e portaborse.Il magistrato con una papagorgia di carne grassa al collo a forma di molla di fisarmonica-fu intravisto fu intravisto a raccogliere monetine nella fontana di Trevi e si serviva da salvagente di una ciambella-fritta da un panettiere di Roma-per galleggiare e non affogare,Una moneta-un commodo aveva su una delle faccie minuscoli l'imperatore Eliogabalo con un chirurgo dai ferri, con cui doveva operare il gerarca per fargli cambiare sesso-come lui desiderava, perchè il giovinetto porno si voleva dotare di gonadi femminili per scoparsi tutti i drudi del regno.All'epoca Villa il nano con un omosessuale di Pasolini si recò nelle catacombe e muniti di una pinza a specchio da dentista reperirono un dente di un inumato greco in una delle tombe, il quale era a forma di conchiglia, dentro al quale eccheggiava una tempesta del mare vicino a Scilla e Cariddi-descitta nell'odissea-come un verso di un grugno di un maiale.A Villa il nano sovvenne di un lupino dilettante ed insicuro-al quale era caduto dai denti dove lo teneva spennata una gallina in un burrone come un molare cariato e gigante, nel quale la pioggia aveva riempito d'acqua lo strapiombo come una pentola per fare il brodo e la luna vi era caduta dentro come un dado star.




La seduta spiritica
.
Villa il nano raccontava di essere stato partorito dalla mamma nana e mammolosa in una stanza da letto del castello di Ravarano-una notte buia, ventosa e tempestosa del 2 novembre- e il medico-un certo Rospini, aveva fatto appena in tempo a giungere su una carrozza, sotto un uragano gigantesco, per misurare la temperatura del liquido amiotico e far uscire con un taglio cesareo lui l'infante dal grembo materno.Appena nato Villa il nano camminava già e da un commercialista del castello fu portato nel cortile del feudo dove rane giganti gareggiavano in una gara di salti, infine fecero visita alle carceri interne piene di brigantucci ed alla cantina-al cui soffitto era appesa una pentola piena di monete d'oro che oscillava-tintinnando argentine queste-per il vento della buriana che si intrufolava tra le fessure lì dentro.E che un diavolo paesano del borgo di Ravarano-dai baffetti a spillo come poi portò Salvator Dalì il pittore-rubava qualche volta a manbassa.Il pittore Fainardi detto Fannino-autore di ritratti di maniera e padrone della rocca-sturò una bottiglia di vino rosso dell'anno Mille-stagionatissima-e brindò con la puerpera e il nano Villa, che appena nato sembrava un bambino di tre anni, versò il vino nei calici e lui prima di bere roteò il bicchiere come i somelier francesi-producendo un minuscolo melstrum nel centro del liquido color rubino-come nel mare-in cui affondava un oliva come un minuscolo bastimento piena di un uovo nella stiva-il nocciolo-e dalla polena a forma di minuscolo stuzzicadente, da cui era infilzata. Poi lo fiutò respirandone la raffinata essenza e lo bevve con loro.
Il nano e la sua mamma passarono una settimana nel castello con Fannino ed una notte ricevettero la visita di un fantino inglese, dallo zuccotto color crema in testa, sul quale caschetto erano dipinti biscotti inzuppati al liquore cherry ovvero una zuppa inglese o pudding e questi era in compagnia del suo amico scommettitore di corse d'ippica, il quale nella sua vita era diventato per tre volte closhard-per aver perso ai cavalli ed immediatamente dopo era stato plurimiliardario quando vinceva puntandoli:con loro c'era anche un medium gobbo, con cui fecero una seduta spiritica su un tavolino-muniti di bicchierino e lo spiritista predisse che il nano avrebbe ereditato miliardi mille dal Vaticano, nella persona di un cardinale chiamato Gaetano Papalardo e avrebbe fatto il perdigiorno. 





Il miele
.
Per il giorno dei morti Villa il nano comprò in una drogheria un vasetto di miele di garofani-dotto dalle api che nettavano questi fiori al cimitero della Villetta, dove avevano le arnie.Mentre d'estate con il nano detto Sant'Agosto andò al palio di Siena e si ubriacò con questi in un vinaio della città tosca,poi giunsero nella ventosa Benevento e in due si scolarono una bottiglia di liquore Strega in un casolare in rovina, dove chiusero tutte le imposte e Villa il nano fumò tre sigari toscani sbriciolandoli nella pipa.Nella notte fuori sentirono scalpicciare passi:era il brigante detto Lupecorone-con tante pistole nel fodero quante erano le muse della Pieria, di cui avevano le forme allungate dei volti di queste le loro canne e il brigantone-dalla doppia anima cattiva e buona-perchè irsuto e pieno di peli neri come un lupo di cui aveva il nasone lungo come un muso lupigno e lupesco ma con qualcosa di buono ed affabile come una pecora, offrì una caciotta, qualche taralluccio e una fiaschetta impagliata di vino rosso, mentre i due nani gli donarono ciambelle-fritte da un frittaro che avevano mangiato bevendo il liquore giallo-.Siccome il farabutto era stato in gioventù un ex studente universitario di lettere si mise a parlare di Carducci e Leopardi-recitando le loro poesie-mentre sulla strada davanti alla casa in rovina battevano le prostitute e le lucciole volavano come faville sbandate per il vento da falò di contadini.
Nel loro giro in Campania i due nani videro bufale munte alle mammelle-da casari-come se i capezzoli fossero le corde delle campane tirate dai campanari e le mozzarelle prodotte i loro battacchi.Mentre nella casa gli altri discorrevano Villa il nano mise una caciotta restante del brigante dentro alla coppola e la usò come cuscino per dormire.All'alba arrivò un pupaio-il quale siccome l'Italia era stata unificata teneva uno spettacolino con due marionette a cavallo-riprucenti Vittorio Emanuele e Garibaldi-e muovendo i fili questi due pupi si stringevano la mano a Teano, alla mattina andarono a far colazione in una locanda vicina con pane olio e peperoncini bevendo la bevanda al malto di luppo, infine su una carrozza arrivarono a Napoli e il Brigantone Lupecorone esclamò ridendo che il poeta Leopardi girava nella notte per la città prendendo in giro le meretrici e leggeva loro la poesia-scritta da lui ed intitolata:"Il sangue di San Gennaro, La Pommarola e il mestruo e le tette delle due puttane dette Vegesuvia e Rospaghetty.
Entrarono nell'aula magna dell'università di letteratura di Napoli-dove il docente, un certo Pasqualino Pomidorini stava spiegando Leopardi e studenti asinoni, vestita da buffoni con pizzi a forma di maccheroni alle camicie-ridevano raccontandosi barzellette sul letterato recanatese:per esempio l'aneddoto esilarante del poeta in fuga nei boschi di Recanati-inseguito da un leopardo-.Infine s'imbarcarono su un battello e giunsero all'isola di Caprera-piena zeppa di capre-perchè lì era praticata la pastorizia-ed interamente di proprietà di Garibaldi, il quale avendo vessato gran quantità di oro nei palazzi borbonici, l'aveva comprata all'inglese Collins, lì comminarono sul passo della Moneta-davanti al quale s'innalza il monte Telaione e mangiarono in compagnia del mercenario Peppino-che un anno dopo sarebbe deceduto e sepolto nell'isola-la Caprese, maccaroni ecarne di capra in una trattoria scalcinata, umida ma tipica e caratteristica-dove mentre gozzivigliavano entrò un pupaio, che inscenò uno spettacolino:intitolato i barboni dal barbiere-con marionette a forma di un coiffeur,di un caprone,di Peppino Garibaldi,di un barbone e di un Borbone-tutti baffoni e con una grossa barba-. 




La radio
.
Racconterò un aneddoto degli anni bellici e quaranta.Mio nonno-precursore delle scarpe da ginnastica a passeggio, che per queste calzature a forma di ciabattone plastificate, gli avevano affibbiato il nomignolo di zavattone-con un vecchio amico fascista-stato suo compagno d'asilo e chiamato Balcanio Ballacani-avevano mandato lettere ai diversi consolati degli stati d'Europa:a Porcil(Churchill),al Gallo(De Gaulle),a Stallo(Stalin,a Maialenin(Lenin), all'Aquila(Hitler) e a Topolini(Mussolini), provocando in questi la voglia di farsi i dispetti tra loro-perciocui i due grafomani potevano dirsi la causa dello scoppio della seconda Guerra Mondiale.Così mio nonno con un pezzo di metallo radio-montato dentro ad un osso di sterno d'anitra-dopo avervi vieppiù montato una presa ad elettricità-in compagnia di Ballacani e Villa il nano-stava a sentire Radio Londra sullo stereo preistorico-e quando Achille li lasciava per ritornare a casa, contento della tattica degli alleati, il nano e Balcanio cominciavano a sentire radiocronache di partite di football del Campionato Inglese di quegli anni e il nano era a dir poco innamorato dei calciatori, chiamati con nomi pressapoco pronunciati così:Calligham, Natichton, Arcipol e Whisketty.


 ----------------------------------------------------------------
 




------------------------------
LE LUCCIOLE NELLA LANA
DELLE PECORE
------------------------------


Introduzione

Che dire di Antonio Tacete o di Tacete:questa sorta di vin Santo all'aceto che i chirichetti paleocristiani di Parma versavano dalle ampolline nei calici di pape da luna-park-sì perchè proprio nato il 18 marzo del 1970-un secolo esatto dalla morte dello scrittore Isidore Ducasse detto Conte di Lautreamont-lui poeta benigno-l'altro poeta maleficissimo-un giorno prima della fiera di San Giuseppe-dove nonni gobbini portavano i nipoti pupattoli a vincere pesci rossi facendo inforcare le loro biglie nelle bocche delle vaschette piene d'acqua e di questi cetacei-o a prendersi in regalo il criceto sparando al tiro a segno.quel feto del bambino Antonio che quando chiamavano la mamma Luciana per nome nel pancione pensava ad un ucellina-o che quando uscì dal grembo materno gli scattarono in testa le immagini di tutti i letterati-che conobbe-per mezzo di una trasmissione di dediche e richieste di un 'emittente locale una ragazza-lei lasciato il numero di telefono in radio-dotata come la madre di un pene da ragazzo chiamata Elois-del suo amico Gainotti-licealmente soprannominato Gay della Notte.quel bambino treenne abbandonato dal padre all'idroscalo-luogo dove si dava appuntamento con i suoi ragazzi il poeta Pasolini-in una notte del 1973-con l'intellettuale prese un taxi verde a forma di carciofo-pubblicità del liquore Cynar-e con il quale andò in compagnia dell'amico di sesso dello scrittore detto il Girino delle Merde in un acquedotto-fortezza-castello dove bevve acqua gelida e densa come panna e a mangiare la pecora a Caprarola.





I paninari


negli anna ottanta-epoca bellica ed edonistica americana, sempre il guerra fredda con la Russia, Villa il nano entrò con un barbone miliardario-dal vestito foggiato con del panno verde di biliardo- in via Cavour, alla fatidica Vasca;così definito l'assembramento di ragazzi paninari , seduti sui loro motorini,vestiti di piumini Monclear a forma gonfia di Hamburgher-in compagnia delle loro ragazze dette le sfittizie, vestiti di abiti marca Naya Oleari, -i maschi invece detti panozzi- entrambi calzanti scarponcini Thimberland e così in compagnia bevevano cocktail alla moda dentro bicchieri di cristallo a forma di scarpe da donna con il tacco a spillo.






Il pennino


Il bambino poeta Attilio da alchimista riempiva le guarnizioni dei pennini stilografici di succo nero di more come inchiostro, che andava araccogliere nei rovi dei sentieri dei paesi gibbetti di montagna;Villula, Montebello e Casarola-come i suoi frutti preferiti, e poi sciveva su foglie secche di banani fabuline in forma di poesie elementari su lupi girovaganti sul Monte Soprano e le depositava in forma anonima sul davanzale della stanza del maestro in un noto convitto Parmigiano e l'insegnante che non voleva si componesse in versi-con la bacchetta facendo l'appello lo guardava di traverso-riconoscendo in Attilio, che rispondeva presente con la erre moscia, come nel tipico accento ducale e francese, l'autore.



Il calciatore Pelè

Villa il nano ed il nobile e tossicodipendente ragazzo veneziano chiamato Dogeo delle Vene dellazia furono visti in un ristorantino cinese di New York nella notte- la cui curiosità era una piscina illuminata di perline al centro del salone del locale piena di Pirana-con ricambio elettronico dell'acqua, perchè il gestore ogni tanto vi buttava un porcettino nano e cinese che i pesci sbranavano.Il nano ed il rampollo di Venezia mangiavano un risotto all'oppio e al curry in compagnia di un pusher nero detto Eroino-il quale scapsulò la roba per il ragazzo da un tacco di un suo mocassino-, quella stessa notte su un volo charter il nano e Dogeo arrivarono a Firenze-affogata nel fango per la piena dell'Arno-per andare a trovare un oreficie ebreo, che aveva il suo negozio di bigiotteria sopra Ponte Vecchio e i due quella notte soggiornarono in una villa fiorentina-dal giardino pieno di cipressi-dove un picchio li disturbò molto tutta la notte-facendo parecchi buchi con il becco alle imposte e l'indomani mattina il ragazzo nobile fece trovare-serviti dalla cameriera chiamata florencia-caffè nero,uova e marmellate per colazione a loro.Il giovane proprietario tifava per il calciatore Picchio de Sisti della Fiorentina e con questi qualche anno dopo partirono per andare a vedere il mondiale di calcio in Messico-girando tutti i casolari dove sulle aie-in cui erano montate piccole gradinate per scommettitori e curiosi-galli da combattimento, muniti di speroni d'acciaio alle zampe s'azzuffavano.Infine sull'ultimo anello dello stadio immenso di Città del Messico per la finale Italia- Brasile Villa il nano miope credeva che il pallone fosse la testa calva di Pelè-le cui cicatrici sulla pelle maron della crapa lucida sembravano le cuciture di una palla da football anteguerra.



I cavoli

In quegli anni Villa il nano -oltrechè il piantatore di cavoli neri per un fittavolo toscano, in un campo frequentato da cicogne che vi bepositavano fagotti pieni di neonati-serviva da cameriere alla mensa Padre Anolino, il prete guarnito di purè-come se vestisse un pantalone-e così conobbe un sacco di closhard- ai quali la notte del primo dicembre del 1950, la più fredda di tutti i secoli a Parma, gelava l'urina-a pisciare per strada-come se fosse un ramo cadente di salice piangente.Tra i barboni ce n'era uno ex torero, un altro che dormiva in un rudere di una chiesa in un buco gigante di un confessionale-prodotto da un tarlo-ed era rimasto intrappolato dentro quando un restauratore l'aveva toppato con lo stucco-non avvedendosi della sua presenza, un altro ancora dal naso a forma di patata, tanto scuro come la sua buccia per le esalazioni di fumo di sigarette fumate dalle narici-che dormiva nei cassonetti della spazzatura ed era rimasto spappolato dal trita rifiuti del camion di uno spazzino, ancora un altro ex giocatore d'azzardo- che si era costruito una pianola su una roulette sgangherata-su cui suonava musichette, per racimolare qualche moneta.Villa il nano in compagnia di alcuni di questi-tra i quali quelli detta Barbacio e Mozziconio su una limousin lunghissima, guidata da un autista pagato da lui-partì per Montecarlo-dove videro il gran premio-nel quale presero fuoco alcune monoposto-e fumarono sigarette lunghe cinquanta centimetri, mangiarono tartine al salmone con burro allo zenzero;Mozziconio nel frattempo era andato al casinò ed aveva vinto, così nel centro commerciale interno al salone d'azzardo si fece sbarbare e profumare in una barberia-per ex closhard-chiamata l'Ex Barbon, mentre di fianco c'era un negozio per ricconi che avevano perso tutto al gioco e potevano comprarsi scarponi, cappellacci, tabarri ruvidi e bastoni con la punta di ferro per raccogliere mozziconi di sigarette non completamente finite-per fumarle-.Invece nel negozio sciccoso e alla moda Mozziconio si comprò una redingote color sedano,pantaloni azzurri,mutande di raso,fularini di seta e scarpe bislunghe di velluto color d'oro dalle fibbie con goccioli di diamanti-così Villa il nano andati su uno yacht di un barbone miliardario chiamato Mastino-aspettandolo-quando giunse non lo riconobbero-.Così in compagnia degli amici di Mastino:l'ammiraglio di La Spezia chiamato Bastimento Signorsì stapparono centinaia di bottiglie di mamMoet San don-dall'etichetta con disegnate poppone da cui un beggar poppava vino-e se le scolarono tutte-mangiando ostriche-e arrivò così anche un archeologo detto Carbonio Tredici-che raccontava che sotto Roma c'erano tre strati di urbe:una romana,una etrusca ed una greca-e vis correvano tre teveri, sul molo di una delle quali avevano trovato una canoa dallo scafo a forma di lupa romana con un remo intagliato a forma di Remo-uno dei bambini fondatori di Roma-che portava quel nome.Villa il nano raccontava a tutti di aver partecipato ad un festino dell'aldilà con fantini leggendarii del Palio di Siena-tra i quali i Meloni,il Magnani, il canapetta, il Tarquini e Il Santini ed al party un cameriere del catering stappava il turacciolo delle bottiglie di Chianti con un cavatappi a forma di fantino-al quale vitato nel sughero si alzava il braccio con il nerbo sollevato-.Il nano mangiava con goloso voracità degna di un Ciacco fette di finocchiona, di lonzino, bruschette al tartufo, spicchi di pecorino-abbuffandosi anche di pici cacio pepe all'aglione e dolcetti istriciarelli e panforte.


Le cipolle Borettane

In una stanza del refetorio della cattedrale di San Giovani nel 1950 fu trovato assassinato, dalla perpetua mastodontica detta Perpetuorta Fritta, il corpo di un chirichetto nano chiamato Colambarollo Colombone-sul letto di fianco ad una bambola a forma di rana gonfia- e questi era amico di Villa il nano, che arrivò a trovare il prete della chiesa con il maestro del bambino detto il Lavagno e questo insegnante elementare disse che Colombone era moroso con il nano Gaetanone-figlio di un villano chiamato di cognome Innestapene-che curava i vivai di Pontetaro ed i due morosi erano sempre insieme a fornicare e per gelosia poetava essere stato Gaetanone ad accoltellarlo ma la famiglia con questi il giorno dopo l'assassinio si era trasferita a Rimini-dove il bambino gigante, figlio del villico si era fidanzato con una certa Rimina da Rimini, -e non si sapeva come rintracciarli-.Così aprirono un comodino trecentesco e pacchiano nella chiesa e venne fuori un serpente rosso, tozzo ed a forma di pene-più veloce di loro a sparire all'interno della chiesa fuori della stanza da letto del refetorio-che con essa confinava.Il maestro lesse un tema di Colombone-di sua spiccata fantasia-che descriveva la battaglia tra le truppe dei gnocchi contro i soldati dei pisarel a colpi di frustate di tagliatelle e di mattarelli-poi finiti annegati nell'acqua bollente di una pentola e macchiati infine di sugo di pomodoro come sangue dopo il combattimento.Mentre l'assassino Gaetanone-con il quale il maestro raccontava Colombone andasse a caccia di cicale nel vivaio d'estate, scovandole attaccate sugli alberi-giocava sulle spiaggie di Rimini a boccie o con biglie con dentro fotografie minuscole di ciclisti.Di lì a pochi anni Villa il nano incontrò Gaetanone potare e fare innesti in un pereto in fiore e romagnolo-con i cappucci dei fiori bianchi come cuffiette di apine gialle-,così quando fruttarono le pere il nano e Gaetanone erano lavoratori stagionali a raccoglierle e a stiparle nelle apposite cassette, poi arrivando una siesta fecero merenda bevendo una birra Peroni e tagliando una caciotta di gruviera-che come in nicchie di una cripta:i buchi del formaggio-avevano preso posto delle intruse arvicoline.E Gaetanone raccontò al nano che aveva ucciso Colombone perchè questo si masturbava-fornicando-con la fotografia dei calli dei piedi dei cardinali-lavati dal Papa il giorno delle ceneri.
Tra i filari di pere del padrone coltivatore chiamato Perio Perenini era arrivato un marionettista buffone che con i fili muoveva quattro pupi detti l'Imperatore, il Pernacchia, il Perilupi e il drogato che con movimenti degli arti delle mani si faceva pere alle braccia gommose e tutti ridevano e gli regalavano pere,poi i due andarono nella vicina Bologna dove un vù cumprà, dai piedi a forma di zamponi vendette un accendino a forma minuscola di torre degli Asinelli e così andarono a far visita al don chiamato Episcopallosità e nel buio del refetorio il nano scambio il piede scalzo e nudo del prete per una pernice spennata-perchè con un gran callo detto occhio di pernice e Gaetanone si confessò.Allungarono sulla loro auto Topolino per Boretto-vicino a Brescello e s'inoltrarono nelle coltivazione di cipolle Borettane e per la puzza che questo effondevano-che altrimenti impasta il palato come l'aglio-piagnucolavano e facevano in tempo a piangere anche di Colombone, infine andarono a trovare il prevosto del paese chiamato di cognome Porrocristo-pieno di porri in tutto il corpo-morbidi come frittelle-compreso uno gigante al naso e il suo chirichetto nano chiamato Adamedioevo Chiodigarofanoincrocedimelacottadeva ricordò Colombarollo ai due.


San Donnino

Racconterò del Fidenza calcio, dal bandierone con effigiato un asinone-i cui calciatori avevano eguagliato il record di corsa del gibboso San Donnino-e Villa il nano si trovava nel paese-quando per festeggiare tale impresa-si lanciavano da cento torri-per spiattellarli sotto-altrettanti numeri di asini, che balzavano fuori dalle turrificazioni campanarie-come se queste fossero scatole-scherzi-munite di molle-da cui saltavano come sputnik pupazzi di gomma,se aperte di scatto.


Parigi

In Novembre a Sissa sparava da una sorta di cannone agrario il sisso nei campi per letamarli ed in un cortile Villa il nano assistette per opera di norcini allo sventramento di una scrofa-appesa ad un soffitto con una corda che avevano aperto alla pancia, come in una sorta di taglio cesareo e come se fosse una bambola gonfiona e mamma ed avevano ucciso anche i porcetti.Il nano Villa piangeva mentre il don chiamato Mammessa esclamava:"c'è il salam".In un cantinaccio poi alcuni di questi norcini detti Cazzio Isidorossone, Peperonasso, Malafiga, Siringagonzaga e Stalattitisalamini stuprarono Villa il nano con delle luganiche ed un altro prete diceva mangiassero cicogne e il maligno perciò si fosse imposessato,più avanti negli anni questi per un editto pontificio, che vietava di mangiare i trampolieri bianchi furono giustiziati dal boia.L'indomani di quel giorno di Novembre Villa il nano ritornò a scuola e lesse ad altavoce al maestro chiamato Sispurcione Verri il tema sulla sua avventura, che il docente ascoltò dietro la catteddra di legno intagliata a forma di piccola cattedrale e nel componimento la mamma scrofa veniva descritta come una bambola con una suoneria grugnante che piangeva per i suoi maialini ammazzati un una specie di parto cruento ed infernale..Infine con tutte le classi della scuola in compagnia di quel maestro e di un altro ancora chiamato Sabbioneto Ombrelloni Villa il nano partì per Parigi.città bomboniera bianca- e siccome pernottavano in un hotel vicino alla stazione, il nano svegliato dai fischi dei treni, scese dall'albergo ed andò nel bar della stazione quasi all'alba-ma c'era ancora molto buio-ed ordinò una madleine, ingollando un pernod-liquore all'anice-e giocò ad un flipper, in cui si moltiplicavano le luci.
 
 










L'isolotto del laghetto del parco Ducale
.
Villa il nano raccontava di un inverno siberiano a Parma quando nel laghetto dall'acqua gelata c'erano defecazioni a forma di sigari e gianduiotti di bestioline selvatiche-che si aggiravano nell'isolotto-martore, scoiattoli, tassi e sorci e il laghetto sembrava un mosaico con queste cacarelle marroni e le trote verde congelatevi dentro. e lui vi pattinava su- con l'amica Verdinizza-come una puntina circolarmente come su i sentieri di un disco in vinile, l'aria era tanto gelida che pisciando al nano-lo zampillo dell'urina si ghiacciava-diventando come una catenina d'oro.Il nano e la Verdinizza andavano poi a scaldarsi le mani davanti ad un banco di candele accese alla chiesa Annunciata e il prete chiamato don Resuscitario preparava loro il brodo e nel teatrino della chiesa un burattinaio per tutti i bambini muoveva un burattino impersonante il barbone Matsicuri,dal tabarrino color vinaccia e il tubino fatto di un turacciolo di sughero-re del ghiaccio e del freddo.











Ranuccio Farnese
.
Villa il nano era salito come sulla luna a forma di caciotta puzzolente di pecorino-guarnito di miele-ricetta romanissima-con il poeta Pasolini e l'amico nano ed omosessuale detto il Girino delle Merde ed aveva scopato tutte e due-travestito da macchietta buffona e seicentesca-tutta pizzi-di Ranuccio Farnese ed aveva foderato i loro peni-per compiere l'atto-di profilattici di lattice come fette plastificate e rosate di prosciutto.e camminavano sul molle pecorino davanti alla torre di Chia-erezione-turrificazione a forma di cazzo-maschio e il nano pallido detto il Girino-dalla maglietta verde stagno-tenendo una mammola per il gambo con il ciuffo spinoso a forma di zampa di fera del colosseo colpì i due troii, che battevano sulla strada di Chia detti er Fetuccia e Pecorircolino-il primo vestito di una palandrana guarnita di fetuccine, il secondo di cappotto di caprone con penzolanti pomodori e mozzarelle di plastica.All'epoca il nano era innamorato di una vetrina di un pizzicagnolo detto Noircino in centro a Roma, che aveva incollanato una madonnina di salumelle,incappellata di ciccioli,vestita di un velo fatto di fette di prosciutto e messole in braccio-un feto di un solo giorno di scrofa-come un bambin Gesù.E l'aveva appoggiata su una barca fatta di una fetta di melone.




Il ragù
.
nell'isola Hawayanalo scrittore Hemingway conobbe la ragazza nera detta Cinemmumalù, -dalle gambe sottili e lunghe come una giraffa, in un mokambo tapezzata di carta da parati color caffè e mentre i disperati dall'alba fino alla notte dormivano stravaccati sulle ghiacciaie del bar-lo scrittore provocava con paroline oscene la ragazza-bevendo un intruglio con una cannuccia-fatta con una canna buca di Sambuco e riusciva così a persuadere la giraffa-ragazza a farsi portare nella casa di questa, la cui cintola gli arrivava alla testa, accompagnato da un closard che messosi a carpioni faceva il verso ad un cagnolino barboncino nella camera da letto dove dormiva l'altona, la quale era rimasta vedova del marito detto Vulvulù e si sdraiarono sul letto-dove una Vedova Nera in una ragnatela aveva tessuto le figure di donne nude di un giornale scandalistico da parrucchiera, così consumarono un amplesso.All'epoca Villa il nano assiepava la piazza piena di folla per il Palio di Siena e guardava dentro gli occhi dei bovi color margherite , che trasportavano il carroccio con su il ciencio dipinto-come tuorli di uova turchine-di galline di sangue nobile-nel bianco sodo dell'albume ed abortite nell'acqua bollente come spermatozoi da suore di clausura dei conventi di Siena.Villa il nano girava con sotto il braccio un libro-intitolato lo Zabaione-in cui veniva descritto il pasticcio sessuale del poeta Leopardi, che aveva inculato il conte Ranieri montandovi come l'uovo e Giacomo era morto di Emorraids scrofola fecola-per i più ingenui di tisi o vomiti ed al pene gli erano rimasti resti di defecazioni dell'apparato digerente ragù del Conte, cucinato con pennecchi di gambi di sedano-con il quale un cuoco- della casa dove soggiornava a Napoli il poeta-aveva condito le tagliatelle a forma di torre degli Asinelli e della Garisenda-come se fossero garganelli- alla bolognese.




L'ape regina
.
nell'inverno del 1885 un cavallo di una carrozza, finito in corsa contro uno spigolo di un muretto ed uccisosi, -fu macellato e la carne tritata-in una macelleria equina di un borgo-sormonata di un massetere di calce ed a Villa il nano ne furono regalati tre etti di pesto, che andò a mangiare nel refetorio della chiesa delle Grazio con il prete chiamato Avemario Preghierucci.Venutoa la primavera-siccome Garibaldi era in soggiorno a Parma ed era stato in visita alla Cereria Serventi-la famiglia da cui discendo-con il mercenario, don Pepone Mariasalata, -un mio antenato-e un pittore dal vero detto Bianchino Televisione, Villa il nano andò a fare un pic nic, vicino a Varano Marchesi, mangiando pane con la marmellata e bevendo birra del birrificio Perigiganti ed il pittore con svolazzi del braccio, con cui impugnava il pennello, dipingeva la scena nel prato fiorito-immortalando anche un'ape regina sottile e lunga, che volava intorno alla bottiglia di birra-incuriosita del colore giallo ramato-sulla quale il bambino Pepipino Serventi sapeva tutto-perchè la famiglia era produttrice nell'industria delle cere di fogli cereari, che gli apicoltori compravano in gran quantità nella cereria, -.Poi venne buio-il pittore, finito il capolavoro,potè spalmarsi la confettura viola fosforescente suli biscotti a fette e bere la bevanda al luppolo, il prato si riempì di grilli e il bambino Giuseppe Serventi fumava la pipa da infante fumatore e scherzava che a Rimbaud quando mancava il tabacco questi fumava la gualerza, infine tornando in carrozza videro un fico gigantesco-pieno di ficazione di frutti-ed un impiccato su magro, nano e con una bazza borbonica, dal quale-sollevato dal capio-era uscita dal taschino la cipolla, che penzolava nell'aria oscillando come un pendolo-e Garibaldi rideva come un matto.
Arrivarono sotto l'orologio del palazzo del governatore che erano le due ed ordinarono al bar dell'Orologio liquori.La lancetta che avevano scorto sulle due in un minuto si era spostata sulle quattro, seguita da quattro rintocchi immediati-ed opera di una lucertola che ridolava della sua biricchinata.Il pittore tirò fuori i suoi cubetti dei colori ad olio e come maionesi variopinte li spremette sulla tavolozza e pittandoci su il pennello dipingeva i suoi compari seduti al tavolino e la lucertola appesa a penzoloni con le zampette anteriori alla lancetta delle ore-in atto di mandarle avanti.Arrivata la mattina tutti e cinque furono ad un mercatino balzano dove vendevano tra le altre cose un gatto incrociato con un topo,il clitoride imbalsamato di Saffo, mentre per qualche soldo genitori a sua volta loro bambini"fagotto"nani e deformi che proprietari terrieri compravano per fargli fare i villani nei lavori dei campi.







La contrada dell'aquila

.

Villa il nano a Siena vide in una èarrucchieria una coiffeur -solo per donne-fare le treccie ai capelli della ragazza Rosanna Bonelli-prima fantina nella storia del Palio di Siena-annodandogli come il tessuto del canape della mossa.Su una balaustra di fianco al Casato di Sopra villa il nano,la parrucchiera muscolosa,una nobile chiamata Irma Dolcirostripanzoniforti e altri notabili della contrada dell'aquila si passavano il binocolo-per seguire il trotterellino nobile nel tondino-(quando i fantini trottano in circo contrattando le buste piene di soldi tra loro per fare alleanze e così cercare di vincere il Palio-)della sopra citata fantina detta Rompicollo-che correva in quella carriera con la casacca giallo zabaione, araldicamente effigiata sul retro del lino della schiena di un aquila nera bicipite-trottatrice che nello spasimo della corsa fu trascinata nell'inferno polveroso deltufo e si ruppe il collo.La stessa notte Villa il nano pernottava in un albero chiamato Villa Pia dei Tolomei-dalla cui finestra vide un cane minuscolo come un cantuccino-chiamato Piciuaua, al guinzaglio di una vecchietta, che sembrava un trans, discendente dell'antico pittoe detto il Vecchietta.










Guglielmo Pepe
.
Totò, Edoardo de Filipposillipo e Villa il nano andarono in una pizzeria a mangiare e il nano ordinò una birra color ottone ed una pizza Bismarck con cotte su le uova e discorsero dei moti insurrezionali nel napoletano-capeggiati da Guglielmo Pepe-, i cui soldati abbondavano di polvere da sparo come pepe, che condiva le ferite rosse- come pomodori- dei nemici e le mammelle gonfie, pallide e quasi bufaline di matrone partenopee- fuggenti dai tumulti, fucilte e sparatorie-come mozzarelle di piatto di Caprese-.Siccome il mare del golfo di Napoli era in burrasca Villa il nano infine-entrato nella toilette del locale vide schizzare fuori dal buco della tazza del water tre tonni e un palombo a forma di bambolotto-del colore alle squame dell'argento ossidato-, i quali erano entrati nelle canne delle fogne sotto l'edificio.
Il nano Villa la mattina seguente, in giro per il centro della città vide su una bancarella di libri vecchi ed usati un volume intitolato :La guardia svizzera licenziata-in cui si descriveva la scuola di disciplina dei corazzieri del Vaticano che insegnava loro a rimanere in pozizione immobile durante la sentinella per oreedore davanti alla Porta di San Pietro ai tempi di Leone Tredicesimo ed una guardia del sommo Ponteficie, il cui ragazzo che si nascodeva dentro l'elmo e sotto ladivisa bombata a striscie gialle rosse e blu si chiamava Tredicesimo Pantera e fu scacciato dal Papa-perchè mossosi troppo a causa di voli di mosche e successivamente creatosi un 'altra vita, batteva da puttano, vestito da donna con i capelli color miele egli occhi turchini-e somigliante ad una ragazza femminea portava tacchi altissimi, che gli stimolavano la rotondità dei polpacci rosati-i quali grossi e gonfi, mostravano nervosi in rilievo le fibbre dei muscoli gemelli, come i solchi di un melone quasi che il rosa del loro incarnato si tingesse di arancione,così il romanzo scritto dall'autore chimato Rerumo Novarumi terminava con il sesso tra Tredicesimo ed un nano-in cui si riconobbe Villa-ai piani di sopra di una trattoria-anche affitta camere, dove i due prima si erano abbuffati di fettuccine. Quella notte-che soffiava su Roma vento sirocco, il quale faceva sbandare il volo delle lucciole come scintille- lì in una stanza muffosa della trattoria Tredicesimo l'ex guardia svizzera aveva fatto le coccole a Villa il nano e parlava questo del Vaticano come simbolo del babbo eterno,del figliolo crocifisso e del fantasma santo-dove il nano era andato a Trovare un cardinale chiamato Piergazzo Scagazza-che intercambiava una papalina a forma di anolino ad una cuffietta-per il sonno-a forma di seppia, che calcava sulla nuca stempiata con qualche capello bianco come una gallina quasi del tutto spennata.

La maglietta della Juventus
.
Villa il nano dormì una notte dentro il cimitero di Baganzola-pieno di ceri da morti a forma del colore di bottiglie di vissole con lo spirito rosso fosforescente per il lumino a acceso internamente-ed alzatosi alla mattina con la brina nelle scarpe-, preso un autobusone color caco marcio arrivò a Parma al mercato delle tarabacle, dove comprò una foto vecchia del calciatore del Torino Loik-altrimenti detto Lokico di riso-perchè sapeva palleggiare con i piedi tre chicchi di riso contemporaneamente-e la foto era autografata e dedicata ad una signorinina turines chiamata Risetta Alba Tartufini-.Sempre allora lo zio Gosinoni spiegava al nano che la maglietta della Juventus aveva il colore dei tagliatelloni alla panna ed al tartufo e che il padre di Giovanni Agnelli aveva attorcigliato un suo capello attorno al congegno dell'altimetro dell'apparecchio del Grande Torino-producendo la causa della mancata segnalazione della bassa quota dell'aereoplano che nella nebbia andò a sbattere contro la basilica di Superga-.


Il cinema
.
Lo stragrasso e strasbodenfio zio Gosinoni e Villa il nano andavano al cinema e si facevano strappare il biglietto da un bigliettaio ottomano-maschera mostruosa, perchè con quattro mano per ciascun braccio-precisamente in totale otto, -il quale quando c'era pienone e molta fila la faceva scemare usando contemporaneamente tutti gli otto arti, obliterando il biglietto con il fatidico strappo. 




Il cognacche
.

A Siena dai palazzi, dai mattoni cotti nella fornace color sangue di Fiorentina, per il palio del 1834 Villa il nano conobbe Leopoldone Bruschette-omonimo nel nome al Granduca di Toscana-che pieno di debiti vendette al marchese Maremo un palazzone in centro,dai muri spessissimi e dall'intonaco color carne frolla-e il ricavato gli servì per pagare i debitori e non gli rimase un solo baiocco in tasca-poi vagando per la città di notte-.Leopoldone era grassone ed assomigliava ad una botte o con il bacino bombato come una damigiana, che si assottigliava arrivando al petto-con due occhi color toscani-e i capelli riccioloni arancioni-castani come tante bolle sferiche di capelli, che gli incorniciavano un viso ovale tagliato da un naso sottile ed aquilino.Disperato entrò in una locanda e privo di soldi ordinò uno, due, tre cognacche-una, due, tre, e quattro acquavite-poi senza riuscire ad inventare qualcosa scappò fuori dalle mure di Siena e barcollante e stremato dall'alcool si buttò su un materasso abbandonato in una discarica lì vicino.Poi un ladruncolo mentre ronfava gli sfilo un portasigari di metallo-scatolina a forma di torre del Mangia minuscola-con dentro tre toscani-Dormì due giorni ininterrottamente senza neanche sentire-trasportati dal vento-i tamburi del Palio-spettacolo che nonostante fosse un autoctono schivava, diniegava e non gli interessava.Infine si svegliò, era molto arrabbiato di aver perso i toscanelli,ma fumò una pipetta in cui ne aveva sbriciolato uno giorni prima.Villa il nano passava di lì con un cacioload un pizzicagnolo e i due fecero amicizia facendolo a spicchi con un pugnale dalla pietra preziosa e lilla sul manico, il nano poi fuggì a Bolgheri, Leopoldo diventò cameriere in un albergo di Siena chiamato Il Lupinolo e serviva anche ai tavolini dei caffè di Piazza del Campo nel periodo estivo e morì a centoventanni a Roma ai tempi della canzone che diceva del friccichio di luna, delle stelle friccicarelle e dei grilli che fanno cri cri-il ano lo rivide nella città eterna e lo chiamò conte del palazzo rosso bistecca.










Il loggione
.
Nevicò ininterrottamente per dieci giorni ed ad una prima di un'opera arrivò davanti al Teatro Regio un furgoncino pieno di verdura marcia che i loggionisti compravano per lanciarla addosso ai tenori ed ai baritoni se avessero fatto stecche-così volarono fette di melone,gambi di sedano e rapanelli.la stessa notte fu trovato assassinato in una carraia piena di neve di Vigatto uno di questi cantanti lirici, al quale l'assassino aveva infilata in bocca una cinciallegra-uccello-simbolo del canto-Avv ennero poi le indagini del detective forense detto Formaggio che scoprì ormine di un lillipuzziano ed impronte di grosse zavatte e dedusse che gli assassini erano un nanino di circo ed un orco gigante siccome nelle traccie sulla neve esaminando aveva riscontrato segatura e resti di defecamenti di animali orientali.L'ispettore formaggio alzando la testa su una collinetta vide un tendone da circo ed sulla torta bianca della nevicata una ciliegia vagante al naso di un clawn nanissimo dalla pianta dei piedi piccole come le orme lasciate sulla neve ed un orco gigante che faceva il bigliettaio, i due furono arrestati ma fecero vedere una giraffa ed un elefante con le loro stesse piante dei piedi e le indagini si confusero. Villa il nano e Formaggio il detective andarono a portare il resoconto delle indagini ad un altro ispettore-il Bacchini-che stava cenando con le sorelle del padre dette le Malvazie e questi l'estate che era passata era stato a Siena ed aveva curato le indagini di un omicidio peccaminoso,nel quale un vecchio aveva rinchiuso uno studente chiamato Morellino Cantinsano in una stanza piena di vipere che lo avevano morsicato al corpo che era diventato pieno di bolle verdi menta e poi era morto e per non far trovare le proprie traccie-siccome era il giorno del Palio-aveva sfilato come cavaliere di una contrada morta con la testa nascosta da una celata con su il simbolo della vipera.Villa il nano era stato nel caldo torrido di Piazza del Campo come una stufa bollente e gli sovveniva che anche lo scrittore Proust giocava al Palio di Siena accendendo un camino di marmo di siena-scolpito a forma della Piazza-con la cappa a forma di torre del Mangia e le fiamme erano la corsa dei cavalli-mentre le capriole di fumo le cadute dei fantini nella polvere della cenere.A grosseto le onde del mare erano alte ed a forma di sculture del duomo di Siena e nei boschi della Maremma si aggirava un riccio porcospino grosso come uno scrofo.Il nano nella notte a Siena era con barattieri-tra i quali un cacciatore detto Piombino- in una taverna buia color bottarga e giocava con loro a zara con dadini fatti di merda di gallina in cui erano rapprese piumini dei razzolanti per farli meglio volare quando lanciati sul tavolo.Poi sulla Toscana venne una tempesta ed un lampo affettò-lama infuocata-come un panino-tagliandolo in due-il maiale spinoso. 


Letterina affettuosa:.
 .

Carissima signorina Figuccia,
mi ricordo con afeto il nostro picnic sopra una montagnola di Salerno-illuminata dal sole di una luce da paradiso-dopo aver fatto scorta di krafen in una pasticceria della città chiamata Bomboloneteca-con il suo criceto addomesticato che ci seguiva e che poi leggeva un libro- minuscolo come un dadino da brodo-dei Canti di Leopardi e poi mangiammo le paste e bevemmo limonate,infine lei disse Ave Marie con una corona di rosario fossforescente nel buio infittitosi nella sera e vedemmo per la festa della Vergigianella Maria le onde del mare-sotto la collinetta d'argilla-piene di petali di rose.
Le porgo cosi i miei saluti e quelli dei miei amici d'asilo detti L'assassino delle mosche, Lo sbaffa gelati, Il trottatore dei cavalli a dondolo, Il pepa bistecca e (quello che faceva il caffè la mattina presto alle suore)Il peppina fa il caffè. 

Il manicomio
.
Con una pregiata scaola di sigari Modigliani, ai quali era stato dato il nome appunto del pittore di Livorno-perchè avido fumatore di questi-e raffigurato su cartoncino con il collo lungo-come dipingeve i suoi modelli di donne-Villa il nano entrò nel mastodontico manicomio e fece conoscenza con il gigante psichiatra chiamato Canalisto Mattoni-vestito in camicie bianco e con calcato in testa un tubino nero, -il quale toltosi per salutarlo-mostrava la nuca calva come un uovo gigante di gallina con qualche piuma di cova-come rimasteci su-i capelli rimastigli sul cranio.Il più matto di tutti nel manicomio era questo medico che prendeva a schiaffi ed a sbuttoni i pazienti e ti guardava con occhi blu-turchini ed allucinati che ti assalivano come cavalloni del mare di quelle dimensioni. Il nano e il dottore girarono il manicomio e le stanze a seconda della caratteristica della mattia degli internati erano denominate-una delle bestie-dove due si credevano un leone e un cinghiale-e dei personaggi famosi-dove altri si crdevano Cristo e Garibaldi e Canalisto poi mostrava al nano un boccetto di psicofarmaco inventato da lui-all'essenza di Valeriana-che curava la schizofrenia satanica, chiamato Goccicatullavaleriana e tastato sugli animali da rodeo.Da quel giorno i due non si videro più poi Mattoni fu trasferito a Pisa ed una notte nerissima Villa il nano di sfuggita vide nella città il robusto dottore e poi arrivò in una trattoria dove ragazzi goliardi e culattoni festeggiavano le nozze di due di loro sollevandone uno sul tavolo-e poi smutandatolo-gli imbottigliavano con il collo di una fischetta il buco del deretano-e poi uno dei comparono gli faceva uno spettacolino con un burattino a forma di torre di Pisa fallica con una cuffietta fatta di un profilattico-infine questi-pagato il conto-fatto incetta di bottiglie di liquori-dopo aver caricato le loro chitarre e il burattino a forma di torre pisana sbilenca con una cuffiettina da sonno-partirono sgommando su auto americane color scoreggia-tori-in una furiosa corrida sulle strade di Pisa con scintille e code di fuoco del tubo di scappamento e l'oste esclamò a Villa il nano che era la compagnia detta Dei maialoni della Maremma che poi sulle automobili passavano con il rosso ed avevavano investito un cardinale con la sua amante. 


La torre di Chia
.
Racconterò di un ottobre freddino, -in cui Villa il nano fu portato nella torre di Chia dal poeta Pier Paolo Pasolini sulla Propria automobile, -dentro la quale nei primi anni settanta-quel periodo-lo scrittore si chiuse e s'internò per scrivere su un quaderno incartapecorito il suo romanzo intitolato "Petroiostronzolio"-sul simbolo della merda dei culattoni che il poeta scopava come benzina per far procedere la sua macchina sessuale ed intellettuale.Il poeta e il nano si fermarono ad una botteguccia dal pizzicagnolo detto Aristofanone nel paese e comprarono un cacio di pecorino stagionato-color petrolio-,miele d'acacia ed una fiaschetta di Frascati ed andarono all'interno del maschio a mangiare formaggio fuso con il miele,ricotta con lo zucchero(già in frigo ed in dsispensa) ed a bere vino dei colli romani, poi il Pa lesse un passo del libro dove parlava dei nani detti Pecorana,Greggio di merdadicaprone,il Peclorofilla, il Merda e Cottadelpaparicottadicocotte, che avevano riempito di loro stronzi la tanica sotto una pompa di benzina e questi-solitamente- battevano poi nella notte come lucciolitroii sulla strada di Chia ed accendevano fuochi per riscaldarsi facendo infiammare il fuoco dell'accendino con il gas-scoreggie del loro deretano, prima di tornare a Roma Pier Paolo gliele fece conoscere fermi davanti alla pompa di benzina dall'insegna luminosa dell'Eni con il lupo a sette zampe mentre riempivano il serbatoio dell'alfa con benzina verde smeraldo e profumata come di aceto metallico-e i quattro nani riempivano di baci Villa ed all'atto di vederlo partire con il poeta si fregavano-masturbandosi- il pene facendovi uscire roselline di sperma-scintille di seme-, di cui basta un solo spermatozoo per dare fuoco le ovaie di una ragazza,mettendola in cinta.Durante il viaggio nella notte Villa il nano tirò fuori dalla tasca una scatolina di caramelle-appartenuta al Ranuccio Farnese-che luccicavano come lucciole alle rifrazioni dei lampioni della strada e ne offrì una a Pasolini.



Le cupole
.
Il pittore Sirocchi gobbo e zoppo che chiamavano con il nomignolo di Sirocchio perchè con un nasone bislungo-protuberanza cartilaginosa lunga come un manico di scopa-aveva iniziato facendo l'imbianchino,poi il ciabattino ed infine trasformata la sua calzoleria in bottega da affrescatore aveva fatto il pittore,imparando a dipingere nelle sedute spiritiche,alle quali disegnava e schizzava facendosi muover etrasportare il braccio dalle forze divine ed esoteriche.Così gli era stato fatto un contratto dall'ecclesia di affrescare le miriadi di cupole di chiese e castelli e lì andava con l'allievo detto Acquaragia e il nano Villa-suo servo spremitore di tempere e colori ad olio,così montavano le impalcature,con uno scopino rimuovevano le ragnatelaccie ed infine lui si sdraiava supino su di queste ed iniziava a colorare e le cupole sembravano uovoni nelle quali frullava il bianco dell'albume e il giallo del tuorlo-sue tinte preferite e la notte-loro dormivano sotto-s'intrufolava un neonato di gufo a forma di pulcino,al quale era molto piaciuto un dipinto pregiato,eseguito con un pennello nelle setole terminante a forma di punta di asparagio-in cui era raffigurata una bicicletta ad una sola ruota a forma di sole con i raggi a forma di quelli dell'astro sulla quale pedalava e correva il ciclista pluri iridato e parmigiano Vittorio Adorni.Siccome poi per qualche dipinto libertino il pittore era ricercato dai lanzichenecchi, si muoveva nei borghi dentro il pancione di un gattone sbodenfio e gigante che ogni volta cuciva e scuciva appunto alla pancia la sua moiera sarta per metterlo all'interno e sparì dentro ad una forma di formaggio Parmigiano-Reggiano,poi induritosi e stagionatosi-munito di una bombola d'ossigeno come un sub-caseo e dentro avrebbe intrappreso un lungo viaggio e avrebbe passato le dogane senza essere scoperto ma nel suo cammino il carico di formaggi fu dirottato al castello di Torrechiara dove le forme dovevano servire ad una gara tra lanciatori che per la festa del maschio li lanciavano e li facevano rotolare giù lungo la discesa del feudo dei Rossi e vinceva chi lo faceva arrivare più lontano.Accadde così che il formaggio in cui era nascosto Sirocchi balzò contro una mura e si frantumò in mille scaglie e Sirocchi rimbalzò fuori-tutto incartapecorito- e cominciò a fuggire a piedi.L'affrescatore trovò rifugio in una chiesina delle vicinanze da un perpetuo ed una preta chiamata Esterode e si nascose-chiudendosi a chiave dentro- nella toilette della chiesa dalla vasca a forma di calice gigante dove impazzito con il telefono della doccia telefonò ad un pesce dentro l'acquedotto,al quale raccontò le sue peripezie:Mori lì e fu sepolto nel minuscolissimo camposanto della parrocchia ed il terzo giorno risuscitò ed in latino-misto a bretone parlava con un prevosto cumulato di fianco a lui,esclamando:"missa est the endus",poi con colpo di naso scoperchiò la pietra tombale e con i vermi raggrumatosi sul corpo del prete morto andò a pescare con una canna da pesca dall'amo a forma di volto minuscolissimo dell'Antelami-suo scultore preferito-.






L'upupa e il poeta Montale
.
In piena guerra della resistenza il nano Villa con i nani Cappellettone e Zuclòn erano stati condannati a morte da soldati crucchi ma al momento dell'esecuzione un aereo dalla carlinga bombata a forma di palla da basball gigante con le ali a forma di mazze da basball altrettanto grosse-guidato dal giocatore italo americano chiamato Cunnibalo Basballoni,il quale atterro con una grossa nuvola di fuomo e caricò al volo Villa,salvandolo dalla fucilazione-mentre gli altri due fono ammazzati.I due planarono durante una partita di basball sul diamante del campo in Florida ed una pallina spaccò il finestrino,colpì la fronte di Cunnibalo e gli produsse un'escoriazione-ematoma a forma di pop corn alla pelle.Nel 1927 Villa il nano mandò una cartolina turistica a Cunnibalo,che non ricevette mai perchè partito da soldato fuori età e volontario per la guerra in Vietnam dove in un acquitrino fu mozzato alle braccia ed alle gambe da un bazooka di un vietkong e fu spedito dentro un pacco postale-sigillato,imbottito come un amburgher,guarnito come da Ketchup per una perdita di sangue di un emorragia e recapitato a Villa il nano come un anitra selvaggia della california all'arancia,percè il soldato ferito ed amputato aveva l'amica palla da basball in bocca.I due facevano la spola tra l'Italia e gli States ed ad un lunapark avevano comprato un pupazzo-idolo-feticcio con le fattezze di Elvis Spresley,fatto di gomma masticare ovvero dal corpo di cewingum,con gli occhi di gelatina di CocaCola ed il vestito impregnato di cocaina.O racconterò di una loro avventura in una taverna-grotta scavata nella roccia con i cavallucci marini,ristorantino sotto l'immenso promontorio che prende il nome di Cinqueterre,dove avevano mangiato pesci fritti con una pastella dorata e bevuto Vernaccia color aranciata ed all'alba ad ex ammiragli dell' Arsenale della Marina Militare-diventati barboni-funzionari del monopolio davano la multa perchè questi fumavano mozziconi trovati per terra,mentre il nano Villa e Cunnibalo si facevano lustrare le scarpe da sciuscià del paese di Monterosso con una spazzola di legno dalla testa a forma di poeta Montale e il corpo a forma di upupa con la cresta delle setole a forma dell'uccello o la tipica pettinatura all'umberta del poeta,poi si misero sul ciglio di una roccia a fumare ed incautamente Cunnibalo precipitò giù come un manichino snodato agli arti e morì annegato nel mare.Era l'estate del 1970 e ci furono i mondiali di calcio che il nano Villa vide in un circolo arci alla televisione,seduto di fianco ad un pecoraio sardo-tifoso del calciatore Riva-ed io neonato in culla sentii nel profondo silenzio della mia dimora un autobus che in strada suonava il clacson per festeggiare l'arrivo in finale per mezzo del goal di Rivera-che la nazionale poi perse con i goal del giocatore pelato chiamato Papelè.










Il liquore alla pera
.
In una giornata dalla luce paradisiaca il poeta Montale in compagnia di Villa il nano viaggiava sulla sua automobile alla volta di San Mauro per andare a visitare la casa natale del Pascoli ed ai lati l'autostrada era piena di peri in fiore bianco e lì vide fanciullini come lavoratori stagionali mettere nei lamburdi(rami)bottiglie in cui dovevano fruttare dentro le pere-per produrre un ottimo liquore-sciroppo-come se fossero lampade in cui doveva vitarsi la lampadina-energia che il poeta Eugenio aveva studiato al liceo elettrotecnico nella camera degli esperimenti dal professore energumeno chiamato Eneo Lampaspadone e Villa il nano la notte dopo si era sognato il viaggio come dell'eternità in cui aveva visto sfilare sulla macchina i pereti in fiore bianchi-come guarniti di sete di bomboniere ed i fanciullini,vestiti da contadini che mettevano le bottiglie,come bomboniere,ai rami delle piantine-e questi villici infanti erano riparati alla testa da qualche ombrellino di qualche madamina che così si adoperava a proteggere loro la testa dall'energia solare stordente,mentre questi si asservivano al loro lavoro.








Il guscio di chiocciola
.
Dirò che ad Isidore Ducasse detto Conte di Lautreamont piaceva il combattimento tra Galli-che muniti di speroni d'acciaio s'azzuffavano fino alla morte di uno dei due e simili dispute si effettuavano nel nord della Francia,nelle Antille,nelle Filippine e nel Messico mentre vieppiù a me il poeta Tacete interessa il Palio di Siena come a Rosario Villa il nano che salì su una torre dalla scala a chiocciola-attorcigliantesi come se fosse un guscio di lumaca-sulla quale mentre si arrampicava,incontrò un uomo lupa-iena,dal ghigno della bocca che gli arrivava fin sulla fronte dove aveva calcata una tuba nera,il quale scendeva dopo aver accoltellato con un pugnale una suora dalle membra morbide e molli della polpa della bestiolina che in francia cucinano alla burghignòn.










Il taxi color banana
.
Con l'attore chiamato Albertone Sordimuticiechi-tanto spendaccione e sperperone che sembrava avesse alle mani i fori della stigmati da cui perdeva per terra le monete-il nano Villa giungeva con un taxi color banana del comune di Roma alla trattoria chimata Cottaricotatadellamadona nel centro di Roma dove mangiavano tortelli rosa-perchè alla pasta all'uovo mischiata a fragole- ripieni di ricotta,a forma di cotte di chirichetti e preparati dall'ostessa detta Perpetuonona che li condiva anche con carne di piccioni,picchiettanti il sagrato di una chiesa vicina e Villa il nano se neabbuffava inculando infine con il penino a forma di ninnolino il bagnino del Tevere detto Romaccioni,omone dai capelli per i numerosi bagni nel fiume tinti dalle sue alghe.E il sesso lo faceva sotto una doccia-sputante nel gettito d'acqua accesa datteri di torrente- di Ponte Mammolo.Uno zio di Villa,lontanissimo parente romano,chiamato Conte Cagacassonidamorto-scardinaliziato e che sotto il pontificato del Papa chiamato Rognacalli sulla sua limoausin portava il nano nelle campagne di Caprarola dove nel buio giungeva sulla sua Alfetta anche il poeta Pasolini-ogni volta con un nano diverso-tra i quali quelli detti Carocallo,Pelurido,Ciofolonio,Vescigaretta che si arrotolava il tabacco con al posto della cartina da sigaretta le vesciche dei propri piedi e lo zingaro-un tipo con gli occhi color coccinella dalle numerose iride:i punti fortuna del maggiolino,il chè gli faceva predire perfettamente il futuro-.E con questi tutti delinquetelli ed assassini-"fuori"perchè periziati psichici si masturbava e tornava con provette a forma di cannoli di plastica pieni del seme eiaculato e il poeta aveva trovato una prostituta detta Putaniaromagnavulvatanella che desiderava fargli un rampollo con l'inseminazione artificiale.Questa da giovanissima aveva già partorito ventidue gemelli-l'ultimo figlio dei quali-un certo Romalo-rimasto neonato anche da adultoe bravo nelle arti plastiche aveva foggiato con la cartapesta due pupazzine delle sorelle Kessler le ballerine e calzatole di collant alle gambine in un picolo etatrino foderato di stelline riproducente la notte piccola teneva uno spettacolino nella borgata dentro ad una baracca e con le monetine guadagnate andava poi con Villa il nano nel baracchino a forma di minuscolo Castelsant'angelo da Nello a mangiare il pollo pelluto allo spiedo-pieno di bacherozzi alla pancia e un gelato Mottarello-e siccome il chioschetto era una vera sciccheria-veniva da cliente con la moglie Elsa anche lo scrittore Moravia-qualche volta anche con il clan dei suoi dattilografi-e vi mangiava per di più il bambino futuro cantante Zero,femminiello e dai lunghi capelli.











Il taro
.
Alla sera Villa il nano in compagnia del nano chirichetto frocio detto Inseculisseculorum e il seminarista detto Il ladrapera salì su uno jacht-dallo scafo a forma di pescegatto gigante-pesce autoctono e simbolo nei fondali del fiume Taro-sulle cui acque era ormeggiato il motoscafo,sulla quale si sarebbe festeggiato il matrimonio del conte edile Pizzarotti,ricchissimo del paese di Pontetaro e tra gli invitati c'erano anche mio nonno e i cugini chiamati Mari che mangiarono ad un lauto buffet-navigando il torrende come una coda d'acqua di frac finoa ad arrivare ai pantaloni turchini delle onde del mare-bevendo anche fiumi di champagne-.








Il macinino
.
Due guardie svizzere del Papa-vestite in divisa a striscie color senape,rosse e blu- furono avvistate a Casafaggi salire alla casa castello con torretta di mio nonno,precisamente alla curva detta Del cappello del prete-dopodichè quando furono davanti all'abitazione della dinastia Ugolotti Serveventi venne una nevicata buferosa,come se cani dai denti assassini avessero strappato materassi giganteschi,le cui piume d'oca vorticassero nell'aria come la neve e i due presero a voltolarsi impazziti sulla casa,uno dei due aveva in tasca una cavia dai peli color ricotta-mista a peluria color erbabeta-come un vero proprio tortello-e al topo di laboratorio per mezzo di una radiografia un veterinario- agli organinini interni balzanamente a forma dei momumenti di Parma-il pancreas era a forma del Petitot,il fegato del Teatro Regio,lo scroto della torre di San Giovanni,i due testicoli dellla Pilotta e del Battistero e la cistifellia del duomo-aveva riscontrati dei tumori picoli ed a forma di granelli di pepe nel salame,in questa città nera e grigia stampata nella lastra del dottore e la bestiolina sarebbe rimasta viva massimo tre giorni.Quando la tempesta nevosa si placò-come se si fosse adagiata sul fondo di un souvenir la neve artificiale-mio nonno andò in un pollaio vicino da lui soprannominato Gallilea a prendere le uova che fece sode,una delle quali risultò dentro l'albume bianco a forma di bambin gesù-comestatuetta del presepio-nel tuorlo avvolto in questa sindone soda.Mio nonno esclamò che erano stati incauti-nel non considerare il monte di arenaria di Varano Marchesi-che più umido era più era presagio meteo di pioggia e neve-come si era presentato loro-mentre quando asciutto e secco latore di sereno,caldo e sole-e mio nonno era un meteorologo infallibile più di Bernacca.Poi il vecchio con i due,la moglie Mariogagà,il padre Peppino e una delle venti serve detta Arcizabaliona salirono sulla automobile a forma di macinino gigante-una delle sue invenzioni da scienziato-la quale si metteva in moto sul tettuccio facendo girare la rotella con il manico o il braccio e accendeva il motore con un rumore di una macinata di pepi e partirono.







La puzzola
.
Negli anni trenta Villa il nano era su un verone di un palazzo antico ed affrescato-sito in piazza Ariostea con lo scrittore Bassani e nella piazza si era svolta la corsa delle putte vinta da una culturista detta La Pomposa e si stavano preparando a correre le asine-a cui gli allevatori allargavano la respirazioni o i polmoni cospargendole alle narici di pomate nasali al mentolo detto anche vicxs-ma proprio le somare il raffredore non ce l'avevano.Il nano raccontava al letterato dei soldati savoia dal fucile con le canne a forma di lunghi biscotti savoiardi,che avevano inseguito per un lungo tragitto-dai monti Pelurici della Sicilia-fino alle marche-un brigante nano come un neonato detto il Puzzola,perchè dai grossi baffi a forma di code di puzzola,il quale era giunto fino nei vitigni di Verdicchio,nei cui acini dei grappoli si nascondevano passeracei-sempre in allarme e fuggenti-per l'arrivo di spaventapasseri viventi,vestiti dai proprietari dei vigneti con stracci di contadini-trovati nei casolari in rovina-.Il cronachista-storico pedantissimo-dettoL'Impagliatazza perchè beveve il vino di Iesi in una tazza fatta di paglia impagliata-qualche volta illuminava il suo scrivere la storia pedissequa con vere e proprie poesie-e i suoi libri marci avevano macchie di zabaione-enduti nelle bancarelle del posto.Così narrava che il Puzzola aveva ferito una barbiera gigante come un armadiona e detta La Maestosa e questa per vendicarsi con uno specchio inclinato ai raggi del sole-come aveva fatto Pitagora-gli aveva bruciato da lontano i soldi di carta nelle tasche durante la sua corsa sulle colline di Iesi-terminata quando il piccolo brigante si era nascosto in una culla della nurcery dell'ospedale di Recanati-tra i cui appena nati c'era anche la neonata Silvia-amore non corrisposta di Leopardi-che da graziosa pupattolina aveva un naso carino a forma di orecchino.I sabaudi proprio non lo trovarono più nella notte di luna piena che illumina gli orti-come dice una poesia del recanatese-e selene era fuoriuscita come una poppa di una dea dal reggiseno di una nuvola.Libero il Puzzola fu a Parma in una trattoria a mangiare i tortelli con il nano Villa durante i moti di Ciro Menotti ed incontrò infine il rivoltoso Santorre di Santarosa-di ritorno dal Piemonte-a ciu chiese se era il proprietario del marmellificio omonimo-i cui vasetti di confettura si vendono nelle dispense delle drogherie o che farcivano i maritozzi-sfornati dai forni del regno per i caffè letterari-.I due nani in carrozza raggiunsero Modena-sede degli stessi subbugli-ed all'alba videro canarini-di un vecchio- fuggiti dalla gabbiette scassate dai rivoltosi-beccare le briciole di questi croissant in un mastodontico caffè.







Il calciatore Maradona
.
Villa il nano,il presidente del Napoli chiamato AcciaiolainoMaradona erano andati a visitare le piantagioni di basilico del poeta Leopardi che a Napoli aveva soggiornato-che lì era sepolto e che gli eredi avevano continuato a coltivare fino a quell'epoca-e con alcune foglioline dal profumo meditterraneo-si erano cucinati spaghetti al pomodoro Ciryo-nella cui barattolo c'era un pelato a forma del volto minuscolo di Cirino Pomicino e di Ciriaco de Mita-due democristiani camorristi che avevano truccato tutte le partite del Napoli--come le labbra di un asinello di e sentiva i clacson dei caroselli delle automobili che per tutta Napoli avevano festeggiato il aveva buttato giù miliardi di spaghetti-condendoli con un pelato gigantesco a forma di corasson-per mezzo del suo dissanguamento e il poeta piangeva anche l'eretico Campanella-dal petto a forma di flaccide mammelle bufaline-cotto e bruciacchiato al rogo come una pizza.







I bocconcini di cinghiale
.
Villa il nano arrivò nelle selve di Scandicci dalle siepi con bacche come a forma di bocconcini-fetini di cinghiale ed un gruppetto di mostri tra i quali quelli detti il Norcino,l'Orco Mangione ed il maiale Maremmano-macchiati di sangue dei loro assassini,per mezzo dei quali avevano fatto a pezzi ed asportato a donne vulve,infine il nano su un carozzone-pieno di buratini Pinocchi di un giostraio di Collodi-arrivò a Siena dai palazzi color finocchiona ed in un bazar-pieno di turisti tedeschi in canottiera,pantaloncini da tennis,calzette calzate dentro polpaccioni crucchi e sandaloni-comprò un fazzolettone pacchiano raffigurante-dipinto nella seta-la corsa dei fantini sui cavalli-ed i turisti del paese di Hitler avevano macchine fotografiche con zoom giganteschi a forma di telescopii.con cui cercavano di fotografare sul monte Amiata-su un poggio del quale aveva forma in minuscolo la gobba della schiena del piccolo e gobbuto fantino chiamato Francesco Santini detto Saragiolo-omonimo della protuberanza montagnosa-sul quale un essere abominevole detto il Fratefarfrattaglie-vestito con un saio color fagiolo-faceva a fette le donne.Nella notte invece un bambino salito su un taxi-guidato da una taxista detta la Brunellescona la soffocò con una catenina,alla quale erano appesi tappi della bevanda americana e bollicinata chiamata Cola Cocaterina,poi in una albergo chiamato pecaciotta merdosa guardava alla tv nella sua stanza antichi palii corsi dai fantini Piccolopicio e Piccolomelone o Winegar(Aceto) e Beggar(Barbone)-come li chiamava La guida ingle per i turisti di lingua inglese e le corse siccome erano a luglio per il Palio di Provenzano erano anticipate dalla carica dei carabinieri dai baffi- a forma di muscidi- a cavallo,infine davanti alla botteguccia di vini il nano comprò un vino di Montalcino da un miliardo con i soldi ereditati dal cardinale Vaticagnetta e vide dopo il Palio del 1734 nelle stradine di Siena come in un film passare tre carrozze-celeri di sbirri-le quali avevano sedato cazzottate tra i popoli delle contrade della Tartuche e della Chiocciola e su un'altra vettura c'era su il fantino Santini-mentre il banchiere della banca dei Monte dei Paschi delle pecore aveva fatto scattare gli allarmi con il suono di grugnare di maiali-perchè briganti volevano rubare un borsellino pieno di baiocchi d'oro-che serviva a pagare questo fantino che aveva vinto il Palio nelle chiocciola.Lontana velocissima come una macchina di formula 1 tornava una carrozza a forma di crocifisso-con dentro suore nikilaude sedute negli abitacoli a forma di bracci laterali di croce-e un teppista detto Il Blasfemone cercava di inseguirle per molestarle,un altro mostro di firenze detto il Fiorenzaccio girava per Siena con pezzi di carne tagliata a coscie di donne come se fossero bistecche fiorentine,un altro mostro ancora detto il Maniscalco del team Ferrari-cosi si chiamavano i mastri ferrai ichiodava con il martello chiodi ai piedi di donne come se dovesse montar su questi zoccoli di cavallo.La scena si concludeva con un ragazzo pachidermone,dai capelli riccioloni come fiocchi di lana di pecora nera,screziati grigi color peli di lupa, tale chiamato Brunellone,laureato in piciosofia,perchè faceva abbuffate di pici, dai pollici a forma di acini giganti di grappoli di vite"Brunello" ed amico del fantino salì sulla sua carrozza dove era su lui e quando gli fu consegnato l'ingaggio-fuggirono da Siena.Viaggiando nella notte Brunellone raccontava al fantino gobbo che il pittore Cimabue nel trecento dipingeva ed indorava con una coda di bue usandola ed impugnandola come un pennello.







Lo zucchero filato
.

I nani Villa e quello detto Pelobludasino con un maialaro panzone dal cappellone di coteca cucito a forma di veliero andarono al lunapark-sito su un terreno argilloso-,che inseccolito dall'afa sembrava la luna con i suoi crateri e per di più illuminato dalle luci della fiera sembrava il pianeta lunare luminoso.Villa il nano sostando davanti alle baracche con i baloccchi delle giostre s'innamorò di una lunaparkaia detta Zuccarafilata con un vestito giallo color luna ed un cappello a forma di Selene dalla piunazza su a forma di ciuffo di zucchero a velo e non si staccava più dallo stand del tira a segno e facendo proposte alla donna come di andare a giocare lo scherzo del montone alla cerbiatta su un letto matrimoniale e la signora dai muscoli di seta,dei quali prendeva forma il tessuto del vestito rideva ed aveva soprannominato il nano Jesuis spurcissimus il messia.






Hemingway
.
Villa il nano fu in un cinema gay e vide un film bellissimo su due froci chiamati il primo Sienectutis ed il secondo Stivaloni-il quale calzava stivali,che gli arrivavano alle coscie a forma della crosta terrestre dell'Italia,colorati alla pelle come la una carta geografica in cui erano segnati i capoluoghi,i fiumi e le lomtagne della penisola italiota-.Un nano che nel film impersonava il nano Villa in uno scaffale di una biblioteca aveva spicchiato una copia della Divina Commedia in cui era descritto anche lo scrittore Hemingway-vestito di un camicione con stampata su una selva hawayana senese,il quale si era sparato alla tempia con un fucilone nel bosco reale li sulla stoffa riprodotto e stava nel libro nella selva dei suicidi con Pier delle Vigne-come quello il romanziere americano a forma di albero dai rami a forma di sigari,a loro volta a forma di corna di toro-e un suo dattilografo innaffiava l'humus con bicchieri di Mooito,suo cocktail alcolico preferito.





Il reggiseno
.
Villa il nano ed il pittore detto Acquaragia comperarono in un bar una bottiglia di Vermuth con un sifone selz per fare le bollicine ed andarono sul parapetto del lungo Parma a berselo fumando sigari sbriciolati in una pipa piccolissima e sottilissima-appartenuta a Pipino il Breve nell'anno Mille e comprata in un mercatino di tarabacle all'ambulante chiamato Morto Becchini-.Nel greto videro arrivare con centinaia di pecore un pastore detto Agnellodidiochetoglieipeccatidelmondo con tre pecorai scagnozzi-amici di Pasolini-detti Popòstia,Tettavelata e Tocchitocchi-quest'ultimo vestito di una maglietta pubblicitaria della Galbani con su stampato il cacio dall'etichetta di Gesùforo Colombone,scopritore delle Americhe.Villa il nano e il pittore con un balzo furono nella Parma ed entrarono nell'ovile-buco buio e sotterraneo scavato nel greto arido ed arso per l'estate e pieno di eraccie.all'interno riempitosi di pecore il nano Villa si sdraiò su un letto da re del pecoraio fatto di cavoli ammonticchiati e coperti di un panno di lana,così supino da una pila di riviste scandalose colorate scelse l'immagine di un culturista chiamato Bigjimmy-comparsa sandalone nel film Spartacus,perciò detto Spartagussone-e si masturbò con la foto dalle tinte pacchiane del mensile chiamato Annabella,dopodichè i tre gli raccontarono che il palestrato l'avevano fatto a pezzi con un macete-quando era diventato boxeur,perchè usava la sua atre pugilistica-che a lui era vietata-per picchiarli.Infine nell'anfratto si calarono anche i nani detti Acquagigia e Fontanazampillozoppo e tutti mangiarono pecorino con la marmellata.Un giorno d'inverno dell'anno dopo sulla Fulvia del professor occhialuto Pernacchiari-docente di storia di un liceo scientifico di Parma-che tutto sapeva a memoria-andarono per la ricorrenza di Sant'Antonio Abate a Trecasali a veder bruciare ad una festa dei campi su un falò una poiana fatta di letame e successe che Pernacchiari tirò fuori dal baule della macchina una fiaschetta antica-riempita della pisciata dell'eroe del Risorgimento Pisacane-,conservatasi nella bottiglia per un secolo-che per scherzo e per burla voleva far bere a Villa il nano-e questi e Popòstia esclamarono che il professor sapeva la storia anche non pedissequamente.








Gadda
.
Carlo Emilio Gadda aveva asssunto le dimensioni giganti dello scrittore barocco perchè infante aveva poppato dalle mammelle cocomeresche della madre mastodontica gigantesca latte denso come burro fuso o caglio di quartirolo o gorgonzola dalle vene verdi per la sua apocalittica muscolarità-tipiche screziature muffose di questo formaggio-.Insieme allo scrittore il nano Villa nella campagna brianzolese seguiva la processione della statua gigante del santo chiamato Gorgonsuola-vestito di un cappottone dai bottoni a forma di forme di formaggio- o andava con Gadda bambino- e con la madre di questi donlona erculea dai bicipiti doppi e i tricipiti tripli alle braccia e con lomboni giganti quasi come la Lombardia,dal vestito di seta bianca ed un copricapo a forma minuscola di duomo di Milano- alla fiera del latte-piena di baracconi dove si poteva gustare un bicchierino di latte e caramelle leofilizzate con la polvere dell'ingrediente delle mammelle delle mucche.





La maionese
.
In piena dominazione borbonica Villa il nano arrivò in Sicilia per fare una supplenza da garzone barbiere nella toletteria gestita dal tosino detto Schiuma e lì sfoltiva,pareggiava e curava con le forbici le barbone dei funzionari del regno dei Borboni.Un giorno con il barbiere il nano andò a fare un picnic su una collinetta fuori Palermo dal grosso albero-dalla chioma in estate somigliante ad un gorilla gigantesco e buffo e mangiarono pane tostato,prosciutto innamorato,maionese francese in tubetto da pasta dentifricia e bevvero birre marca Perigiganti,infine arrivarono brigantieri-muniti di rivoltellaccie-,l'uno detto Pecococorito,l'altro Baffa,sulle prima pericolosi poi mansueti si fecero radere i peli neri della barba dal nano e dal barbiere detto Schiuma.




Le cupole
.
Il pittore Sirocchi gobbo e zoppo che chiamavano con il nomignolo di Sirocchio perchè con un nasone bislungo-protuberanza cartilaginosa lunga come un manico di scopa-aveva iniziato facendo l'imbianchino,poi il ciabattino ed infine trasformata la sua calzoleria in bottega da affrescatore aveva fatto il pittore,imparando a dipingere nelle sedute spiritiche,alle quali disegnava e schizzava facendosi muover etrasportare il braccio dalle forze divine ed esoteriche.Così gli era stato fatto un contratto dall'ecclesia di affrescare le miriadi di cupole di chiese e castelli e lì andava con l'allievo detto Acquaragia e il nano Villa-suo servo spremitore di tempere e colori ad olio,così montavano le impalcature,con uno scopino rimuovevano le ragnatelaccie ed infine lui si sdraiava supino su di queste ed iniziava a colorare e le cupole sembravano uovoni nelle quali frullava il bianco dell'albume e il giallo del tuorlo-sue tinte preferite e la notte-loro dormivano sotto-s'intrufolava un neonato di gufo a forma di pulcino,al quale era molto piaciuto un dipinto pregiato,eseguito con un pennello nelle setole terminante a forma di punta di asparagio-in cui era raffigurata una bicicletta ad una sola ruota a forma di sole con i raggi a forma di quelli dell'astro sulla quale pedalava e correva il ciclista pluri iridato e parmigiano Vittorio Adorni.Siccome poi per qualche dipinto libertino il pittore era ricercato dai lanzichenecchi, si muoveva nei borghi dentro il pancione di un gattone sbodenfio e gigante che ogni volta cuciva e scuciva appunto alla pancia la sua moiera sarta per metterlo all'interno e farlo uscire,finchè un giorno con l'aiuto di un casaro si depositò in una campana piena di caglio e sparì dentro ad una forma di formaggio Parmigiano-Reggiano,poi induritosi e stagionatosi-munito di una bombola d'ossigeno come un sub-caseo e dentro avrebbe intrappreso un lungo viaggio e avrebbe passato le dogane senza essere scoperto ma nel suo cammino il carico di formaggi fu dirottato al castello di Torrechiara dove le forme dovevano servire ad una gara tra lanciatori che per la festa del maschio li lanciavano e li facevano rotolare giù lungo la discesa del feudo dei Rossi e vinceva chi lo faceva arrivare più lontano.Accadde così che il formaggio in cui era nascosto Sirocchi balzò contro una mura e si frantumò in mille scaglie e Sirocchi rimbalzò fuori-tutto incartapecorito- e cominciò a fuggire a piedi.L'affrescatore trovò rifugio in una chiesina delle vicinanze da un perpetuo ed una preta chiamata Esterode e si nascose-chiudendosi a chiave dentro- nella toilette della chiesa dalla vasca a forma di calice gigante dove impazzito con il telefono della doccia telefonò ad un pesce dentro l'acquedotto,al quale raccontò le sue peripezie:Mori lì e fu sepolto nel minuscolissimo camposanto della parrocchia ed il terzo giorno risuscitò ed in latino-misto a bretone parlava con un prevosto cumulato di fianco a lui,esclamando:"missa est the endus",poi con colpo di naso scoperchiò la pietra tombale e con i vermi raggrumatosi sul corpo del prete morto andò a pescare con una canna da pesca dall'amo a forma di volto minuscolissimo dell'Antelami-suo scultore preferito-.







Il burghy
.
A Denver in un cottage residenziale John Mokambomboloni-un italo-americano-ricevette la visita di Villa il nano,poi si vestì scegliendo tra i cravattoni giganti arancioni,dopodichè con il nano andò a far visita ad un reduce del Vietnam-ridotto in guerra ad un tronco senza le braccia e le gambe e per mezzo di una carozzina i due lo portarono sulla macchina e girarono e rigirarono la città nella notte-fermandosi in un Burghy ad un distributore di salsiccie e patatine assassinate di Ketchup-.Erano persino andati a vedere una partita di basball e il ragazzo soldato aveva schivato-reclinando il capo-la pallina di un fuori campo del battitore detto Macy,poi si erano fatti sganciare da un distributore Music-sigarette con la filigrana-membrana circolare musicale-che raggiunte dalla bracina delle loro tirate suonavano i ritornelli delle canzoni di Elvis e John aiutava a fumare il ragazzo del Vietnam mettendogli come ad un neonato un ciucio-la sigaretta in bocca dopo avergliela accesa.Ritornarono nella casa di Mokambomboloni e il soldato si fece tirare fuori dalla tasca dei pantaloni un dito imbalsamato di una sua mano disintegrata da un bazooka di un Vietkong e con quello a modi vibratore fecero sesso.John infine aveva divertito molto il monco muovendo con i fili una marionetta di legno a forma di un culturista dai bicipiti a forma di amburgher.Successivamente John portando a casa l'ex soldato per una brusca frenata della sua cadillac giallo camomilla quest'ultimo sbalzò fuori dall'automobile e perse la vita.




















La birra Peroni

.

Villa il nano sul LungoParma nella notte del 1870-anno dei plebisciti per l'unificazione d'Italia e data della nascita del birrificio chiamato Perigiganti- sentì un grande ed argentino scampanellio nel greto sotto- e vide una fiumana di pecore con al collo campanellini-che occupava i due argini di tutto il torrente e gli ovini correvano una gara di corsa preceduti da un pecoraio su un ronzino vecchissimo e zoppo delle truppe passate garibaldine-vestito come queste e da un cane- guida del greggie e il nano si commosse nel vedere questa marea di lana corrente.





Il Totip
.
Villa il nano arrivato a Siena compilava una schedinona del Fantinip o del Totippo mettendo la croce alle casellone sui fantini detti Barbone, Brigante e Pippolone che correvano il Palio di Siena del 1884 sui rispettivi cavalli chiamati Fulmine,Piumetta e Folco.






I quadri da Trattoria
.
Nel paese di Pomponesco-nelle cui campagne nei coltivazioni di Meloni le terre pompavano poponi- in una trattoria piena di quadri naif provinciali,pacchiani e comici-ovviamente all'incontrario dei musei cittadini e metropolitani-Villa il nano mangiava nel locale e gli cadde l'occhio su due tele-una che raffigurava villici e zotici villani che mangiavano patate ed inforcavano la forchetta come se fosse una vanga-ed-un altro che era un autoritratto di un pittore della Domenica detto lo Stronzonaif che si era ritratto su una Motoguzzi rombante-i cui pistoni strombazzavano pernacchioni-con per sciarpona arrotolata al collo un tubettone gigante di tempera.





La Rai
La pantera dell'Apocalisse
.
Nella notte atavicamente buia e scura Villa il nano si recò ad ora fonda a Torrile-zona di porcili-ed entrò nella chiesina e visitò una piastrella-sulla quale lo scalpellino aveva scolpito una deposizione con un maialino in croce-gonfio come un gnocco e detto il Gesuino-con due maialadroni cricifissi di fianco e gli imperatori scolpiti banchettavano in rilievo a base di cotechini e zamponi e Caracalla stuprava la madonna con una vescica di maiale come anticoncezionale.Nella scultura c'era anche l'albero di fichi a forma di uova di cioccolato sul quale penzolava impiccato Giuda.Infine il nano eiaculò nell'orifizio della bocca del messia maiale in marmo rosa di Verona e dalla sborra schizzata dentro-dopo pochi giorni-nacque suo figlio-essere minuscolissimo,chiamato Dopocristicotecone con un penino sempre in erezione nella sacca dei testicoli a forma di zampogna minuscola con dentro due palline come di Natale.Il minuscolo personaggio svolgeva poi la mansione di chirichetto nella chiesa e per hobby pescava in un canaletto scarpe vecchie di un prete che ci aveva buttato l'intera scarpiera e carpe a forma di calici da messa con le squame d'oro.Un bel giorno nel refettorio per un festino il don aveva appeso al soffitto un sacco a forma di pantera-perciò foderato di pelliccia nera lucida del felino-in cui spiccava la testa e pieno di muffe e caramelle e il procreato dal marmo con una lancia lo squarciò e tutti i pupattoli succhiarono le Sperlari raccolte per terra.Poi andò a dormire dentro un lenzuolo di un fantasma della chiesa detto il Lenzuolanzone che russava e lo disturbava.

Piccolissima continuazione
.
Era il 1831-anno di moti insurrezionali-e il don,il nano Villa e il minuscolo figlio mangiavano bistecche grigie condendole con un pepino a forma del volto minuscolo del rivoluzionario Guglielmo Pepe.Nonostante non fosse stata ancora inventata la tv avevano un vetusto televisore dallo schermo a forma di rotonda caciotta che s'intonizzavano sul canale Peco-Rai.







La Coca Cola
.
Villa il nano-ritornato a Parma giungeva sempre in una carraia-inoltrandosi nella quale si arrivava ad un pub chiamato il Bilio pieno di biliardi frequentato da barbieri-uno dei quali era detto Mattosalemme che scravattava e rasava i capelli e le barbe canute ai clienti-e da culturisti tra i quali quello detto l'Ercocacolatore.Successe una notte una rissa-perchè il batbiere detti Tosigaretta e il nano Villa con una stecca avevano grattato il culo del palestrato sopra menzionato dalla pelle abbronzata color coca cola con tatuate minuscole bollicine-che quando gonfiava i muscoli scoppiavano e per una congenita e particolare caratteristica dei tatoo sul pigmento della pelle ritornavano intere.









Al Capone

.

Villa il nano nella notte prese un taxi e si fece portare al Porto di Livorno dove s'imbarcò per l'America su una grossa nave e giunse a New York che appariva dai grattacieli illuminati di luce.Salì su un taxi, dal quale il nano vide in una vetrina di una libreria italo americana il romanzo intitolato I materassi del Palio di Siena-e il libro parlava del vecchio,vecchietto e vecchino detto Caciucchino che zoppo con un bastone dal pomello d'avorio a forma di forma di pecorino-mancante di uno spicchio-la presa della mano-e con in mano una lanterna accesa aveva trovato di notte nei boschi del monte Amiata il corpo morto di una sarta materassaia,la quale con un equipe di altre cucitrici aveva foderato e foggiato i materassi per la curva San Martino al Palio di Siena del 1834 e ciò era descritto come un regolamento di conti perchè la Ludovica-con la Ditaloni e l'Aghema-le altre due rammendatrici-aveva imbottito e poi cucito per la ditta di cuscini e materassi chiamata Mater dei Cubiculari tra i fiocchi di lana di pecora un bambino assassinato.Ma il taxi correva e fu vano fermarlo.Il nano si diede appuntamento con un ex dentista-divenuto industriale di gomme americane da masticare,con cui stipulò un contratto di esportazione del prodotto in Italia,il cui boom sul mercato doveva pubblicizzarlo lo spot del teschio batti i denti e nelle pizzeria dove avevano mangiato videro il malavitoso Al Capone salire su un'automobile matrioska-fatta di dieci macchine l'una dentro l'altra-per riuscire impenetrabile ai proiettili della Policeman-guidata da un suo autista.Il nano in quel soggiorno negli States si dava la brillantina,vestiva un vestito color cocaina e calzava scarpe di pelle lucida color pizza-comprate da uno scarpaio di colore nel quartiere dei neri.


Le catacombe
.
La notte di San Giovanni del 1938 a Roma-per la festa della ricotta-due giovani avvocati chiamati di cognome Mammoli e Tuttelestradeportanoaroma portavano le loro fidanzate-due gemelle ragazze bambolone con ciascuna sulla guancia un neo e dai galloni giganti dai polpacci gonfissimi sui tacchi a spillo-in trattoria e mangiavano-serviti da camerieri in divisa dai bottoni a forma di minuscole botti e dove giocavano a zara in compagnia delle loro fidanzate con dadini riproducenti i cubiculi minuscolissimi delle catacombe che quando li lanciavano sul tavolo-sembrava uno sconvolgimento-un terremoto-della fine del mondo per gli inumati mignon che c'erano dentro.
La paella
.
Nei sotterranei della metropolitana di Barcellona Villa il nano ad una fermata salìul vagancino insieme ad una mamma bionda color ramarro giallo con dentro il passeggino un neonato gonfio e paffuto chiamato Torronuccidio Torrorrida-re degli omosessuali-.Villa il nano riemerse dal cunicolo del metrò per mezzo di una scaletta nella città dove vide in un'abitazione dentro una finestra in una gabbietta il pappagallo-del dittatore Franco-dall'implume color sangue di diverse sfumatore rosse-poi il al nano continuando a camminare si ergeva uno stadio da corrida detto il Muciacia-stabile a forma di deretano di toro con l'orifizio del sedere a forma di cunicolo per arrivare agli spogliatoi dei matadores ed impianto mosaicato con pietruzze della forma e del colore degli ingredienti della paella catalana:riso giallo,gamberetti,piselli ecc.ecc.Saltò fuori un nano dal basco color liquore Porto che urlava che era stato incornato ed ammazzato dal toro il miglior torero di Spagna detto il Nacheruto.Invece nelle strade della città un camioncino di un bar-girava facendo pubblicità all'aperitivo moiito con su un busto di terracotta dello scrittore Hemingway-dalla bocca del quale zampillava come da una fontana la bevanda verde-uscendo da una beccuccia a forma di suo sigaro-.Infine Villa il nano entrò nella casa di un bambino spagnolo ed accendendo un mappamondo luminoso scoprirono che la Spagna era a forma di velo di torero.Da quei lontani tempi gli anni volarono finchè Il nano si trovò in un lunapark a limonare una ragazzina chiamata Melania dal giubbotto da dj foderato di perline a forma di minuscoli dischi in vinile e l'altoparlante delle giostre suonava la canzone di Pupo intitolata Gelato al cioccolato.
La caffettiera
.
Villa il nano entrò all'alba nella cucina del carcere di Regina Coeli a Roma dove stavano preparando il caffè per tutti i detenuti con una caffettiera a forma minuscola di bisnonna Peppina.
I teschi
.
La notte perdurava per parecchi giorni ed i pipistrelli a forma di api nere succhiavano i fiori morti e sgualciti per il buio e depositavano il miele cadaverizzato dalle cellette a forma di teschi mentre un nano malefico detto il bue svegliava in un cimitero i becchini dormienti dentro gli avelli che cominciavano a correre e a ballare con le loro bardane sugli orifizi dei deretani dei cadaveri.Un bacherozzo a forma di bombolone e color caffè veniva mozzato ed ai moncherini bruciato da bambini vandali.Lo scrittore Kafka invece scacciava i pupattoli malefici e fa scappare volando lo scarafaggio non prima di avergli fatto bere nero caffè da una tazzina.Davanti al camposanto Michelangelo Merisi stava dipingendo una natura morta:una tavola con posata una canestra piena di grappoli dagli acini a forma di minuscoli teschi e un poeta dei pidocchi e della morte cronometrava con un orologio cipolla a forma di teschio la gara di corsa dei becchini.In un porcile vicino maiali ingerivano ghiandole umane e Villa il nano entrava in un cinema campagnolo chiamato Cadaveritz e bevendo Cocacola color pellicola cinematografica sgranocchiava pop corn a forma di minuscoli teschi e il nano attorno alla strada del camposanto aveva girato su un taxi dalla carozzeria a forma di teschio guidato da un taxista bolognese e grasso teccio chiamato Mortadella,poi improvvisamente-dopo tante notti susseguitosi al posto del giorno-stava nascendo il sole come un'immensa palla di letame innaffiante di sisso i campi in cui subitamente cresceva il grano-precedentemente dai chicchi a forma di teschini e i becchini danzavano.
Parte seconda Lo scolaro asinello
.
Con il nano detto Analfabeto,scolaro asinello della prima elementare il nano Villa passò a Bologna alla Torre degli Asinelli-turrificazione-libreria con una serie di vetrine verticale in cui lo scrittore detto Fabubbolo vendeva libri surreali riscritti in maniera surreale da lui e vide i irPromessi Sposi due Gay:Renzoo e Luccialo si volevano sposare e nel libro oltre più intitolato Le Illuminazioni di Rimbaud l'autore si descriveva sparare ai filamenti con un fucilino elettrico per accendervi la luce.Infine nel libro di Leopardi intitolato Il Pappagallo solitario-sorta di passero battuffollone gonfiolone e gigante dall'implume variopinto come quella di un uccello tropicale-il quale come in un trasloco-nel suo andirivieni volante-ramava con il becco a forma di conchiglia nella casa del poeta comodini,librivasetti di inchiostro,sofà e in più qualche nido di tagliatelle napoletane da farci covare le uova se trovava la cocorita morosa-e li portava su un albero per ammobiliarlo ed era ricercato dai custodi di Monaldo con lupare.
Il killer
.
Il bibliotecario dagli occhiali con lenti grosse e spesse come due mozzarelle e chiamato Pergamenapoli-vestito di un abito bianco da Pulcinella con stampate macchie sferiche e rosse con chiazze bianche a modo di pizze.Alla fine degli anni ottanta si racconta si fosse trapiantato gli occhi azzurri e smorfiosi di una ragazza napoletana come lui che glieli aveva donati-come aveva scritto prima di morire-ed all'epoca il librista fuggiva da Napoli-ricercato dalla polizia per aver partecipato ad una organizzazione a stampo camorristico che aveva truccato le partite del Napoli Calcio di Maradona-che così favorito aveva vinto lo scudetto-.Era partito su un treno nella stazione Partenopea mentre su una banchina un ambulante-venditore di caffè-con una caffettiera in testa a forma di tuba reclinando il capo lo versava nelle tazzine a gente che aspettava il proprio treno.Arrivato in Sudan vendeva libri dalla copertina color senape-ed aveva adottato una bambola dai seni piccoli a forma di datteri-alla quale cantava la ninna nanna prima che si addormentasse-ed era diventato marito di un uomo chiamato di cognome Gliominisudan e portava il cappellino a forma di papalina chiamato Fez.Una mattina un bambino donò tanti libri alla sua libreria ed un aiuto-commesso in sua assenza li impilò negli scaffali.Successivamente il napoletano-avido di conoscervi il contenuto ne sfilò uno intitolato I compagni di classe di Montale dell'istito elettricisti ma il volume era una specie di scrigno-vuoto al suo interno di pagine-al cui interno c'era un topo-con i denti a forma di minuscolissimi libbricini montati sulle gengive come una piccola bibblioteca-.Successe che quando Pergamenapoli aprì il libro il topo lo freddò con una pistola che gli conficcò nel petto un proiettile-microchip di un audio libro il quale dentro la sua carna per mezzo di una suoneria con la voce di un attore ne recitava il contenuto.Infine il topo nascosto nel libro-dentro cofanetto vuoto-saltò fuori e fuggì dalla libreria.
Il canile
.
Lo scrittore Pasolini andava a prendere alla Stazione Termini e li caricava sulla sua automobile i nani detti il Girino,Lo Ainacotta-chirichetto dalla cotta fatta di pelle d'asina cucita in quella foggia parrocchiale ed ecclesiastica-il Cagalera e Cuccacaccagna,ilquale odorava di cani bastardini perchè dormiva in un canile,il cui custode era il nano detto Raneo dal neo-porro a forma di rospo e li sonnecchiava anche in compagnia di un barbiere per cani detto il Canditosino perchè dopo aver tosato i cagnolini li tingeva color dei diversi canditi ai peli ed a notte fonda-tutte le nptti- arrivava il nano detto il Monchiostia-ai piedi ed alle mani monco-tagliato dallo sbarbacani così agli arti perchè un giorno aveva fatto troppo lo stupidino-e davanti alla baracca-canile il moncherino con il nano detto Ratta tiravano geroni che precipitavano sul tetto di lamiera svegliando i poveri cani e poi fuggivano.La meta di Pasolini ed i nani era Caprarola ed una trattoria dove mangiavano pecorino puzzolente fuso con il miele,poi Pasolini li portava in un acquedotto-fortezza dove se era estate bevevano acqua gelida e densa come panna che zampillava da una beccuccia gigante a forma di bicipite fuso in bronzo dallo zuccari-artista che aveva lavorato strutturando l'idraulica dei fontanoni nel paese.I nani amici omosessuali di Pasolini altri detti Cicca, Cynarinaldone, Papezzodimerda, Remaromalone-ai quali qualche volta si aggiungeva Villa con lo scrittore andavano a far visite per esempio ad uno scittore maccheronico o ad un gorilla(versione moderna il bodygard) nelle zone limitrofe a Caprarola.Dopo la morte di Pier Paolo Pasolini Villa il nano era andato con un pupattolone-che faceva collezione di Fumetti Arvicolini della Walt Disney-all'elezione del papa Carolone in una piazza piena e stipata di folla.Di fianco ai due-mentre sulla folla volavano navicelle Ufo a forma di sottilissime ostie-c'era una maga bolognese detta Magaragù che predisse con i tarocchi che il Papa anni più tardi sarebbe stato colpito da un proiettile sparato da un certo Alìaciak e che all'interno del Vaticano spie di Gorbaciov avrebbero fatto volare cimici artificiali capaci di trasmettere agli alti vertici del partito sovietico i piani del Papa.Ricorderò inoltre di Villa il nano nell'immediato dopoguerra nella Roma felliniana-dalle trattorie di notte piene di scrittori e artisti-la più frequentata era la locanda detta La scrofa di Catullo-e il nano con un macellaio gigante dai pollici grossi come maniglie di un portale di chiesa andava di notte dentro il colosseo-costruzione a forma di costole toraciche-dove nel buio vagolavano e vagabondavano doppie luci:gli occhi dei gatti che il beccaio catturava,metteva in un sacco per poi pelarli in macelleria e venderli come conigli-e con i soldi guadagnati andava in balera a ballare le fisarmoniche con il suo moroso:un uomo basso,tozzo dal petto somigliante a due mammelle-che lavorava per Fellini come comparsa a Cinecittà e si travestiva da donna con una parrucca Raffaeliana Carresca e color sedano.






Le coltivazioni di patate
.
.
All'epoca del suo sregolamento dei sensi il poeta Rimbaud era stato per interi mesi a dormire come una talpa vergine nel suo letto e con lui giaceva insonnolito anche il nano Villa-al quale il veggente in dormiveglia-con uno sfilatino di burro-conservato dentro un peluche a forma di talpino-che navigava con loro sul vascello del sonno-dalle lenzuola-vele-dalle quali spuntavano le tre teste di questi-e come se fosse vaselina lubrificava le pareti del deretano del nano e selo scopava.Il nano alzandosi dal suo torpore sonnifero-uscendo come dal tunnel buio di un casolare su un campo coltivato a patate frittedai raggi del sole-lesse nei taccuini poetici del poeta una poesia che descriveva sulla Senna navigare un battello a forma di pomo da terra gigante-adorno di finestrucole e pieno di musici-tra i quali un ballanzone clavicembalista-di pittori fiamminghie appunto dei poeti Verlaine e Rimbaud in persona-compreso Villa il nano-.L'imbarcazione navigava nella Senna di cui lo scafo speronando tagliava l'acqua ghiacciata-mentre sulle banchine al freddo stravaccati dormiva qualche bohemien,mimo-prestidigitatore e artista da strada-,il barcone così inforcava giganteschi arconi dei ponti a forma di mastodontici palazzoni.Mentre i tre erano descritti con alla cintola cartucciere da cacciatori-nelle quali anzichè cartuccie da sparo erano infilate per i bocchini un sacco di pipe e ogni tanto ne sfilavano una,la caricavano di tabacco e la fumavano.








Il caviale
.
Villa il nano si sognò di essere disteso e coricato sui mucchi di arancie dell' Aranciaia di Marialuigia e di sognarsi su una carrozza-sospinta da un cavallo color zabaione- con lo stalliere della duchessa detto Furiapietranera-perche dalla pietruzza nera montato su un anello a forma di carota scura e minuscola-a sua volta a forma di masseterino di cavallo-in compagnia della mamma mammolosa e nana e viaggiando videro nella strada di fianco alla chiesa della Steccata-gazze-contrabbandiere-venditrici della Gazzetta di Parma-che avevano nel becco a plichi di cinque-e Villa il nano lanciò il suo anellino dalla pietra violacea a forma di violetta e una di queste uccellaccie bianco e nere planò sul finestrino e gli consegnò il quotidiano-non prima di aver per mancia beccato il gioiellino da ladra di gioellini preziosi luccicanti.Si sognò successivamente con il poeta Leopardi nel quartiere dei conventi a Parma all'interno di un monastero dove all'interno delle sue stanze  vedevano topini minuscolissimi e neri come uova di lombo(caviale)-muniti di code lunghissime-ed ad una cena sontuosa una suora imburrandosi una tartina di burro inghiottì diverse arvicoline-le quali ivadendo il tavolo si erano posate su quella parte bianca e cremosa-confondendosi con la prelibatezza russa del caviale-.Poi la visione onirica del nano terminava nel Dopoguerra con la veduta  della vetrina di monili-proprietario l'oreficie Filippo Galli-amico dell'allampanato,magro ed altone scrittore Mario Colombi Guidotti-davanti ai gioielli della quale tre gazze facevano molta gazzarra-molte di queste durante la seconda guerra Mondiale morte ad aspettare orecchini-creduti sfuggiti ai lobi di donne dee-ma lanciati dagli aerei bellici alti nel cielo-invece bombe scoppiate addosso alle gazzeladre-.







Mario Luzi
.
Il poeta Mario Luzi conversava con l'edificio della chiesa di Santa Maria del Fiore che gli rispondeva con una nuvola a forma di fumetto-a sua volta a forma di giglio-nei cui pistilli neri a forma di lettere era scritta la risposta alla sua domanda-mentre in Piazza della Signoria il nano Villa salito sul basamento della statua del David di Michelangelo gli baciava il pene-scolpito perfetto nel marmo-.






Lo champagne
.
Quando morì il barbiere detto Bulbiferopelo,del quale Villa il nano era un dipendente-la barberia fu comprata da un tolettatore chiamato Forforasoio ed un giorno entrò un barbone ricchissimo-al quale i nani garzoni coiffeur Villa e quello detto Lametta o il Lama del Perù fecero la barba,poi con il closhar stramiliardario e vestito di una radingote verdina-fatta di dollari di raso-con stampate le figura delle banconote-girarando e rigirando su un taxi Parma finirono al night-dal giardino grazioso e chiamato il Marchese del Grillo-.E qui il signorone barbuto comprò un prostituto dai boccoli color croco inanellati detto l'Uovaiasodomita-per farlo scopare a Villa il nano ed appena il nano entrò in una stanza per fare l'amplesso con lui-per impedirglielo spararono in aria con una pistola i cui colpi  risuonavano come i versi dei grilli in una notte d'estate.I tre-più il puttano in libera uscita risalirono sul taxi che li aspettava fuori e ritornarono a girare per Parma-sperperando soldi nei bar e lanciandoli dai finestrini dell'automobile-fino a farsi portare nella casa antica del closhard-dove giocarono a risiko con soldatini piacentini a forma di fagioli e pisarel di due opposte fazioni e qui Villa il nano vide una finestra foderata di tappi di champagne a forma dei volti dei piloti di formula uno da Fangio a Niki Lauda-che questi avevano dal podio lanciato sulla folla dopo aver stappato i bottiglioni al Gran Premio di Montecarlo ed il barbone appassionatissimo delle corse non mancava mai di fare una doccia di vino tra gli schizzi dei brut francesi-.








Il film in bianco e nero
.
Villa il nano entrò in una cameretta del refetorio di una chiesa di campagna dove dormiva il prete minuscolissimo e gobbino chiamato don Evangelatinadicappone e nella stanza c'era una televisione che trasmetteva un film dell'immediato dopoguerra-in bianco e nero-i cui attori erano i più famosi personaggi del cinema italiano e della tv e le comparse gli scrittori romani.La scena che capitò al nano di vedere era un piccolo vicolo strettissimo di Roma-una specie di buseca gigante e forata in muratura in cui un greggie di pecore belanti-guidate dal pastore e dal cane-metà lupo,metà agnello-nato da un coito cineovino tra un pastore tedesco ed un'agnellina-passava davanti ad una trattoria luminosa internamente nella notte-chiamata il Panzone-già soprannominata da Trilussa il poeta Diecichilometrilitri e frequentata dal leggendario atleta dei quattrocento metri Fiasconaro-e dove stavano mangiando ad un tavolo Moravia,Pasolini,Fellini e Sandro Penna ed ad un altro La Lollo,La Loren e Alberto Sordi e come succede in una favola il nano salutò il reverendo ed entrò nella pellicola e nel film.E fece ingresso nel locale-mentre stavano sopraggiungendo nel locale anche un amico accattone di Pasolini che cominciò ad ingollare scalfetti di Frascati e si fece preparare dal trattore detto il Tripposo due paninoni a forma di cupole romane e mentre gli stornellatori ubriachi pizzicavano le corde dei loro mandolini suonando baglioni di note di canzoni romanaccie.Nel locale erano poi posate su mensole stravecchie teste imbalsamate di caproni somiglianti al Cristo barbuto della sindone con in bocca-come spinelli-gambi di mammole.Villa il nano conversò con quella gente dell'avance spettacolo ma con quella scena si concludeva il film ed il nano fu sputato da un proiettore della Rai in una strada della città eterna:Roma n  lla notte e girò e rigirò-vestito di pelo di lana di pecora nel quale si erano intrappolate lucciole che lo illuminavano intermittenti- finchè non fu caricato sulla macchiana dal poeta Pasolini e l'automobile era carica di nani omosessuali-questi detti il Pecorano Cazzomaometto,il Rana,il Rospo e Vaffanculo-un tipo al quale in un alterco con uno sbarbacani della Magliana da questo gli erano stati asportati con una forbice tutte le dita-meno i due medi-e con l'intellettuale erano diretti ad Ostia in una carraia di erba-mista a limo di Nilo fatto di merde e lo scrittore appoggiati al cofano della macchina li scopò tutti.



La passeracea
.

Ad Eia nel paese dei carnevali sul fuocone del falò fiammante e fumante svolazzava una passera gigantesca cipa pallona e gonfiolona di quelle dimensioni di piume nere,pelose ed a forma di vulva-nel cielo color borotalco come una macchia di tumore in un polmone cielico e bianco di foschia di Dio e con una frullata di ali scriveva con i piumini scuri, persi e svolazzanti nel cielo bianco il menù della trattoria vicina del paese dove i nani Villa e Manzevale andavano a sorbire il brodo di formiche-condito di piselli come di coriandoli verdi.





Il presepio

.

Per le vacanze natalizie Villa il nano dalla finestra della sua abitazione vedeva arrivare per le due ricorrenze della festa della luce Santa Lucia sull'asinello e la befana sulla scopa volanti nel cielo turchino trapuntato di stelline per la nebbia come ragnatelate di zucchero a velo e nel periodo del presepio come il bambinello nella natività il nano Villa era scortato da un bambino con le orecchie lunghe da asino e da un uomo bue tozzo e tarchiato ed andava nella notte dove sorgeva sul Po la villa a forma e color di una caramella al limone gigante con i vibratori plastificati-portatigli in regalo dalla santa cieca e dalla brutta vecchia con il naso lungo,bitorzoluto e le scarpe tutte rotte-uno dei quali era a forma di linguone di vitello-per fare sesso incestuosamente con lo zio Gosinoni-che abitava in quell'abitazione sul Padus che nella notte con la nebbia sembrava un tazzone di cioccolato guarnito di panna su ed appunto lontano luceva quella casa-caramella gialla.







La roba

.
Una notte bianca-perchè su un night da un aereo del cracket della droga portoricana-essendosi aperto uno sportellone nella pancia del velivolo che sopra lì sorvolava-era caduto un immenso carico di polvere da sniffare e gran quantità di foglie di Coca-come neve e foglie secche in autunno-Villa il nano vide imbiancarsi il giardino mentre cercava di redimere una trans graziosa, muscolata,profumata,con i tacchi a spillo ed una pochette minuscola ed a forma di biscotto-in cui c'era dentro un rossetto e qualche valore personale in un separè carino come un confetto ed il bigliettaio era corso fuori a sniffare la neve.







La terra rossa del Roland Garros

.

In quell'epoca Villa il nano fu invitato dai più bravi giardinieri del Regno Unito all'inaugurazione dello stadio tennistico di Londra chiamato Wimbledon dove per iniziare le partite del secolo tagliò un filo d'erba con una forbice e il giardiniere detto Grass lo zoppo-che aveva montato uno spaventapasseri,applicandogli per naso una pallina peluriosa e gialla da tennis per scacciare dal tappeto erboso corvi della Cornovaglia-gli raccontò che al Roland Garros,stadio intitolato all'aviatore della prima guerra mondiale-che portava quel nome e che sparava con mitragliere montate alle eliche-guidando aerei a forma di cicogne-lo scrittore Proust andava nei gazebi interni all'impianto a sorseggiare bibite variopinte del Tropico e le prime boccete di Coca Cola abbronzata di caramello e il nano potè confermare il fatto ed aggiunse che i cumuli di terra rossa depositati lì per il facimento rullato dei campi-un giorno di bufera di vento avevano riempito come fard di trucco di donna-i boulevard di Parigi.






Le lucciole
.
Il capraro nano detto Caccapra un bel giorno invitò il nano Villa, il culturista detto il Principe del bicipite-solo uno perchè monco ad un braccio e il prete chiamato Geneve Geniovesi nel buco sotto la terra del torrente Parma adibito ad ovile dove un sacco di lucciole si erano impigliate nella lana delle pecore lì sotto illuminando l'oscurità come minuscole palline di albero natalizio dalla luce intermittente.Caccapra illuminò inoltre l'ambiente buio con un fuocone.su cui rosolò una pecora e fuso pecorino con il miele,poi si calarono nell'anfratto anche il nano detto il Rospopacchiarano e quello detto Pittricicavalletto,un pittore vestito di un frac color ed a forma di cavalletta ed infine nell'antro rosso fuoco infernale con le pecore luminose giunse anche il nano detto Amospoetio Letteraturacciola,avido e goloso divoratore di tutta la letteratura scritta fino a quel giorno tenendo sotto un braccio un libro scritto da Isidore Ducasse e così questi diede loro lezione di saper tutti gli schemi degli scrittori e recitò una poesia del Carducci.Poi i nani per scherzo bruciarono il principe sui tizzoni-dove avevano cotto la pecora-spingendolo a forza dentro il fuoco dopo averlo inculato mettendo dentro la cappella del profilatico-per farlo godere di più-la bargnocla del burattino così chiamato come una ciliegiona dura.


La palestra
.
Villa il nano si ricordava quando con i nani Caccapra-poi morto dal barbiere quando si era andato a far radere la barbetta come di capretta-Caciequino,Ecclesiarcapret e Luciucciolo-con cui correva gare sulle pecore-andava a caricare davanti alla palestra di body building chiamata La spinacio culturisti tunisini,libanesi ed afghani-ammoliati con donne culturiste più gonfie di loro e profumatissimi di afrori all'essenza di fiori dei loro paesi e tatuatissimi di disegni di tatoo che si gonfiavano quando tendevano la muscolatura e sulla macchina di Villa il nano li portavano alla pizzeria La cuccagna dove il pizaiolo Giagnone sfornava loro la pizza con una colata su di ricotta e poi li scopavano sotto il ponte Dattaro picchiettato di conchiglie attaccattesi ai piloni di sostegno ferrosi ed i nani avevano bruciato,imbrattato di fango e storpiato con il cricket dell'automobile le membra di alcuni di questi-il cui preferito da Villa il nano era il palestrato vestito di una camicia gonfia e verde spinacio dagli alamari a forma di foglioni di bieta e soprannominato il Tortello ripieno di culo con gli slip a forma di tortellino gigante bolognese.Il nano poi saliva sul furgoncino della Gazzetta di Parma-guidato da Edicolo-e consegnava i quotidiani profumati di stampa-alle varie giornalerie.

Il fioretto
.
Le notte del 1920 Villa il nano con lo scrittore Proust le passava a bere amari in uno scantinato nel bar adibito a circolo della scherma-dove atleti vestiti di bianco si schermiva con i fioretti e le mascotte del club erano due pesci spada che in un acquario-riempito di acqua salata-come fiorettisti si colpivano con i due ossi del naso-.A notte fonda i due poi andavano dal trattore Popò a mangiare rane fritte in una trattoria della Bassa chiamata L'Uragano-dove in un quadro erano raffiguarati loro due all'interno del locale a mangiare-mentre fuori era dipinto un uragano con pennellate lelanterne e le insegne traballanti dellla trattoria per il vento,i fulmini illuminanti la grandine color granatina al limone e le immense goccie del diluvio scintillanti come ali di libellule con il diavolo in carrozza sferragliante di boati di tuono era dipinto il malefico e giovinetto poeta Isidore Ducasse.Ai due-tutte le volte che ci andavano a mangiare-compariva un contrabbandiere di sigarette dal tabarro fatto di larghe ali di cicogna che raccontava loro barzellette sui mosconi che si posavano su un isolotto del Pò-enorme stronzo di terra-dove l'oste coltivava poponi.



Il discorso del Duce
.
ia Roma mentre due accattoni detti Caccattone e Cassatacula-vestiti di abiti sporchi-il primo sandaluto con una divisa da ferroviere regalatagli da un dipendente delle ferrovie-l'altro con un frac color cassata siciliana-rubato da un guardaroba di Cinecittà-gli chiedevano sigarette marca Smokiller.E sempre quell'anno ad un discorso baritonale e forte del Duce-dal profilo-barile-ovvere con gli zigomi a forma di due piccoli botti-in Piazza Venezia-stipata di folla-il cielo macchiato di nubi a forma di maccheroni giganti alla ricotta-Villa il nano nella calca assistette all'arresto di abissino detto Abissoabembolone che voleva sparare a Benito Mussolini e poi il nano conversò con un avanguardista-vestito da Balilla-chiamato Bonificazzo Dell'agrumopontino-dagli occhi color paludi-e il nano gli diventò tanto amico che Bonificazzo lo invitò nella sua casa di Via Margutta ed anni più tardi lo portò anche nella sua seconda abitazione a Comacchio-tutta tapezzata di nero color del fascio-dove gli fece sentire su dischi in vinile i discorsi del Duce da un grammofono-dal braccio a forma di anguilla con la puntina a forma di suo dente.

I libri surreali
.
Con il nano detto Analfabetio-scolaro asinello della Prima elementare-Villa il nano passò davanti a Bologna alla torre degli Asinelli-turrificazione con una serie di vetrine verticali-in cui lo scrittore Fabubbolone aveva riscritti surrealmente libri di grido e vide I Malavoglia in cui pecorelle a forma di pesci abboccavano lenze con infilzati lupini vegetali,nei Promessi Sposi due gay:Renzoo e Luccialo si volevano sposare e nel libro Le Illuminazioni Rimbaud dentro ad una lampadina gigante sparava ai filamenti per infuocarli con un fucilino o nel libro di Leopardi intitolato Il pappagallo solitario-sorta di passero come un batufolone gonfiolone e gigante dall'implume variopinto come un pappagallo-il quale come in un vero trasloco nel suo andirivieni volante ramava con il becco comodini,libri,vasetti di inchiostro,sofà e in più qualche nido di tagliatelle napoletano-da farci covare qualche ovone se avesse trovato la morosa-e li portava su un albero ammobiliandolo ed era ricercato da un antico e perduto custode del letterato.Infine in un libro maledettissimo si raccontava di un immenso penitenziario in cui il galeotto detto Aids-perchè siero positivo-usò un topo come esca per richiamare un cobra che strisciò sui muri della galera per papparselo ed infine accoppato dal recluso fu usato da fune per calarsi giù e nella notte siccome il carcere era sito su un'isola il peninteziariato fuggì mettendosi a nuotare e nel libro era contenuto il seme di questo ergastolano-con il quale nel momento esatto che fu freddato dalle guardie-lo sperma disseccato con acqua dalla pagina ed inseminato nelle gonadi di una donna che partorì il figlio-.



La cupola del Correggio
.
Villa il nano ritornato a Parma sulla Gazzetta veniva riportata la notizia-di cui lui era già al corrente-di una rissa cruenta tra due abati-l'uno chiamato Maialardo,l'altro-brutto come una iena-chiamato Sperma Porcodio e il primo dopo aver spinto il secondo nelle cantine del San Giovanni(chiesa)l'aveva percosso e colpito con le impalcature arruginite-che erano servite all'Allegri il pittore per dipingere la cupola ed erano dal cinquecento depositate lì e Sperma colpito e grondante sangue traballò fuori la chiesa fin sul sagrato dove era montato il tendone del circo chiamato Oronanettinanaifeiconfetti e macchiò così la bula delle goccie del suo sangue dentro la pista mentre il bigliettaio detto il Coccoaino strappava i biglietti con il bollo del monopolio circense all'ingresso e Villa il nano spiava da fuori i coscioni muscolatissimi-a forma di polmoni giganti, gonfissimi e neri di fumo-di una trapezzista nera.Mentre dentro l'anticamera del tendono rosso color tomato o marmellata d'albergo in un gabbione un elefante gigante si masturbava la bardana con la proboscide-posta in mezzo ai gamboni-come facendosi un pompino per il deretano di un elefantessa.



I coriandoli
.
Il Milan calcio dopo una partita internazionale tornava atterrando su un aereo a forma di coppa dei Campioni e Villa il nano scendeva dalla scaletta dell'aereoplano a braccietto del trio dei calciatori detto Grenolì e con il magazzinieri dei pallono-un certo Lidolmo,grosso quanto un olmo-andava in galleria a Milano in una tabaccheria-la cui tabaccaia si chiamava Alsazia-e comprava tabacchi,infine andavano in un caffè e si facevano servire dal barista detto Madunina due caffè.Va detto che per mezzo di un cunicolo sotterraneo-passaggio segreto che attraversava sotto terra tutta Milano-il cameriere Madunina giungeva fin sotto alla Pinetina-campo dove si allenava il Milan e sita in una pineta-ed uscendo da una botola,il cui buco era sotto il dischetto del rigore del terreno di gioco-portava il caffettino su un vassoio a Rivera mentre il giocatore stava battendo un penalty.Nel lontano febbraio di quell'anno Rocco e Rivera erano immortalati nei pupazzi di cartapesta della loro forma dei carri in maschera del carnevale di Busseto insieme all'interista Mariolino Corso di cui aveva la forma un pallone di cera perchè il calciatore calciava punizioni smoccolacandela.L'allegoria dei carri carnevaleschi si concludeva con il funerale del reverendo chiamato Busso Tirabusseton dentro ad una bara di legno intagliata a forma di dolcetto sgonfietto gigante e il nano applaudiva mentre cadevano fiocchi di neve a forma di coriandoli,poi tornando in macchina arrivava sulla Via Emilia a San Pancrazio dove trovò l'ingorgo della folla dei paesani che alla processione portavano in chiesa la statuadi San Pangrassio-scolpita nel legno come una sorta di Buddha padano panzone,flaccido e sbodenfio.Il nano giunto a Parma si mise a spiare in Via CaseBianche dentro la Graziosa villina di Orietta Berti-il Caschetto d'oro della musica leggera italiana-,a notte fonda invece arrivò in Piazza Garibaldi vuota e deserta dove dentro il quadrante segna data dell'orologio del Governatore un barbone con tre colpi di singhiozzi da ubriaco rintoccava le tre di notte e gli mostrava a lui sotto la sua fiaschetta di vino,poi il nano entrava in un caffè anti borbonico-i camerieri scacciavano i closhard con scene di nervi isteriche dal locale-ed ordinò una Strega di Benevento.




La discoteca
.
Su una Fiatoca-macchina utilitaria bianca della Fiat con in mezzo al cofano sporgente un collo e una testa d'oca fatta di aluminio come il resto della carozzeria-Villa il nano viaggiava nella nebbia-destinazione Baganzola-in compagnia dell'altro nano chiamato Bitterio Camparisodaacquaselz ed arrivati quasi fuori del paese-giunti in una carraia dove era sito un bugigattolo-baracchino-friggitoria-qui mangiarono rane fritte e vicino sorgeva l'abitazione a forma di crdedenzone antico in muratura del raccontatore di favole chiamato Psichiatro dei Canalisti-omone gigante dalla testa calva e profilo da orco che vestiva abiti color larva dai grossi alamari.I due nani furono richiamati dalla musica di una discoteca lontana nei campi e conobbero due abituè del dancing:due palestrati-un ragazzo e una ragazza:lui tatuato color buccia di limone al corpo,che quando sviluppava i bicibiti sembravano due frutti gialli-lei che sembrava una pantera nera con gli occhi turchini molto più muscolata e gonfia del compagno,i nani ordinarono due bevande al luppolo,poi se ne andarono partendo in macchina.La mattina dopo azzurra splendente con l'aria tersa Villa il nano dopo aver pulito all'alba da lavatore di latrine-vestito da funzionario delle merde di un camicie con stronzetti ricamati di fili d'oro-le turche dei bagni dei bar di Via Bixio,d'Azeglio e Piazza Garibaldi a forma in porcellana dei volti dei politici e del mercenario omonimi,riprese a fare il commesso-garzone-coiffeur in una barberia ecclesistica-gestita dal barbiere chiamato Dondonnetto Donnnini e frequentata da preti,chierici e chirichetti,ai quali il nano tagliava chieriche con tonsure e un cliente chirichetto da handiccappata macchietta aveva i polpastrelli delle mani a forma delle teste minuscole dei burattini di Parma:Sandrone,Fagiolino,Bargnocla e la Polonia.E mentre lui tagliava loro i capelli leggevano sul giornale elzeviri su poeti scritti dal critico Giuseppinino Marchetti,nei borghi tra gli interstizi dei porfidi invece erano cresciute un sacco di ortiche che i frati raccoglievano e cuocendole con queste riempivano i tortelli.I sabati notte-siccome all'aurora non lavava i bagni e non faceva il barbiere di domenica-andava a trovare il pecoraio detto o chiamato Capruttana in un ovile sotterraneo scavato sotto il greto del torrente Parma e con questo mangiava tortelli nani e buonissimi alla ricotta-scaldati e fatti bollire in un pentolone su un fuocone.Una notte di San Lorenzo di tanti anni fa la polvere di una stella caduta dal cielo-come accade per quella ricorrenza-in quell'anfratto s'intrufolò nella lana delle pecore-eredi sedano in un'ampollina vecchia e smessa da una chiesa-regalata al capraro dal chirichetto detto Pereggio,erano stati lì dentro-Capruttana a sonnecchiare mentre Villa il nano sdraiato su un mucchione di caci vecchi,puzzolenti e stagionati a leggere libroni di poesie del Carducci e di racconti del Pavese-finiti lì.Alle tre di notte avevano ricevuto la visita di due loschi nani detti Lesso-l'uno-e-l'altro-Cappone-due tipi somiglianti al Gatto e alla Volpe nella favola di Pinocchio-i quali con diversi scherzetti avevano fregato il burattino chiamato Scapinocchio-marionetta fatta di pezzi di scorze di formaggio-legate da fili-e foggiato dal formaggiaio detto Formaggeppetto e una fata di Parma detta Fetacrudelia l'aveva qualche volta tramutato in un bambino.D'inverno allo scoccare della piena del torrente da sotto l'anfratto adagiavano un pietrone coprendo il buco-da cui entravano- e stavano lì per intere settimane con le pecore mangiando pecorino-rischiarati da un fuoco-e Villa il nano leggeva libri su guerre stellari tra navicelle ufo d'aluminio parmigiane-a forma di minuscoli anolini e tortelli e bolognesi-a forma di piccoli tortellini-mentre Capruttana cardava la lana agli ovini.E il nano stando lì sotto raccontava Capruttana di un suo antenato senese-detto il Finocchionarosa-lontanissimo parente nell'albero genealogico dei Villa-il quale aveva assistito al tumulto tra le contrade della Spadaforte e Quercia-poi soppresse e divenute morte in seguito ai tafferugli ed alle liti insieme ad altre contrade:il gallo,la Vipera,l'Orso e il Leone e questo avo era scappato all'inizio del seicento nel Lombardo-Veneto dove aveva assistito ad una corida-torero un certo Moroson-in terra italiana perchè lo staterello era sotto la dominazione spagnola.Infine quando la piena finiva in mare-come goccie fangose stillate da un boccetto di collirio gigantesco nell'occhio turchino dell'acqua marina-il bambino Tanzi-figlio del lattaio,futuro Parmalat da sopra il prato del greto esortava infine i due a togliere la pietra ed ad aprire il viatico del loro nascondiglio e così fatto lui andava a mungere le pecore.

Una notte di neve Villa il nano incontrò la perpetua preta chiamata Bodyna Buldonga mastodontica come un elefante e dai piedoni massicci ed elefantiaci che diceva messa e nel refettorio il nano sgargnaplava come un matto leggendo gli acrostici stampati nei marchi dielle croste di formaggio conservati nella ghiacciaia della cucina della canonica e raccontava alla pretona della madre di Isidore Ducasse-futuro scrittore Conte di Lauteamont che aveva partorito il figlio-facendo crescere e maturare il feto per mezzo di un incubatrice-riflettente incubi ed applicata al pancione puerpero-che lui aveva descritto poi nei Canti di Maldoror,poi c'era stato lo spettacolino del burattino Pidocchio pieno di pidocchi che aveva contagiato tutti i bambini meno il nano,la mattina dopo Villa era al mercatino del vecchiume-che si teneva tutti i giovedì sotto i portici di Via d'Azeglio-soprannominato l'eternità dei tarabacli e qui sui banchi vide il comodino di ciliegio a forma di Madleine appartenuto a Proust-il busto di Padre LIno dalla calva a forma di anolino con la chierica svolazzante e guarnita di piume di cappone-eun osso di cavallo a forma di zanzara dall'ago per testare la stagionatura del prosciutto se introdottovi dentro.









La scimmia

.

Dirò che in quel lungho inverni Villa il nano era stato ospitato dal poeta Attilio Bertolucci durante il lungo parto della stesura del suo libro intitolato La camera da letto nella casa di Casarola dal grosso camino favoloso di fuochi con l'aria fuori gelida ed illuminata di ghiacci e neve ed al nano il poeta aveva fatto conoscere un prete fabbriciere di montagna chiamato don Tremoloni con il suo diacono chiamato Curatosse.La notte mentre il letterato esausto dall'annotare,segnare e scrivere-soffiava su una candela e tutto diventava buio-meno i tizzoni del camino.Villa il nano soleva la sera freddissima fare un giro intorno alla casa fumando la pipa e vedeva il monte soprano dalla pietra a forma di loggione di teatro ed infine rientrava in casa a far maturare la pelle come un frutto davanti al fuoco che gliela splendeva arancione come la buccia di un mandarino.In quei lunghi mesi Villa il nano e il poeta facevano escursioni sul monte ed arrivati furono sotto ad una nevicata di piume biaco argentee perse da neonati di aquile da un nido sopra la montagna.Il nano e il poeta tornando da un sentiero videro l'erborista nonchè poeta da tipografia chiamato Buttini-il quale vestito in'antica divisa borbonica con i galloni d'oro e i bottoni foderati di raso color limoncino a forma di minuscoli volti di regnanti borbonici barbuti di fili ricamati- viveva nei boschi da uomo-lupo cercando erbe officinali e dormendo dentro una carcassa di una caravella genovese dallo scafo a forma di pansotto gigante-colorato color pesto al basilico dalle aghe nelle sue predenti navigazione e non si come arenatasi lì nel bosco.Il poeta raccontava al nano che nel convitto Maria Luigia sriveva poesie su foglie secche di banani per farle leggere al maestro-depositandole sul davanzale di una finestra ed in piena campagna coloniale Giolittiana una scimmietta minuscolissima-proveniente dalla Libia,addomesticata dagli alunni dell'elementari e chiamata Bertucciola-con sangue d'oro di lucertola scovata dal macaco negli anfratti del giardino dove questa era in letargo d'inverno-e riempitone la stilografica firmava i componimenti del poeta sulle foglie morte.



Hitler
.

Altempo del secondo conflitto mondiale Villa il nano lavorava da garzone coiffeur nella toletteria-gestita da un barbiere comunista e leninista chiamato Paesanone Compagnoni- ed un giorno dell'inverno del 1934 entrò come cliente niente di meno di Adolph Hitler-al quale il nano aggiustò con le forbici i baffi cubici sotto il naso-dopo aver spruzzato la schiuma da barba rossa color bandiere staliniste, di cui erano tapezzate le pareti della barberia e il nano spennellò le guancie del furher con un pennello dal ciuffo di setole a forma di martello-dal cui manico di legno infine scapsulò una lama di un rasoio a forma di minuscola falce-.Dopo di chè una mattina funzionari della repubblica di Weimar fecero chiudere la barberia requisendo tutte le forbici d'argento a forma nei manici dei riccioli dei baffi di Peppone e spedirono nei campi di concentramento quel pachiderma grassone di Compagnoni il barbiere-che dimagrì tanto nel lagher da assumere le sembianze di uno scheletro.Solo Villa il nano si salvò dalla deportazione nei campi di stermino ed una mattina scoprì la saracinesca sprangata con un lucchetto spesso e gigante a forma di svastica di aluminio e vagò per Parma dove vide lo zoo di Sant'Atonio Abate all'interno del chiosco della chiesa omonima piena di leopardi dal mantello color brodo maculati di macchie a forma di anolini.







I souvenir ecclesiastici

.

A Lourdes un ladruncolo detto Acquadiavola-dal naso con un porro gigante a forma di peperone color rosso inferno- aveva rubato a Mariano Stigmatematico il suo camioncino pieno di souvenir ecclesiastici tra i quali le reliquie di Padre Piuccio e la statua della Madonna di Fontanellato e Villa il nano con un balzo salitoci su aveva viaggiato fino a Napoli poppando i capezzoli di plastica della statua platificata aveva bevuto-dissetandosi-l'acqua benedetta di cui era piena.Un pomeriggio ventoso Villa il nano vide fuori Napoli negli orti dalle distese di piantine di basilico il poeta Leopardi camminare con un trans detto Mammozzarellarosa dalle tettine sode come due di questi latticini di bufala-vestita a pizzi- e su una rotonda sul golfo di Napoli-dalle onde a forma di asinelli azzurri,nuotati da meduse a forma di pizze e pesci a forma di Pulcinella-si fidanzò con il travestito regalandole una rosa dai petali e verdi ed a forma di foglie di basilico e Mammozzarellarosa arrossì alle guancie con il colore della pommarola e fu scopato dal poeta con un goldone a forma di pallone minuscolo da calcio del giocatore Maradona.


Leopardi,Villa il nano e il trans andarono ad una mostra di quadri,le cui tele erano fatte di tagliatelle,su cui era dipinto l'inferno con sugo rosso di pomodoro,poi fuggirono dalla città salendo su un treno a cuccette,in una delle quali-alla fermata della stazione di Napoili,alla quale salirono,era stato accoltellato un neonato dalle carni pallide e bianche fatte di una mozzarella gigante detto Buffabufala-e l'ispettore napoletano chiamato Pomodorrot indagava sul treno dell'assassinio.Così il treno si allontanava dai quartieri più miserrimi e malfamati dai panni del bucato stesi-dove quagliò si iniettavano eroina con siringhe dagli aghi spessi come spaghetti e nelle fogne trasbordava la merda-mentre la mamma,l'amara donna del bambino tenero come una mozzarella si strappava i capelli tinti color basilico-.Arrivarono a Venezia dove vongole di legno-le gondole-navigavano nei canaloni e la tristezza e nostalgia del buio della sera che s'impregnava sui palazzi della città fece innamorare il nano di Mammozzarella ed alloggiarono tutti e tre in un albergo stupendo su un calle ma a notte fonda il trans andò in bagno e si svenò le vene con un vetro fuso di murano e si buttò dalla finestra in laguna galleggiando in tutti i calli-come vene piene di sangue scuro della città nella notte-e il nano e il poeta non si accorsero di nulla ma non la videro più ma su un battelo ebbro nel vino dell'acqua della laguna di Vinegia(così chiamata anticamente Venezia)-pieno di mascherine-scorsero il cadavere galleggiante-indicato loro da una matrona veneziana,mascherata da colombina e muscolatissima-dalle vene sui muscoli ramificate come la piantina urbana dei calli e con in barboncino tra le braccia-.Con la donna venerea finirono in un ristorantino chiamato Marcopollo il piccione-dove un piccione in gabbia colorato come un pappagallo e mascotte del ristorane canzonava Villa il nano-e così mangiarono,infine salirono su una gondola ed arrivarono davanti alla chiesa degli Osei-intonacata color giallo polenta ed internamente effigiata di uccelletti cotti in pentola che nonostante ciò prendevano il volo.








La vipera

.

Il giorno dei morti del 1923 Villa il nano stette tutta la mattina in Villetta-cimitero di Parma così chiamato-nel profumo intenso di violette che simboleggia nella città ducale il riposo eterno delle salme-ad assistere alla ristrutturazione di una capellina ad opera di un muratore rachitico-magrolino,pallido color stucco,detto Calcedifotball e dal cappello a barchetta ricavato piegando un foglio della Gazzetta di Parma in tale guisa,poi il carpentiere e il nano partirono nel pomeriggio su una corriera per Monchio delle Corti dove si sarebbe tenuto il Palio delle vipere-vinceva quella che strisciava più velocemente in una pista nei boschi del paese in un tumulto di tamburini che tamburelleggiavano su tamburi dalla pelle inseccolita di queste serpi e sbandieratori dei vari vichi vicini e limitrofi,tra i quali quello di corniglio con sulla bandiera effigiata una vipera dalla scorza pelosa come un coniglio,a forma del cui roditore aveva la testa e il nano Villa aveva sgargnaplato come un matto perchè aveva vinto la vipera di Monchio e più precisamente il suo pezzo della coda-tagliato al serpente-ed è ben da dire che come nelle lucertole-dopo la moncatura-la coda continua a guizzare.



Le pecore
.
A Caprarola(Roma)in una carraia dall'erba secca e gialla dove erano posate apocalitticamente teste mozzate di pecore arrivò Villa il nano su un'automobile Ferrari nichelata,rosso fiammante e guidata da un culturista lampadato,in sandali,vestito di una canotta e chiamato di cognome Muscolieviti che il nano voleva inculare in quel cimitero ovino.I due nani detti Caco Cacumio e Cagatto Miciomerda con una racchetta,una pistola e un coltellino seicenteschi-e appartenuti al pittore Michelangelo Merisi detto Caravaggio-prima percossero,poi spararono ed infine evirarono-tagliando il pene al palestrato-ed infine invitarono nelle baracche lì davanti dove abitavano Villa il nano a mangiare pecorino fuso con il miele,giorni più tardi con l'auto rubata Villa il nano ritornò nella carraia e vide i due che prendevano in giro il cadavere del palestrato-tra i resti delle pecore-insultando come fighetta siccome il corpo evirato e degli attributi aveva preso le sembianze di una vulva e la muscolatura come dopo un'operazione chirurgica aveva cambiato sesso tramutando il culturista in un'ercolona.Così venne il natale e il nano Villa fu invitato dai due nella baraccopoli a mangiare il cappone e c'era in loro compagnia il pastore detto il Lanato Medjugorana Callourdes che aveva travestito una sua pecara da madonna,infine con una tanica di benzina sgargiante cosparsero il corpo del culturista-ercolona e gli diedero fuoco cuocendolo allo spiedo come un pollo che si era gonfiato dopo tanti allevamenti-allenamenti e nella notte arrivarono sul posto gli inquirenti-scortati dagli allora giovani politici Degasperi e il gobbo Andreotti e-mentre gli altri erano scappati-conversarono con gli abitatori nelle baracche -tra i quali l'imperatore del piccolo villaggio detto Gabinetto Terzo con per corona in testa un bidè-il quale disse che ad ammazzare il culturista erano stati tre barboni siciliani.
Il culturista stava morto riverso lì-ancora fiammeggiante come un lumino colr lividi dalle fioche ed esili fiamme e nella casa di lamiera i genitori dei due ricercati stavano guardando ad una televisione sgangherata- attaccata ad un impianto elettrico posticcio-collegato ad un lampione dell'illuminazione-il grande varietà della Rai con Orecchione Sordi e le ballerine sorelle Kessler e le fibbrillazioni di luce televisiva illuminavano nella carraia l'anello a forma di minuscolo cielo con le pietre preziose montate secondo l'ordine delle costellazioni del Carro e dell'Orsa Minore e di un altro anello di topazio a forma di topo minuscolo-gioielli che aveva perso Villa il nano nella colluttazione con il miste muscolo e sfilategli dalle dita.Una di quelle notti uscì dalla baraccopoli il nano fiju di una mignotta detto Nubipecorelleacquaacatinelle a scongiurare la pioggia che venne e lavò tutto mentre uno spazzino pulì la terra togliendo le teste di pecore e il cadavere.Infine Cacumio-con una bombetta color ed a forma di caco ammaccata come accade a questo frutto quando maturo- e Cagatta vennero a trovare a Parma il nano che li portò nella dimessa pizzeria chiamata La Cuccagna nel quartiere Montebello che sconfinava con i suoi prati gialli,sechi ed incolti nella signorile-e piena di villette-Mariano e la mattina passeggiando per Via Farini-dalle abitazioni bianco color polvere di mulino che mescolata alle uova serve a fare la pasta degli anolini-videro affacciarsi ad una finestra una vecchia detta la Pecora dai capelli boccolosi e bianchi come la lana-fermati da un pettinino plastificato a forma e color di un mazzetto di violatte.Villa il nano raccontava di quando era stato nei caffè letterari:al caffè Greco a Roma,al Pedrocchi a Padova dove aveva bevuto il liquore Pedrocchino-infuso di erbe officinali del chiostro della chiesa del Santo e all' Harrys bar dove lo scrittore-si era sotto Natale- tagliava ciuffi di barbone ai closhard-per fare la barba posticcia ad un Babbo Natale e li pagava con in cambio dollari,le cui banconote di carta i barboni usavano per arrotolare sigarette-in mancanza di cartine-con tabacco puzzolente e il nano rideva anche come un matto al loro racconto che ai lati della strada del Tiburtino c'era una fila umana-fiumana immensa-a destra di maschioni che con il bisturi era diventati escort ed a sinistra di prostitute e i giovani politici Andreotti e Cossigaretta giravano avanti ed indietro su auto blu-pagate dal quirinale-per scegliere il loro oggetto di prostituzione-e all'Eur in un'abitazione a forma di fascio litoreo-perchè quartiere costruito in epoca fascista-abitava Pasolini che rincasava dopo le sue notti di sesso quando i forni emanavano profumo caldo e fragrante di pane appena sfornato.E una macchina forma di dentiera girava nella notte per Roma con un tergicristallo a forma di spazzolino da denti:pubblicità di un dentifricio medicale e nel buio trasportata dal vento arrivava e tagliava la città-sonoramente ipertrofizzata dai microfoni di Cinecittà la voce di Eva Gadner del ciak del film La bella vita che pronunciava:"Marcellone,Marcello,Marcellino"chiamando Mastroianni.I nani passeggiando per Parma incontrarono anche il pittore Latino Barilli con al guinzaglio la macchietta-puttano detto il Malvasianano-suo schiavo di sesso che come la volpe cerca il vino cercava di arrivare ogni tanto al grappolo del pene gonfio del maestro per sgonfiarlo dentro alla fenditura del sedere alzandosi sui piedi.
I nfine i tre nani si arrampicarono su una grondaia del convento del Sant'Orsola ed una suora chiamata Lucebirichina,grassona,priva alle gengive di tutti i denti-ciò gli dava un'aria comica e buffa-la quale bevendo un caffèlatte e sbocconcellando una madleine a forma di piede di cristo con la stigmate sul soffice pane della briosch da cui fuoriusciva come sangue la marmellata aprì loro la cella perchè aveva riconosciuto Villa il nano l'amico che sfogliò su un tavolino lì un album con appiccicate figurine di suore calciatrici del campionato tra conventi e vide sul letto della stanza un 'orsacchiotta peluce vestito da suora Orsolina-del quale attivando una suoneria interna questa diceva l'Ave Maria e la suora raccontava che la notte prima suor Mazzola(detta Massola)discendente dalla famiglia del pittore il Parmigianino era morta asfissiata della cera di un cerone gigante che ardendo e smoccolando aveva riempito tutta la stanza di moccolo.
Il sonno della talpa
.
Due studenti omosessuali del liceo classico Romagnosi:certi Colazionio Cornetterie e Garoffano Mortuari-quest'ultimo vestito dandy con un garofano plastificato all'occhiello,collegato per mezzo di un tubo di gomma ad una pompetta sotto la camicia e conservata dentro la tasca faceva partire-passeggiando-come proiettili di piombo simile a goccie di rugiada sul fiore ferendo i passanti.I due si scopavano dentro la tana di una talpona gigantesca-disturbando con l'enfasi delle loro spinte sessuali il suo sonno vergine-a modo di ghiro o di bruchi verdi dentro ad una mela o di bachi da seta nel bozzolo e la sua dormita continuava nonostante ciò come in un coma e nel bucone della terra-sito nel greto del Parma davanti al liceo i due andavano a leggere libri o a ripassare bigini-ed avevano soprannominato il luogo:la tana della talpona di Troia-i due supponendo che dentro la bestiola gigante e fiabesco ci fosse la notte e un night illuminato-in cui come nel cavallo di Troia pieno di soldati-qui questi gozzovigliassero con le entrenouse e condividessero nei letti sonno e sesso con esse-.I due leggevano e leggevano e si ricordavano di quando gli era capitato in mano un libello di Rimbaud-il quale vi descriveva la sua amante formosamente gigantesca come un lembo di deserto.I due poi litigarono e si trovarono a Marostica intenti a giocare-l'uno contro l'altro-una partita di scacchi con figuranti vestiti da pezzi della scacchiera-ordinando le loro mosse e spostando le loro posizioni.A fine partita incattiviti si rincorsero in macchina fino in Liguria e scesi si raggiunsero in una roccia a forma di conchiglia-fuoriuscente da un monte rosso di erbaccie rosse di
Monterosso-dove entrava il mare e Garoffano accoltellò Colazionio.
Garoffano fuggì allungando per Pisa dove tutto era desrto e silenzio ed in una pineta incontrò dei mostri:un bambino detto Poiliomielitico dagli arti a forma di rami di albero di acacia sulle cui gambe si muoveva zoppo e mosso da miriadi di api come motori che ne succhiavano il nettare dei fiori,una ragazza a forma di cavalletta-a sua volta a forma di cavalletto tripede di pittore-,un bambino grillo con il pene nero a forma di questo insetto,un bambino gallina dai testicoli a forma di uova soda e gelatinose e un pupattolo detto il Pisarnone fatto di polpa bavosa di lumaca-accoltellato nella pineta-.Nella notte lo studente fu arrestato-incolpato dell'assassinio del bambino-lumaca e fu discussa la sua perizia psichica nell'aula di un tribunale-ospedale da uno psichiatra gigantesco,vestito di un camicie bianco e gonfio come un grossissimo cuscino-dal pene grande come un albero della cuccagna tenuto in erezione durante il dibattimento e rivestito di un profillattico di lattice color panna a forma di torre di Pisa gugliata e colonnata
Villa il nano-il quale il passato Natale fu visto a Cremona su una carrozza a forma di pandoro gigante mangiare frutta candita allo sciroppo di senape:la Mostarda e lanciare al popolo torroni a forma di Crocefissi-incontrò Garoffano in un cinema porno chiamato Odeaon dove all'atto di strapparti i biglietti i bigliettai offrivano gratis un profilattico e qui Villa il nano raccontò di un altro Natale-passato in un cottage fuori San Francisco in compagnia del leggendario e mitico giocatore di basball Di Formaggio Giò che aveva servito per dolce natalizio palle da basball fatte di torrone ed ad un certo momento una palla di piombo scagliata da un battitore nel campo da basball vicino ad una partita- che stavano guardando alla tv-s'intrufolò nel camino della villetta,rimbalzò ed infine ammaccò la chees-cake con grandi risolini delle graziose e carine ragazzine americane Camille,Nancy e Maryline lì con loro.
Villa il nano inoltre raccontava di una cena di Natale passata a fumare pipe lunghe tre metri con studenti dell'istituto tecnico di Parigi-tra i quali Isidore Ducasse futuro scrittore Lautreamont-dopo aver mangiato fette di prosciutto di Langhirano-riscaldati dal crepitio del fuoco di capriole fumose del camino a forma del volto barbone di Garibaldi-montato in casa come monumento in onore dell'eroica spedizione nelle due Sicilie del mercenario e siccome gli studenti avevano in antipatia in antipatia un professore del liceo chiamato Lucien lo introdussero rannicchiato dentro una palla gigante di un albero di Natale e lo fulminarono accendendo l'illuminazione intermittente e natalizia lì nella loro abitazione parigina.Il nano fece una siesta e su una poltrona gialla a forma di canarino gonfio e gigante sognò i borghi di Parma allagati di brodo su cui galleggiavano come barchette miriadi di anolini.Il nano era attratto come un elettrone dalla carica di elettricità negativa degli studenti malefici-che in quel lontano Natale si erano regalati mutande,pipe e gavette come portaceneri e gli facevano leggere loro temi su amiche lesbichette vergati con sangue-per inchiostro-prelevato da omini assassinati nel quartiere degli omicidi.
Dalla finestra gli studenti malefici e il nano Villa vedevano su una collinetta gialla di camomilla in un giardino interno cani arancioni crocefissi-ritti con le zampe posteriori e quelle davanti levate inchiodate ad una croce-e latravano ed erano come una fontanina vivente perchè pisciavano in quella posizione.
Suicidatosi Isidore in un appartamento del boulevard Saint-German-all'alba come un uovo uscente dall'albume bianco:il chiarore del cielo e dal tuorlo-il sole-nascente un gallo da combattimento-la zuffa tra galli era lo spettacolo preferito dal poeta-anni più tardi il nano Villa aveva festeggiato con lo scrittore Proust l'ultimo dell'anno del 1920 ed il letterato aveva stappato uno spumante di Moscato-dalla bottiglia a forma di moscone con il collo a forma di proboscide muscide-infine nella notte entrò con lo scrittore nell'istituto a forma di capocchia di lampadina in muratura-a sua volta a forma di volto dello scienziato Edison con la testa stempiata ma sul tetto con qualche filamento di metallo per capello-e visitarono la classe di Isidore Ducasse ed aprendo tutti i cassetti dei banchi trovarono una gomma bianca da cancellare a forma di mozzarella ed un pennino a forma di pomodorino che appartenevano ad uno studente napoletano e deficiente chiamato Caprera Pizzarello-compagno di classe di Isidore-al quale in sogno il suo corasson fatto di pommarola,collegato agli organo per mezzo di tante vene-spaghetti aveva battuto perchè aveva visto nella visione onirica e profetica un certo Maradona.
Isidore per la malificità del suo libro era stato ricercato dalla polizia ma non lo trovarono in casa perchè era a mangiare riso in un ristorante cantonese con bacchette fatte di canini lunghi e sottili di balena e rincasato si suicidò all'alba come un uovo schiusosi:l'albume era un'aia mentre dal tuorlo nascevano due pulcini che da galli da combattimento cominciavano ad azzuffarsi ed a beccarsi e la sua redingote color foglia secca fu comprata al mercatino delle Pulci dal poeta surrealista Robert Desnos che a passeggio con l'altro poeta chiamato Prevert sembrava sui boulevard una foglia nel vento caduta dai castani ai lati degli stradoni.
Garoffano stette in carcere un solo giorno evadendo alla svelta da lì e si diede appuntamento nella notte in centro a Pisa con Villa il nano da un rigattiere detto Tarloantinco dal naso come quello di un tarlo lungo-con l'osso del setto nasale sottilissimo-e terminante grosso,gonfio come un bicipite muffoso e verde come un'olivona dai fori narici di questa come doppiamente disnocciolata che lo rendeva buffissimo ed il restauratore stava ritoccando un cielo nero di una tela con un colore tinta color chinotto e il nano raccontò allo stuccatore di quando per il primo dell'anno in asilo suor Dindondan aveva preparato un brodo con il"Cappello da Prete"-in gergo di macelleria la parte di vitello denominata altrimente Paletta-ed insieme a lui uno stuolo di bambini zeppi in testa di pidocchi l'avevano sorbito con gli anolini galeggianti ed in un teatrino minuscolo-le cui tende del palcoscenico erano fatte delle ali imbalsamate di un pipistrello-ci fu lo spettacolo dei burattini,raccontava inoltre quando nel 1888 era stato sempre dalle suore in asilo,il cui palazzo dell'istituto era a forma di colomba gigantesca in muratura color calce o grigio tortora e di notte le badesse per mezzo di un chiavono giantesco potevano chiudere il seminario-tarpandone le ali-i due dipartimenti laterali:le due ali dell'edificio-come si apre e chiude un libro o come chiude le ali un uccello finito di volare-ed era andato a trovare Marcellino Proust-il quale al posto delle caremelle teneva in tasca pezzi di fungo allucinogeno-che nasce in Nepal sul Himalaya-chiamato Mescalina,droga di cui poi avevano fatto uso i surrealisti per sognare ad occhi aperti.inoltre il nano discorrendo raccontò quando con Proust finalmente ragazzo ed in compagnia di mio nonno bambino andò a Noceto a mangiare alla trattoria chiamata Lo sciattolo bandito della noce.Villa il nano raccontava infine che ad un tavolo di fianco al loro mangiavano un nano del circo Folloni-vestito di una divisa rossa da ufficiale bigliettaio-e il proprietario e una scimmietta minuscolissima e circense stava sugli anolini che galleggiavano come isolotti sul brodo nella fondina del dipendendente del circo ed arrivato a mangiare quello sua cui la macacachina era appoggiata-questa fece un balzo e ritornò sulla spalla del nano chiamato Pierello.
Garoffano con Villa il nano fuggì a Roma ed entrò in una chiesa-sul cui sagrato pecorai facevano correre gare di corsa ad abbacchi(agnellini da latte) ed in una acquasantiera scolpita nel marmo a forma di testa di pecora l'assassino intinse la mano dal dorso bianco pallido e i grumi di sangue tra gli interstizi delle unghie-rimastigli quando aveva accoltellato Colazionio-colorarono l'acqua santa-mescolandosi-come vino rosè-.Nel chiesone riposava sonno eterno in una tmba a forma di caprone-agnellone il pittore Panini,piacentino emigrato a Roma per dipingere quadri su ruine-morto mentre usava la spatola di colpo apoplettico e profetta di panini alla Coppa di Piacenza-e un corazziere papale-con il viso simile ad un ovino bamboleggiante e pieno di boccoli color lana-dalle vesti bombate con dipinti tramezzini dalle triple farciture-sentinellava immobile davanti al tombone e dal 1765-anno della morte del pittore-si erano succedute parecchie guardie ininterrottamente e morta l'una era stata prontamente sostituita da un altra.I due finirono la notte in una trattoria di Trastevere-il cui trattore si chiamava Frascatellazio-ed era frequentata da pittori romani, tra cui quello detto il Buscacio Caglione,così dopo aver mangiato scottadito sostarono sotto un obelisco scolpito come un dito medio di una zampa di topo in segno di vaffanculo-davanti al quale sorgeva un negozio di colle etrappole per topi gestito dal negoziante vecchino e minuscolo chiamato Capapellina ed un sorcione verde e simpaticissimo chiamato Aercibaldo aveva fatto rimbalzare una trappola facendola scattare sul naso di Capapellina e Leopardi il poeta-quando in soggiorno a Roma- era stato fatto entrare in quirinale da un capraio detto Pecoroma e aveva riso come un matto del sorcio-esaltato nelle vesti di ministro della camera dei deputati-una sorta di Nilde Iotti della Prima Repubblica-a suonare nell'aula vuota alle poltrone rosse la campanella-come un cacio di metallo vuoto all'inteno e munito di un minuscolo battacchio-ed aveva sgargnaplato ancora di più quando passando dal carcere di Regina del cielo il sorcione sgattaiolato fuori dalla galera gli aveva chiesto come una bambina un tocco di pecorino.Passando i giorni a Roma Leopardi aveva visto una graziosa donna con una pochette verde che gli aveva svelato che il sorcio era stato ammazzato e con il suo pelo verde foggiata quella borsetta. 


La pizza
.

Quando Garibaldi unificò l'Italia avevano cotto nel forno pizze tricolori e Villa il nano in un albergo sul mare blu stimolava con filli molli e plastificati simili a spaghetti una battona-matrona bellissima, meravigliosa, pallidissima ma con una pizzetta nera sul mento da uomo che donò al nano un libro scritto ed intitolato il Passato antico di pomodoro che descriveva il mare del golfo di Napoli fatto di una marea di maccheroni-dal quale emergeva un mostro a forma di gigantesco pomo rosso e poi battaglie tra Napoletani-soldati dentro ad elmi-corazze a forma di grossi pomodori-qualità occhio di bue contro truppe di barbari campani e di un ercolessa immensa fatta di lievito di pizza-cotta al forno e ripiena di salsa-pizza capricciosa,che servì a sfamare i guerreggianti vittoriosi e il poeta si descriveva con il nano in una Napoli in festa risorgimentale con giocolieri che lanciavano e poi riprendevano in mano sei palle di mozzarelle o roteavano in aria paste di pizza srotolandele e stue viventi impersonanti il politico Farini cosparse di farina.Leopardi il poeta dormiva in un'abitazione pdell'antica Napoli su un letto in compagnia dell'insonne Villa il nano-il quale con la penna nana a forma di maccherone stillante inchiostro color sugo rosso segnava sotto dettatura i numeri della smorfia delirati e vaneggiati nei sogni dal poeta e la mattina li giocavano al gioco del Lotto in una ricevitoria della città-e Villa il nano dormendo di fianco a lui vedeva uscirgli dalla nuca nuvolette a forma di tv trasmettenti i suoi sogni-:piatti di spaghetti,di vongole,calzoni e pizze,strufoli e pastiere,goal di Maradona,scene di film di Totò e le dieci e vecchie sarte e tinteggiattrici dette Gennuarieparteniopette-argentate ai capelli,gli occhi netti ed appuntiti e dai nasi a forma di becchi di pappagallo che gli confezionavano i vestiti in un'antica,buia,tetra ed umida casa della città dove un raggio di sole accendeva aghi come fiammiferi,rendeva scintillanti le loro forbici e il ditale giallo come un budino di cream caramel.







Le andane

.

Tirabbussamen Nanatale che si cambiava le mutande la sacca dei testicolo gonfia di dieci palle e con anche il prete chiamato Apopòculisso Defecalisse e il collega garzone di barberia detto Gelgelatino-decisero alle nove di sera-invece di andare a dormire-di partire per Viadana e in un bugigattolo-baracchina friggitoria mangiarono le rane fritte,poi entrarono in macchina in una carraia,corridoio di un'andana e qui Il garzone barbiere nano di Pampuriumbertociufo,il gran coiffeur padrone scopò l'altro nano Villa imboscatosi in un pioppeto e lì un vecchio eremita,nonchè pittore, nativo di Pontremoli,detto Berbazzone,il quale viveva nei paraggi in una baracca,dormendo su un vecchio e muffito biliardo,recuperato in una discarica picchiò i due rei di aver smutandato e trastullato i dieci maroni al prete suprdotato e testicolato-rincorrendoli nei corridoi creati dai pioppi piantati in file rettangolari.Poi i nostri lasciarono il luogo e raggiunsere il centro del paese-precisamente il bar Zucconi-da dove proveniva il biliardo scartato-sostituito lì con uno nuovo di zecca su cui giocavano con le palle d'avorio e la stecca tre ragazzi viadanesi detti Amadone,Patricetto e il Danana e nel locale alle pareti erano appesi quadri del pontremolese-uno dei quali raffigurava una tigre davanti ad una rete metallica di un pollaio indiano pieno di tacchini.







Nei boschi di Nottingham

.

Villa il nano giunse nei boschi di Nottingham-luoghi della leggenda dell'arciere Robin Hood-d'autunno pieni di foglie color rosso vino o color ruggine ed al loro interno c'erano laghi immensi-dal bacino a forma di cuori giganti di Riccardo Cuor di Leone gialli color copertine di libri di Agatha Cristy ed assistette ad una gara di salto ad ostacoli tra amazzoni dai corpi molli,formosi e poderosamente muscolosi-vestiti dentro a spolverini di raso con effigiati su minuscoli quadrifogli o ferri di cavallo o pallini a pois e munite di frustini che menavano su cavalli gonfi e De Chiricheschi e bianchi color balene.Villa il nano percorrendo i sentieri aveva visto inoltre cacciatori con corni e fucili andare a caccia di una volpe che precedentemente gli era comparsa davanti rossa the e dalla coda color ed a forma di fetta di cedro,infine si allontanò da quelle foreste ed arrivò in un intrico di vicoli della Londra nera,vicino al Tamigi-quel giorno in piena e spazzante closhard su di esso galleggianti,i quali dall'acqua venivano sbattuti sui poggioni delle balaustre dei ponti,producendo ferite da cui fuoriscivano striscie di sangue che nelle acque blu e le sue spume bianche vi disegnavano la bandiera britannica.Villa il nano raggiungeva una tabaccheria profumatissima dove comprava al tabacchino chiamato Tabagistinghton pacchetti di tabacco dublinesi e successivamente dato anche l'indirizzo civico gli arrivavano per pacchi postali,per intanto comprò una pipa usata da lord sir Lockness-intagliata nella radica a forma del mostro sotto il lago di Lockness.Era l'inverno del 1957,le ciminiere di Londra come sacapòs di pasticcieri farcivano con la panna delle sue fumarole dense le stelle come bignè o la luna come una briosch nella notte oppure le spolveravano di fumo come di zucchero a velo,Villa il nano così salì su un autobus a tre piani a forma di pomodoro gigante a sua volta di corona regale ed entrò in un pub illuminato dove tifosi grassoni gallesi di rughby-dai peli color carota ed insciarpati di una sciarpa della nazionale rossa con il caraterristico stemma dei tre piumoni-malmenavano un culturista fino ad ammazzarlo-mentre un importatore dal medioriente di carote che vendeva alle scuderie del re per sfamare gli stalloni parlava dell'Elisa la Betta.Il mercante di carote detto Sterlinaghton,vestito di una redingote color prati d'Irlanda e calzante scarpe color banana od ottone con grosse fibbioni a forma di ferri di cavallo invitò il nano nel suo appartamento e gli stimolò il deretano con una carota di plastica a forma di muso di volpe,infine bevvero whisky.







I cipressi di Bolgheri

.

I nani Villa e Bulevardone e un signore chiamato Retumoregina ineramente al corpo macchiato di un tumore nero camminavano nella notte per la buia Parigi-comprando sigarette nelle tabaccherie ancora aperte o facendosene sganciare una centinaia nei distributori automatici che poi fumavano sulle panchine e nel quartiere latino entrarono in un ristorante chiamato il Tonnosomaro con sullo stipe della porta un tonno dalla testa di asino luminoso-il cui cuoco si chimava Spaghettotò Filidecurti.Nella notte entrarono anche nel palazzo dell'istituto tecnico per elettricisti-a forma di lampadina gigante in muratura e scuola frequentata da Isidore Ducasse,futuro scrittore Conte di Lautreamont-e lessero muniti di una pila dalla capocchia a forma di minuscolo teschio di vetro schelettricista i suoi temi-in un componimento-racconto dei quali raccontava la sopraffazioni tra due ragazzi omosessuali ed amanti-il primo del quali-detto Milkiller aveva buttato il secondo detto Ciocculattone in una caldaia bollente piena di cioccolato in una ditta svizzera,poi percorrendo un corridoio buio del liceo dalle teche piene di aironi dalle piume e le ali fatte di sigarette Villa il nano ne sfilò una dall'implume tabaccoso e nicotinoso ed infine ombre rosa di studenti convittanti lì dentro o altri che parlavano tra loro coricati sui letti-dormivano nell'istituto-con accenti di lingua francese erremosciata come ticchettii di argenteria o colpi di cembali in cui Villa il nano riconosceva somiglianze con il dialetto pramzano.Il pomeriggio dopo i tre erano al mercato dei pidocchi e delle pulci-per il vecchiume che si vendeva ben definito dalla parola dialettale parmigiana:tarabacle-e Villa il nano vide su un banco un plastico della strada di Bolgheri dai minuscoli ed artificiali cipressi-che vanno in duplice e schietto filar come dice un verso del Carducci-e il nano si ricordò di aver percorso la lunga strada in automobile con un pisano detto Cipriano-il quale arrivato gli penetrò il sedere con un vibratore colr panna a forma di torre storta di Piazza dei Miracoli.






I trans

.

Villa e Cattagabbiani i nani s'incamminarono nel greto pieno di tombe-infossate nella terra con le lapide tra le erbe-in cui riposavano trans travesti tra i quali quello chiamato Merdano Reggiano o anche detto Reggio Merda-dai capelli color formaggio e dentro l'avello grana d'oro di monete a forma di minuscole forme di Parmigiano-Reggiano.Il nano Villa trovò dentro una tomba un libro porno,il cui autore-il poeta chiamato Sesseicento lo descriveva supino su un letto succhiare i capezzoli a forma di rane di Ranuccio regnante Farnese-sbodenfio,con le scarpine verdi color acquitrino a forma di due rospe ed in un illustrazione Ilario Mercanti detto Spoverini e pittore del regno aveva raffigurato il nano intento a ciuciare i capezzoli a forma di girini del sovrano,o i capezzoli color violetta di Marialuigia le notti che il nano passava con i due amanti sopra la paglia di un fienile colorata di turchino dal riflesso blu del cielo notturno dove tra le fessure degli aghi del fieno occhieggiavano le stelline come cerchi di colli di bottiglie di gassose e lontano nella campagna si udivano le voci di porcari-norcini che incitavano una scrofa chiamandola Susasussesusina a farsi sventrare e subitamente i versi di dolore di questa e un grillastro nero dal frac a due punte fatto di gomma di profilattico-di cui era vestito-chiamava a sua volta Villa il nano,al quale Ranuccio aveva fatto dono di un suo giocattolo-quando era infante-:un big-gym a forma di l.






I baritoni
.
In un teatro-vero gioiellino- con i palchi a forma di anolini giganti stuccati color brodo e con poltrone color ripieno di carne di vitello ed un lampadario a forma di cappone pressochè composto di lustrini di diamanti luccicanti quando era acceso ed all'opera intitolata La pentola di brodo di Natale i baritoni,tenori e i soprani gorgogliavano come se bollisse in pentola questo e Villa il nano sul loggione con un vecchio tenore in pensione chiamato Rongole Verdi e detto Tortellugola compravano una bibita e noccioline ad un venditore ambulante del teatro.



La madonnina di Fontanellato (parte prima)
.
Villa il nano sotto una nevicata davanti alla Basilica di Fontanellato-vestito di pelo di caprone con un cappellone a forma di testa di capra guarnito di falde-in compagnia del bambino chiamato Orsoletti,che aveva con un coltellino asportato i testicoli al don chiamato Revertero Reverendiani-perchè a sentir lui a questo non gli servivano a niente-e guarniti i due maroni di neve appallottolata come polpette di purè le tiravano ad un prete di Asiago chiamato Fontinallato,infine Villa il nano era sparito e non si vedeva più perchè era entrato nella gonna della mamma divina: la Madonnina di Fontanellato ed intrufolatosi in un buco del legno su cui poggiava la statua dove mancavano dieci cerchi della vecchiezza della materia dell'albero di cui era fatto-era finito sotto terra in un cunicolo sotterraneo pieno di millepiedi con la testa a forma di alluci di piedi di suore ed infine uscito in una sera densa di nebbia sul Po pieno di rospi e rane color meloni.


 cardellini (parte seconda
.

Villa il nano incamminatosi giunse a Roncole Verdi davanti alla casa del musicista Verdi morto e vide nel giardino rococò un'aiuola ricoperta di neve che assomigliava ad una spongata da cui spiccavano il volo come suoi canditi gialli due cardellini e la tomba del cane del musicista chiamato Lulù con sulla lapide la foto del suo muso di barboncino color carbone,poi vagò per Busseto finchè fu caricato sulla sua spider da un culturista detto Bicipitijimmy il Sodomone e finirono la notte alla trattoria il Tribunalino calma,luminosa ed accogliente-dalle foto autografate da cantanti lirici appese alle pareti e dove servivano ai tavoli camerieri vestit in toga con cappelli da magstrati-.Villa il nano era vestito di caprone dai peli tinti color cavolo ed infine li raggiunse al loro tavolo un amico nano di Villa detto Gigiobigigiogrigigio che aveva in tasca un topo color fumo e il nano con un vibratore a forma di tortello arancione alla zucca di plastica stimolò nella toilette del locale il deretano del palestrato,al quale lo penetrò anche Villa il nano con un altro vibratore plastificato a forma di collo e di testa di cicogna.I due avevano raccontato al muscoloso una cosa meravigliosa:di quando l'ultimo dell'anno del 1952 sporti sulla balaustra del lungo Parma nella notte avevano contato sopra il greto del torrente il volo di millenovecentocinquantadue cicogne-nè una di più,nè una di meno-.






Lo Stirone (parte terza)

.

Una notte su un taxi francese dal cofano d'argento a forma di ostrica Villa il nano in compagnia del nano detto il Pussissia videro il nano Pecoroscorfano aggirarsi nella notte in un giardino in cui il fiume Stirone strasbordava le acque,il quale rifluendo e ritirando le acque lo lasciava come un cimitero marino pieno di conchiglie e pesci morti-tra i quali certi rossi-e sul quale erano rimaste uova di squali come ovetti bianchi pasquali.In altri giorni invece in una tana di un fosso un muratore balzanamente si era divertito a costruire un interno di una chiesa antica e minuscola con tutti i crismi architettonici-scumulando la terra e poi a lavoro finito rimettendocela su-e lì dentro una topa aveva abortito defecando fuori il feto di un topo minuscolissimo che una serpe striscia-fossi,blu turchina con alla pelle maculate stelline gialle lo aveva inghiottito e Villa il nano aveva scorto la scena.






Il minuscolo caffè

.

In un bar cornetteria-sgabuzzino foderato alle pareti di carta da parati color caffeina-frequentato da poeti neri o stranieri-studenti di convitti o affittuari di case-alloggio Villa il nano incontrò il poverissimo letterato Mohamed-finito sul lastrico-senza nè luce nè acqua nel suo buco-infine quasi per essere sfrattato-al quale il nano offrì un caffè nero,del quale lui subito usò di due o tre goccie come inchiostro-riempiendone il pennino d'avorio a forma di minuscolo bambino del Biafra-per scrivere i suoi versi brevi ungarettiani,poi contentissimo si bevve la tazza fumante e raccontò al nano che negli ultimi giorni in mancanza di zucchero si serviva per dolcificare la colazione di formiche che s'intrufolavano nel recipiente pieno di grani bianchi e dolci-raffinati dalle barbabietole-che guardati al telescopio sembravano microscopici teschi o briciole di ossa per nutrire i vitelli-sperando che le piccole formiche ne fossero impregnati ed addolcissero il gusto amaro della bevanda.Ad un parere superficiale il poeta sottile e nero-vestito di una redingote rosa con dipinti su cachi ocra,di pantaloni di flanella grigia con risvolto e il suo pennino della Costa d'Avorio-sempre immortalantesi così-sembrava ricco ma era in realtà indigente o povero in canna-.Un giorno nel caffè ebbero la visita di un giornalista famoso e sportivo della Gazzetta dello Sport-che s'intrattenne a parlare con il nano Villa e il poeta altissimo-e che regalò a Mohamed un cravattone gigante-rosato come i fogli della testata sportiva del gruppo del Corriere della Sera-con sulla seta stampati articoli di Calcio Mercato:la girandola della tratta degli schiavi calciatori-tra i quali Cuccagnoni, Rivadelmar, Primavera e Neoterra,i quali per miliardi venivano comprati o ceduti dai Paron-Presidenti.Qualche notte dopo il regalo il poeta fu trovato impiccato con per cappio la cravatta-che gli era tanto piaciuta-ad un chiudo del suo stanzino mignon e nella notte un'autoambulanza correva con la sirena come frullante sangue lucente-per cercare di rianimare l'ultimo rantolo di Mohamed-amante di Letteratura e Calcio.






La latteria della nonna di Causio

.

In una latteria di Torino della nonna di Causio-a gestione bianconera,del cui colore bianconero facevano il caffèlatte balzanamente a striscie bianco-scure-e la nonna aveva come mascotte nel 1949 l'infante Franco Causio-futuro giocatore della Juventus soprannominato dal popolo juventino il Barone e da bambino già baffuto con due mustacchi neri e pelosi.Così nella sera nebbiosa-la cui bruma imbiancava l'interno della torrefazione-e durante la quale l'apparecchio del Grande Torino girovagava perso con l'altimetro impazzito prima di schiantarsi contro la Basilica di Superga-in una bottiglia piena di latte nebbioso tagliata dal riflesso dello spuncione dorato della Mole Antonelliana-come una zolletta di zabaione-si specchiò l'aereoplano ed da un finestrino di fianco al presidente Marone dalla bombetta vetusta si specchiò sulla bottiglia bianco-latte il portiere Bacigalupo-vestito di un cappotto color granata torcida e salutò Villa il nano-il quale rispose al saluto-entrato nella cornetteria sul corso dai palazzi stile liberty color incarti di gianduiotti-dei cui minuscoli lingotti di cioccolato Gianduia era riepieno il baretto,-infine lo schianto qualche secondo dopo-e quel bricco di vetro pieno di latte cadde e si frantumò e ne rimasero le goccie come pianto di mucca per il suo figlio Torino.



Piccola continuazione

.

Una notte di neve Villa il nano incontrò la perpetua preta chiamata Bodyna Buldonga mastodontica come un elefante e dai piedoni massicci ed elefantiaci che diceva messa e nel refettorio il nano sgargnaplava come un matto leggendo gli acrostici stampati nei marchi dielle croste di formaggio conservati nella ghiacciaia della cucina della canonica e raccontava alla pretona della madre di Isidore Ducasse-futuro scrittore Conte di Lauteamont che aveva partorito il figlio-facendo crescere e maturare il feto per mezzo di un incubatrice-riflettente incubi ed applicata al pancione puerpero-che lui aveva descritto poi nei Canti di Maldoror,poi c'era stato lo spettacolino del burattino Pidocchio pieno di pidocchi che aveva contagiato tutti i bambini meno il nano,la mattina dopo Villa era al mercatino del vecchiume-che si teneva tutti i giovedì sotto i portici di Via d'Azeglio-soprannominato l'eternità dei tarabacli e qui sui banchi vide il comodino di ciliegio a forma di Madleine appartenuto a Proust-il busto di Padre LIno dalla calva a forma di anolino con la chierica svolazzante e guarnita di piume di cappone-eun osso di cavallo a forma di zanzara dall'ago per testare la stagionatura del prosciutto se introdottovi dentro.

  


Il caffè di notte
.
In un caffè di notte dai lampioni di luce color giallo cedro e dal pavè della strada di fianco acciottolata con porfidi a forma e color dei chicchi di mais suonava un jazzista sbodenfione-dalla testa macrocefala-gonfio di grasso,citrullone,stupidone e chiamato Albumonio Montatoaneve e pizzicava le corde del clavicembalo con le cinqua dita di una mano- a forma il pollice di scimpanzè,l'indice di scimmia,il medio di macaco,l'anulare di babbuino e il mignolo di cica pelosi come questi prototipi darwiniani mentre il compare Villa il nano e l'olandese chiamato Fock intrattenevano i clienti del bar con il numero della loro foca che teneva sul muso un grosso pallone e gli avventori del locale lanciavano tante monetine a loro.L'olandesone tornava con i suoi due amici e capitombolava-ubriaco di birre color arancione e color ottone-giù dalle scale ripide dentro una dispensa di patate ed agli ammonticchiati gli uni sugli altri-il sole piatto che cucinava la nonna detta la Scheletrulipana-friggendole come pepite d'oro e rimbalzava così sugli scalini il gran violone,sorta di pomone da terra con il buco scavato dentro e dotato di corde musicali.La nonna,il clavicembalista,Fock-e in quei giorni Villa il nano vivevano internati lì dentro,dormivano di giorno nel luogo sotto terra nel silenzio dell'Olanda-perchè non giungeva nessun rumora- e vivevano di notte e di giorno e veniva ad interrompere il loro sonno il bussare di uno strozzino alla porta per riscattare i soldi di qualche loro debituccio e qualche volta la nonna nel buio confondente del sottoscala pagava l'uomo con le croste di lebbra della madre-la bisnonna di Albumonio che era stata anche lei internata lì dentro-o fette di patate fritte e l'esattore le scambiava per monete vere uscendo dallo scantinato diAmsterdam che sorgeva sotto un palazzo a forma di boccale di birra gigantesco-intonacato color malto giallo- e con il tetto in cui i muratori con la calce avevano reso come un boccolo spumoso di schiuma bianca.



Lucca 1parte
.

Su una cadillac decappottata color fragola e con il tbo di scappamento a forma di fragolone da cui usciva una coda di fuoco tre giovani di Lucca e Villa il nano seminavano il panico sui bastioni e in tutta la città viaggiando a tutta velocità,tutto il giorno sgommarono sventrando i tavolini di una trattoria e facendo volare per aria un cliente,investirono un barbone ed a notte fonda uno dei tre certo Michelangelo sfottò una prostituta detta la Lupompinola.Infine la spintonarono sull'automobile insieme ad una collega e ripartirono.Era l'epoca del secondo conflitto mondiale e il giorno dei morti in una lussuosa pasticceria parmigiana Villa il nano aveva comprato un peluche-come un orsetto-ma con le sembianze caricaturizzate di Hitler ripieno di cialde,ricoperte di glassa ed a forma di ossa da morti ed il nano li offriva ai tre michelacci mentre viaggiavano.Uno dei tre-un certo Mefisto dei Pieronpieracci guidò fino in Versilia con le due prostitute che facevano risolini mentre Villa il nano fumava sigarette americane per poi finire in un circolo-club tennistico dove mangiarono pesce e lì stavano arrivando soldati tedeschi mentre la prostituta detta la Pompinolalupola-per farsi sganciare le sigarette da un distributore automatico di queste pigiava i tasti con un tacco della scarpa e così ottenne il pacchetto e Pieronpieracci era stato attizzato nel vedergli tendere i tendini e gonfiarsi i polpacci delle gambe.







Il Moulin Rouge 2parte

.


Il casino del tennis siccome sito a Forte dei Marmi era costruito con pietre minerali e bianche e deiPieronpieraccioni era il re-coccolato dai camerieri-ai quali ordinava champagne per il proprio tavolo e per quelli degli altri-spandendo e spendendo,infine fecero irruzione nel club soldati SS-tra i quali una soldatessa dai boccoli color birra che gli scendevano dall'elmetto e munita di mitra-.Successe che la puttana La Pompinolalupola fattasi prestare una pistola da uno di questi e giocherellando con quell'arma facesse partire un colpo sulla tempio di un soldato crucco e da lì uscisse molto sangue.La prostituta sembrava esaltata di averlo ferito ed offriva una sigaretta alla soldatessa,poi i nostri fuggirono improvvisamente e giunsero su suggerimento delle due troie in un dancing-night chiamato Adamo goloso della mela dove le due avevano lavorato da entrenouse.Villa il nano fece conoscenza con un ragazzino chiamato Steofano Tafani,vero esperto del sesso,il quale frequentando spessissimo il night vi aveva scopato più di duemila donnine ed era cultori di libri porno e ne mostrò uno scritto da un certo Clausurio Suori-intitolato La Prostituta di Proust che narrava dello detto scrittore che in un casino era riuscito a redimere una puttana sinoa farla diventare suora di clausura,la quale poi morì e il letterato veniva descritto nel libercolo-in un cimitero di Parigi con un mazzo di crisantemi a cercare la tomba della donna che aveva preferito ai vibratori i rosari e lui aveva scritto su un bigliettino la poesia sulla ragazza intravista nel locale a luci rosse Molino Rosso come entrenouse dai bicipiti e coscioni grossi come otto cocomere in una -e che poi evava preso i voti ed era andata a stare nel convento chiamato Nostradamo e che faceva sesso con una compagna di cella:la serva di di Maria detta la Serpamela-e cosi Marcel depositò la striscia di carta sulla tomba.










La Spalla Cotta di San Secondo 3parte

.


Il nano era al corrente di che ragazza si trattasse perchè quando questa era ancora entrenouse doveva venire a San Secondo con lo scrittore sulla sua Bugatti ad assaggiare la Spalla Cotta e Villa il nano rimase tutto il giorno e tutta la notte davanti ad uno spallificio ad aspettare l'arrivo dei due fumando impaziente tante sigarette ma i due non giunsero.Su San Secondo poi calò la nebbia e il nano sembrò vedere lo scrittore Proust,vestito di un abito giallo Parma e calzati ai piedi mocassini dai tacchi a forma di minuscoli petitot-accompagnato dalla ragazzona in perizoma e dai polpacci mastodontici con i muscoli gemelli e i due stavano salendo su un taxi mentre un taxista nel parcheggio taxi-siccome aveva svolto il mestiere di taxista ad Honolulu esclamò(-vero o no-):"quella lì ha battuto a braccio di ferro un bagnino nuotatore-vero super uomo e figlio di un industriale di hula hop della città-.







Honolulu 4parte
.
Villa il nano chiese al taxista di portarlo immediatamente ad Honolulu e perciò fino al primo posto di imbarco per l' America e il taxista esclamò se aveva gli sghei e il nano andò a prelevare in banca tornando con blocchi di mazzi di banconote depositate dentro una valigietta rosa e a forma di carrè di spalla cotta.Dopo giorni e giorni di viaggio arrivarono nella città dove si festeggiavano le feste dei culturisti e culturiste che sfilavano su grossi carri e tendevano e gonfiavano con pose i loro bicipiti ed altri muscoli gonfioni e d'oro come pepitoni e il festeggiamento terminava con l'incoronazione di un nuotatore che aveva sbracciato in mare mille miglia nell'oceano dal colore camomilla e sfumature color carcadè al tramonto piena a riva di ombre bombate dei muscoli dei palestrati lì in calca ad aspettarlo per premiarlo e così appena l'atleta dai deltoidi a forma di ganascie giganti di cobra uscì dalle onde gialle ed arancioni-rosse venne cinto in testa con una corona di fiori awayani.Poi il nano passò davanti ad un giardino in fiore dove ad una piccola folla Elvis Spreesley cantava suonando una chitarra a forma minuscola come un'ananas.Il nano nella sera andò a vedere una partita dell'Honolulu basball in uno stadio circondato da file di palme sulle quali bambini muniti di guantoni acchiappavano le sfere di piombo e rivestite di cuoio dei fuoricampo e seguì l'incontro in un baretto a fior di terra che dava sul diamante(campo di gioco)bevendo cocktail con olive siciliane giganti come palle da basball e fu poi invitato da un giocatore chiamato Johnnynnolini nel suo cottage dove mangiarono pop corn e bevvero CocaCola.Nel giardino contenti Villa il nano lanciava la palla e Johnnynnolini la colpiva spedendola nel campo di granoturco attiguo,infine il nano raccontava che per il giorno dei morti era stato davanti alla tomba di un bambino detto Ciucchetta il cammorrista visibile sulla foto in bianco e nero della lapide con due occhiaie scuro come il pelo di un asino ed amico del poeta Leopardi e del conte Ranieri amante di quest'ultimo che apparivano dietro di lui nella fotografia.Il ciucchetta girava per Napoli con altri camorristi su una carrozza a forma di teschio gigante muniti di fucili e da poeta analfabeta dallo stile sbodenfiosamente comico aveva messo al vaglio critico del letterato recanatese le sue poesie in una delle quali aveva descritto l'arrivo a Napoli l'arrivo di forme di Parmigiano in un deposito- luogo che a notte era diventato una segheria per il rumore dei denti dei roditori.Villa il nano raccontava quando lo era venuto a trovare nella città ducale il poeta Leopardi ed avevano mangiato in una trattoria chiamata Barbonaparte-pieni di mendichini-pesto dell'ultimo cavallo rimasto vivo della scuderia di Maria luigia ed e tutti due per scherzo erano stati buttati dentro ad un'abitazione piena zeppa di gatti di tutte le forme e razze dei paesi parmensi ed erano usciti ad incubo finito perchè il poeta aveva girato un confetto-in assenza della chiave-nella toppa della serratura e i due salvi ridevano come i matti perchè un gatto del paese di Felino aveva zampe a forma di zamponi di maiale e Leopardi era impelacchiato di peli di felini come se fosse un leopardo ma il custode della casa esclamò che tutti i gatti erano imbalsamati e contenevono torroni a forma minuscola di tutte le torri e i torrioni dell'Italia che si potevano mozzare e sgretolare con i denti perchè buoni dolciumi natalizi.Qualche decennio dopo Villa il nano passò davanti ad una giornaleria in cui una gazza nera e bianca imbalsamata come un cucù veniva fuori da un buchetto a dare le notizie della Gazzetta di Parma come uno "strillone" ed urlava che il poeta Rimbaud commerciavi schiavi,polvereda sparo ed ashis in Africa mentre il contemporaneo musicista Verdi aveva fatto una capatina nella mitica cappelleria di Piazza della Steccata a comprarsi uno stock di cilindri.


Il Vesuvio 5parte
.
Villa il nano scriveva una lettera al figlio illeggittimo di Leopardi-un certo Gennariaccio che viveva degli interessi editoriali dei libelli del padre ed era stato procreato dal letterato Giacomo con una meretrice in un vicolo impisaiento di Napoli e gli narrava nel foglio che era stata rinvenuta- da un antiquario nano chiamato Bassillicco Spaccanapoli in un comodino a forma di pomodorone di legno laccato color succo di passata ed apribile con il gambo di bronzo-una poesia su una culturista chiamata Vulvesuvia che pompava i muscoli con i pesi in una palestra dell'antica e latina Napoli ed era stata pietrificata dalla lava colata a Pompei da un'erezione del Vesuvio mentre era in posa a mostrare le muscolature gonfissime e lo esortava ad andare a riscuotere la cifra ammontante ad un miliardo-forse spesa dal rigattiere in un coito con la prostituta napoletana detta Omozzariella Tettebuffala.Gennariaccio va detto era un bambino pallido come la mozzarella con grossi riccioloni neri che nel cortile circondato da un giro di scale interno del palazzo dove la madre-donna di malaffare-incontrava i clienti giocava alla batriomachia(guerra tra rane color basilico e topi campagnoli campani color pommarola)-gli ultimi spessi che si pappavano i secondi e i rospi erano tifati dal bambino quagliò detto Spaghettofetido.


La torre del Mangia 6parte
.
Gennariaccio infine va detto che componeva poesie perverse,sporche e malefiche-cattivo figlio d'arte di Giacomo-e aveva scritto sulle latrine di Napoli sporche di stronzi a forma di corni anti iella ed anti malocchio con dentro impastate monete gonfie e d'oro e nel buco della turca facevano capolino un gambero arancione ed un palombo argentato perchè trascinati dalle maree del golfo nei condotti delle fogne oppure su un nobile giocatore della Smorfia che aveva perso dieci case a Torre del Greco puntandole su numero del Lotto in una ricevitoria oppure su un nanone merciaio di Avellino detto il Terribile Ulk perchè super muscolato come Rambo e dalla carnegione color verde basilico-il quale aveva venduto mutande ad un mafioso di Cosa Nostra detto Penecannolo Innaff iapipìamafia oppure di un un nano senese detto il Finocchionone-il quale in treno leggeva un fumetto intitolato Curvone San Martinomyster con disegnate tutte le cadute al Palio di Siena dei fantini alla fatidica curva dal trecento a quell'anno-corsa alla quale Gennariaccio-partito su una carrozza a forma di bufala con il padre in una sera al tramonto color rossa pizza dalle nubi bianche ed a forma di mozzarelle come fumetti-lontana la luna a forma di casale dove si produceva il latticino mozzando con le mani il caglio indurito-fattasi poi notte nera -spentosi il forno del pizzaiolo sole- era andato e il figlio di Leopardi discolo ed biricchino era caduto dalla torre del Mangia dalla quale seguiva la trottata dei cavalli con su i fantini-salvandosi la vita aggrappandosi alle lancette a forma di due nerbi giganti dell'orologio della detta torre campanaria-poi recuperato dal campanaro detto Manzù Mammabue con il canape usato e teso alla mossa per la corsa del Palio.



L'orsantola
.
Il poetastro Gennariaccio infine nel1930 era ormai vecchio a Roma-dove abitava,aveva preso mille taxi con Villa il nano per girare i castelli romani ed aveva conosciuto gli scrittori Flaiano e Moravia-e seduto a farsi una sega su una poltroncina di un cinema romano-davanti ad un film della sexi e sinuosa Greta Garbo da far impazzire-fu amazzato da un amico napoletano-certo Rottotòcul con un colpo di pistolona a forma di mosca gigante:la sua canna a forma di proboscide muscide:Al suo funerale-al quale era presente anche Villa il nano-durante la funzione fu letto il suo componimento più bello in cui descriveva le notti-a mangiare e bere sotto le pergole delle trattorie romane con artisti di strada :pittori,poeti vernacolari,mimi,musici,saltimbanchi e giocolieri e la crocefissione di micini su punte di carciofi negli orti romani nella notte baglioni di luna dove Cristo dall'alto dei cieli seminava l'erba papona-specie di borraggine che cresceva a cespi a forma di cupole minuscole-di cui andavano ghiotti i cardinali perchè donava l'impotenza.Presenti erano anche gli amici detti Maccherogna, Carciociarfi,Erculupocupoletta alla funzione religiosa.Infine sotto un archetto di una galleria detta Degli Angelimicheli videro Rottotò fuggire con un libro scritto da Liala ed intitolato Il figlio merdaccia di Leopardi che in una pagina era descritto su un ciuco al palio di somari con su la casacca del rione degli strufoli questi effigiati come una folla di spettatori sulle gradinate dello stadio Partenio-dove era dipinto anche un calciatorino azzurro con una gran zazzera nera di capelli:Maradona-intento a palleggiare.Nel vicoletto un ratto di Napoli trasferitosi a Roma gli rubò la pistola-nasone di moscone e schicciò il grilletto-arrotolandovi dentro un colpo di coda- e freddò l'assassino squittendo:"perchè hai amazzato Gennariaccio-re delle pastiere di Napoli e quanto buono il suo Napoletano con l'acqua santa dell'acquasantiera del duomo di San Gennaro fatta bollire con la miscela arabica.Va detto infine che Gennariaccio-ferito prima di morire e grondante sangue-aveva vomitato verde ed all'obitorio per penuria di bare era stato sepolto insieme ad un orsanto,nano,giallo,gonfio ed addomesticato-a modo di peluche di fianco al letto-ursido di proprietà di uno zingaro circense che girava con un carozzone pieno di bestie:scimmie giocoliere,pappagalli cantanti e poeti e topi matematici che risolvevano il computo delle tabelline.


Il seminario
.
In una scuola retta dalle suore le due studentesse Francesca Acquasanvitale ed Irma Dolci avevano composto un tema in classe descrivendola gita a Roma con i compagni di scuola-quando per errore dell'autista invece di giungere nella città del Papa erano finiti nell'anonima e brutta Civitavecchia,così le due ragazzine fidanzate tra loro consegnarono il foglio protocollo e parteciparono alla partita di fotball tra i frati Cilicini e le suore Luigine nel campo sportivo della scuola,Villa il nano fu il bomber delle suorine e suor Bernardella parò un rigore a frate Cipolla,poi vennero le vacanze di natale e le due andarono a trovare suor Mariaporna,una badessa ellissima,pallidissima e dagli occhi turchini,i seni turgidi con i capezzoli come code di serpi dell'Aden visibile sotto la tonaca attillata-perciò oscena come una sexistar che disse loro che don Manzoli aveva organizzato il pranzo della Vigilia e di Natale nella mensa dell'istituto-.Alla sera della vigilia iniziò a nevicare-cadevano fiocchi di neve come se Dio dall'alto dei cieli cardasse il vello di tantissime pecore- e così dalla stazione di Parma uscì il vescovo e due seminaristi magrissimi ed allampanati chiamati Mazzapeccati e Rigamontisinai-giunti da Roma-e caricati sul camioncino dei frati da suor Celeste e portati alla cena in Seminario.Così si svolsero le sorbite di anolini in brodo e le abbuffate di zampone con le lenticchie e durante la cena della Vigilia I bambini dell'asilo-tra cui i chirichetti nani Villa,Ocimino e Roseri-le suore ciciarando e cicaleccando continuavano a dire don, don,don chiamando il don chiamato Confessionali,quello chiamato Crucis e quello chiamato Leccalli,poi alla fine della messa di natale don Pampuriorsolone era venuto a dire a suor Castagna Marone-una suora di Torino nel seminario e -parente con il Marone già presidente del Grande Torino-che la Francesca e L'Irma si erano limonate dentro la cappellina mentre Don Taligneani diceva la funzione e la suora sentito ciò rideva di gusto.La notte gelidissima di Natale Villa il nano con due Gesuiti eretici-chiamati Poppeologo Tetteologo e Sessetol Gosusino-prelevando mazzi di banconote nella banca del Vaticano chiamata Banco Succatroncalli girarono e rigirarono su un taxi nella notte per Parma-anche la periferia e i paesi limitrofi-passando davanti a chiese dal portale aperto stracolme difedeli per la messa di mezzanotte e vedendo i banchi di candele come aste scintillanti di soldati crociati,fermandosi ad un caffè di Piazza Garibaldi chiamato Rabarbarbone dove ordinarono tre zabaioni e finendo la notte-scaldati dai tizzoni dei ceppi accesi color aragosta-di un caminetto-nella casa del pittore Latino Barilli che stava dipingendo in un quadro su un cavalletto un lupo che entrava in un pollaio di una vecchia casa di contadini e nella notte faceva razia di galline bianche borotalco mentre ad una finestrina del casolare in una cucina semioscura il figlio del mezzadro-minuscolo fanciullino come Pollicino-soffiava per il suo primo compleanno una candelina su una torta di panna come un aiuola piena di neve.Dal loro continuo peregrinare in taxi tornarono in seminario a mezzogiorno dove sulle lastre di ghiaccio del campo di calcio si specchiava l'azzurro del cielo immenso di un santo Stefano con il sole e mangiarono gli avanzi del giorni addietro e scherzando Villa il nano aveva chiamato lo zampone con le lenticchie la mano di di don Gosusino che diceva il rosario e Suor Fagiola aveva aggiunto cotolette e pattona ed erano rimasti ben pochi preti-certi Tapposugherocrocifisso,gelasi e Garibaldo e altrettante poche suore-perche molti erano andatia far visita la Papa a Roma e discorrevano di atleti dell'epoca :il calciatore PIola e il maratoneta Fiasconaro,poi c'era stata la tombola-e il reverendo chiamato Divinsanto Umbriaca chiamava i numeri al microfono-,infine la riffa.




I crateri della luna 2parte
.
Interrottasi per un giorno la neve-poi ricominciò a cadere e fu una nevicata continua ed insistente dell'anno 1956 e Villa il nano chiese a don Carcerone Galeotti-prete mastodontico come un canteranone- ed a Suor Schivainfernia Deigosinaridentroburroloni-badessa palestratasi di muscoli con i manubri,nonchè insegnante di Isef nella scuola del seminario-di farsi portare a Roma a veder la Roma di Ghiggia,così partendo sotto il nevischio arrivarono allo stadio su cui cadeva come neve-figurine Panini come focaccie ripiene di panna montata e il nano salito sulle spalle possenti dei due religiosi assistette alla partita e sullo spalto fecero conoscenza con una sartina dei Parioli dal cappello cucito di fili d'oro a forma di ditale-la quale era accompagnata dal marito nobile di Tivoli-.Sulla gradinata il prete indicò al nano il figlio bambino di Menti-ex giocatore del Torino-il quale aveva denti a forma di mentini mentre sopra il belletto-trucco bianco e settecentesco del cielo si stampava il sole sfiocato come un torlo colante cotto,infine continuando a nevischiare il nano e i due andarono a mangiare in un osteria dove i trattori marito e moglie erano detti Pinciociaro e Pinciacciona e discorrevano di un vecchietto di Medesano chiamato Profetta-il quale si credeva Cristo e diceva di saper ascendere e da ubriachino spiccava salti ovviamente piccoli saltellini perche repressi dalla forza di gravità come tutti i comuni mortali.Si raccontavano che lo scienziato con una penna-laser applicata al telescopio e -questo puntato su Selene-staccava pezzi di crateri della luna-facendoli capitombolare sul suo podere- e su questa materia seminava semenze d' erbe-ingerendo le quali si batteva la forza di gravità che proprio non esiste su quel pianeta e le aveva testate su un gatto gobbo chiamato Gattechismo che spiccava così salti altissimi come cavalli agli ostacoli-da scavalcare i faggi alti del suo cortile e il vecchino la voleva anche lui inghiottire insieme al Portiere del Medesano calcio chiamato Copparoni per parare parabole e cross.




Il formaggio di pecora  3parte
.
Lo scienziatoostante fosse stato messo al bando dal Vaticano come eretico-girava con un cravattone grosso come una zampa di elefante di un pantalone anni sessanta alla moda così chiamato e girava film porno nei boschi con fischietti-richiami per uccelli con tutti i versi delle zufolate orne.Era l'epoca in cui Pasolini scriveva la ricotta e mangiava tortelli nani ripieni di questa con Villa il nano ed altri nani che scopava introducendo il pene nel loro deretano dopo avervi sfregato peperoncino per mandarli al diavolo e produrre loro contorcimenti sadomaso e il nano chiamato Pecoricciolino faceva indigestione di ricotta vomitando questa e defecando cacca dal sapore di questo formoggio e bianca lattea per rapporti orali ed anali con il poeta e Pecoriccino il nano se faceva godere poco Pasolini veniva crocefisso su una croce fatta di provola,poi a tutti i culattoni il magistrato chiamato Irchistruttoria analizzava il buco del sedere e li metteva in galera.Tutto succedeva ad Ostia-terra di merda che si mescola con il mare all'idroscalo,luogo di puzze e di discariche di rifiuti-pianetino cherubino di defecamento nelle galassie dopo il mondo e prima dei pianeti.Il nano Pecoriccino venne a trovare il nano Villa in seminario,telefonarono ad un rambo palestrato e gli dissero di venirli a prendere in seminario-percorrendo Via Solferino-strada piena di villini liberty-senso da Via Farini-ci salirono sulla sua macchina dell'ammasso di merda e testoteroni e percorsero le due Vie dei Santi-vicino ai due palazzi religiosi-vero gioiellino di stradario ecclesiastico- e quando furono in Via Conforti-vicino alla scuola intitolata ad un altro prete la Don Cavalli- esclamarono al pallone gonfiato-gonfione di torta fritta unta che tanto piace ai bambini-:"ti ha inculato la madonna-intendendo la statua della vergine sita sul seminario maggiore troneggiante sulla strada-lo amazzarono soffocandolo con una catenina d'ora dalla medaglia effigiata di un Sant'Antonio e brigadieri lasciarono perdere il fatto perchè l'uomo superava la dimensione della misura dello stato civile del codice penale.



La scuola pittorica di Barbizon
.
Pittori barboni della scuola di Barbizon dipingevano--mentre fumavano sigaracci del cui odore s'ipregnavano i loro abiti color vinaccia-con di fianco di solito un cane fedele di razza barbone che accarezzava con la zampa un topo-su cavalletti in quadri foreste le cui chiome degli alberi-dalle foglie maron perchè autunnali e secche-erano della forma di tante barbe gonfie e fluenti di closhard-aggrovigliata ai quali cresceva la vite bianca in botanica detta Barbone o Bryania Dioca-e cirri sovrastanti erano schiume bianche da barba spruzzatevi su da barbieri.Un giorno di quel periodo Villa il nano fu a vedere Degà dipingere i polpacci guizzanti e muscolosi di ballerine dell'etoile di Parigi,poi con il pittore,lo scrittore Proust e il poeta surrealista Desnos andò ai baracconi dove tra le tante attrazioni-videro la donna barbuta e la donna più muscolosa del mondo ed un criceto gigante che correva su una ruota immensa del lunapark e stettero lì finchè il fierone finì e zingari giostrai caricarono il roditore su un camioncino blindato chiudendolo in cattività in una gabbiona tra i tanti pupattoli che applaudivano la bestiola-dai peli biondi d'angelo-che sbarbamus gli tolettavano mentre il furgoncino viaggiava.Infine andarono tutti-compreso uno di quei bambini esaltati dal criceto-un infante ricchissimo-che idolatrava il surrealismo e conservava in una teca una foto di Breton con davanti una candela accesa e possedeva una roulette gigantesca con per ogni casella una parola del vocabolario e scriveva poesie con i termini in fila a seconda dove si posasse casualmente la pallina-in un ristorante veneziano nel quartiere latino-gestito dal cuoco chiamato Monsieur Colombin-dalle pareti costruite con in rilievo palazzi di un calle di Venezia ed attorniati di piccoli canali pieni di acqua verde su cui navigavano gondole minuscole guarnite con abajur a forma di piccioni gonfi,piumosi e luminosi che illuminavano il locale pieno di coppie di innamorati eterosessuali ed omosessuali e qui mangiarono zuppetta al nero di seppia.


L'arca di Noè
.
In una casa di Gaione-paese con su lo stemma della balzana un culo di un gay-s'inseguivano nella notte due omosessuali dalle sagome nere:l'uno-seguito da un grillo-l'altro con un mutandone fatto di budello di culatello bombato come questo salume e Dio punì tutti i froci del luogo con un diluvio limitato al vico che lo annegò a dismisura,poi arrivò l'arca di Culanoè navigando nei marosi con le coppie dei morosi tra i quali Culnanetti e Cullattonemammmario.I froci scendevano-due a due come coppie di fidanzati- dalla nave azionando trottole rullanti a forma di vibratori sulle quali stimolavano il deretano ed andarono in una latteria a sorbire latte in cui il lattaio vi aveva sciolto-per zuccherarlo-un grumo di miele a forma di orsetto.Esilarante fu quando scesero dall'arca bibblica un feto di un bambino simpatico,minuscolo,comico e color di una frattaglia inseccolita con il suo amante altissimo e spirlungone detti Cicciolino e Salamone,poi finito il terribile acquazzone i culattoni si mascherarono di abiti a pizzi ed andarono nel teatro-riproduzione in mimiatura del Regio-vero gioiellino dai palchi stuccati color vaniglia e i legni di quelli del loggione intagliati di festoni a forma di verdure-ed ascoltarono un'opera di Verdi chimata Culotello.Villa il nano era su un palco con per morosone un vecchio panzone dal volto di bambinone e il collo papagorgiato-chiamato Ziobaione-con un cappotto color vov ed una bombetta a forma di uovo e la moglie detta la Gallina Piumata era gelosissima del nano.Al bar del teatro si sorbivano liquori verdi,cocktail rossini e cappuccini per scherzo maccheronico chiamati come i tre compositori lirici.Da un palco lo spirlungone detto Salamone sporgeva-perchè altissimo-fin sotto al lampadario del teatro-mentre il minuscolo feto in un rapporto orale gli scopava con il pene mignon i buchi delle carie dei denti a forma di piccolissimo colossuari-ruderi di colossei della Parma antica latina-tra le gengive turchine.
 
 



Il sanatorio svizzero

Villa il nano asmatico partì in treno per andarsi a curare in un sanatorio in Svizzera e si ricordava quando con alpini dai cappelli trapuntati di aquile piumate ed imbalsamate era asceso su un monte a forma di dente cariato,gigantesco,con ascesso e cosparso di neve come pasta dentifricia.Sotto la montagna sorgeva la malga-ospedale dall'intonaco a striscie color rosa e mirtillo-ricamata di legno- e davanti cresceva un eucalipto gigante e profumatissimo che gemmeva pigne color limoni e il nano nell'estate del 1903 stava all'aria aperta sul terrazzo mangiando gelati,cioccolato e pasticche alla menta e bevendo acqua minerale come prescritto dai medici mentre leggeva un'enciclacallo del Vaticano-una specie di anatema scritta dal papa contro i callisti e le pedicure,pubblicato su un quotidiano svizzero-in compagnia dell'amico-anch'esso malati di asma-chiamato Colonninio Mercuri,i due poi sguargnaplavano come i matti di un altro articolo su quel giornale chiamato nella testata:il Corriere del Cioccolato-che parlava del rinvenimento di una tabaccheria dell'anno Mille in cui gli archeologi avevano trovato una pipina sottile e lunghissima appartenuta a Pipino il Breve e un giorno di quel periodo estivo successe che il sole sciolse staccando dal tetto di legno del sanatorio un candelone di ghiaccio,il quale cadde sulla fronte di Villa il nano tagliandolo e facendogli uscire del sangue-macchiantegli la giacchetta verde pino dalle stelle alpine cucite,trapuntate e ricamate di fili sopra.Finita la paura i due erano scesi in paese dove il fierone rionale terminava con una gara di mucche dotate di campanacci-vinta da quella chiamata Milkucca e montata in groppa da un insegnante di sci detto il Zeromatto




L'Alfieri

Il lontano settembre del 1950 Villa il nano partì per Torino ed alloggiò in una dimora luccicante,doreggiante alla luce della luna sotto i portici,il cui palazzo era sormontato da una statuetta d'oro a forma-caricatura di Cavour con in mano una barretta di cioccolato sempre fusa in oro e lo studente che lo ospitava gli raccontava che il giovane Camillo Benso-dai riccioloni color nutella già alla re Umberta-sui banchi di un liceo classico di Torino:il Pindemonte i compagni di classe per canzonarlo lo apostrofavano come cavadour di tartuf e un torinese stupidino-magrissimo come uno stecchino e vestito di seta d'oro-faceva la guardia all'abitazione camminando avanti ed indietro-vaneggiando che l'aereo del Grande Torino era caduto su Superga per la seconda volta.Così lo studente portò il nano a vedere il palio d'Asti ed a mangiare il tartufo e il nano la notte stessa si sognò gli ufo come due mosconi che lo sequestravano dentro ad una damigiana di Moscato.I due tornati a Torino videro la piena del Po e su un ponte lo scrittore Salgari indicava nell'acqua che scorreva in tmulto barboni trasportati come tronchi dal suo flusso.E Torino era d'oro di palazzi attraversata dal cioccolato liquido del suo fiume.Davanti all'hotel Roma-al cui interno si sentivano le vampate di vapore di ferri da stiro a forma di grossi gianduiotti d'oro con cui stiravano in una lavanderia lì interna inservienti dell'albergo-sotto i portici posava da disperato un ex commesso del burrau con la divisa rossa ciliegia-dai gradi 'doro sulle spalle ormai tutta lisa-il quale suonava la fisarmonica cantando la favola del poeta Pavese-morto suicida lì dentro in agosto-dalle lepri portanti messaggi dei partigiani all'amico Nutonutella,suonatore di clarino nella banda del paese di Canelli-e un venezuelano accompagnava la musica dello strumento a molla con strumenti shaker rudemente ripieni di riso dal suono semolato.Nell'albergo il pasticcere cioccolataio era un certo Urin dal mignolo sottilissimo e venuzzato di una vena-che aveva ereditato geneticamente dalla madre nata a Venaria-nel quale con una siringa s'iniettava cocaina.L'anno prima in una giornata di nebbia come cocaina Villa il nano aveva visto l'aereo del Torino come un apparecchio a forma di goffo,comico e gonfio agnolotto gigante-pieno di carne bovina:i calciatori-ed aveva visto da un corso di palazzi stile nuvou dorati come gli incarti dei gianduiotti-prima del suo schianto su Superga ad un finestrine del velivolo il portiere Bacigalupo salutarlo affettuosamente, simpaticamente e sinceramente mentre l'aereo della Juventus a forma di nasino gigante di Agnelli volava come sniffando la polvere stupefacente ed atterrava in aereoporto.





Le ombre cinesi

.
Dopo una lunga cammellata nel deserto-biscotto gonfio e giallo sbocconcellato dai denti:gli zoccoli dei quadrupedi-bestie con le gobbe Arthur Rimbaud-allora in soggiorno in Africa- e qualche abissino tra i quali quelli chiamati Fetafa e Teorrone,si fermarono,accesero fuochi e rosolarono carne di vacca che mangiarono.Poi i nero dagli occhi turchini Fetafa con le ombra delle dita delle mani prodotte dalle fiamme del fuoco su un paravento simulava le pose in agonismo di culturiste contorcentisi e mostranti i muscoli-servendosi di un minuscolissimo bikini di cui aveva guarnito il pollice-come un sogno profetico del bodybuilding futuro.Rimbaud turbato dalla forma delle ombre delle dita si tolse dalla bocca la pipa lunghissima ed olandese-che stava fumando-impugnò un altrettanto lunghissimo fucile dal calcio a forma di tronco di palma e sparò un bossolo che distrusse un dito di Fetafa che balzanamente rise e fece il gesto dell'ok con le restanti dita mentre all'orizzonte viaggiavano carovane di un circo chiamato Zezèi con un tendone rosso,gonfio,ricamato ed infiocchettato in cui le trapezziste marocchine supemuscole sui trapezi piroettavano salti qradlupi e sestupli e da questo volarono mosche zezè malsane vicino all'accampamento del poeta e gli altri ed una di queste punse la piccola voragine rossa sangue della ferita di Fetafa,poi con il moribondo ripartirono e Il nano Villa nella comitiva vide fontane obrobriose,gigantesche di petrolio sprizzare dalla sabbia nella notte,del cui liquido erano impregnati i piumini dei cardellini.Il nano tornato a Parma comprò da un ortolano verduraio una carota gialla e lunghissima-al suo interno sottilmente vuota-adagiandovi sulla quale l'orecchi si sentiva-come il rumore del mare da una conchiglia-il verso di coniglio che ruminavano fieno.Dalla spesa il nano tornò anche con rapanelli giganti come palloni da fotball e con le verdure si  melomane detto lo Scravattatta e i rapanelli li lanciò in testa alla Tebaldi-rea di una stecca nell'esecuzione lirica e canora.Villa il nano dormì dall'mperatrice di Parma chiamata Crudelia Zambonia che trovò oscenamente stesa sul letto con il ventre lasciato nudo da una vestaglia di raso aperta,rosata e sottile come una fetta gigante di prosciutto.Siccome la casa della pornostar sottile e magrissima era vicino a Piazza Garibaldi nella notte il nano andò a bersi una Strega in un caffè al cui tavolo sedeva un barbone-attorno al mento del quale come cimicione piccioni cittadini stavano attaccati come ad una parete di un cornicione disegnandoli un grossa barba grigia- e rincasando di sfuggita vide una cavia gigante e bianca di Pavia-giunta a Parma perchè preferiva al Grana il Parmigiano.









Il Bel paese Galbani


.
Villa il nano entrò nel carnevale di Abbiatograsso varcando una porta della città sentinellate da guardie nude e sbodenfissime-il cui grasso aveva tramutato il loro corpo pieno di pieghe flaccide e cadenti.Dopo aver mangiato qualche sgonfietto Villa il nano si mise d'accordo con i vecchi panzoni chiamati di cognome e Maialassi e Pussoni per partire sulla macchina di uno di questi nella sera fattasi nebbiosa alla volta dello stadio San Siro ad una partita notturna di Coppa dell'Internazionale Ambrosiana e c'era tanta bruma che arrivati A Milano vagarono nelle sue strade del centro dove si sentivano gli allarmi della Pinatoca di Brera e Lardasso raccontava di un quadro raffigurante una forma di gorgonzola dipinto dal Puzza-che creduto vero un topo aveva rosicchiato e il nano e i tre vecchioni bambinoni e pieni zeppi di aria nella pancia-perciò scoreggioni e ariofagitici-non arrivarono allo stadio per scarsa visibilità e durante il viaggio di ritorno mentre i tre ingollavano Ramazzotti da bottiglie migno-il nano appisolatisi si sognò di entrare nel vulvone di una donna gigantemente grassa-impagliata ed imbalsamata-per nascondersi al saccheggio del 1167 del Barbarossa al castello di Abbiategrasso.Villa il nano e gli altri si fermarono a mangiare da Ticinossoni che raccontava che in un giardino della Brianza facevano correre a topini e toponi una gara di corsa-e questi topastri sembravano la scia di una cometa sulla pista ad un curvone pericoloso della quale-detta curva del Formartinillino-erano stati posizionati pacchetti di stracchino come minuscoli cuscini morbidosi-per attutire i colpi delle loro sbandate-come i materassi della curva San Martino in piazza del Campo per la corsa dei cavalli del Palio di Siena.Nel giardino Villa il nano c'era stato ed una volta aveva trovato un millefoglie-un trifoglio con aggiunte novecentonovantasette foglie- e scomesse sui topi detti il Gasera,il Formaggalassiavialattea,il Caccaciotta e il Cascinaio e vinse miliardi che spese per andare mille volte da Roma a New York su un taxi in compagnia anche di un vecchione e barbone-lucidato, pulito con mille schiume doccia e vestito da babbo Natale che sulla limousin gli versava champagne dalla spuma a forma di puma saltante nel calice.Da una terrazza sul giardino il paron industriale Galbani e i numerosissimi rampolli-e le loro mogli-guardavano il palio e lanciavano come grossi coriandoli etichette circolari che applicavano industrialmente con rulli sul dorso delle caciotte Belpaese Galbani.Infine Villa il nano tornato a Parma si recò il giorno successivo a Colorno-il paese dei matti-e la nebbia non ancora sparita era l'albume sul tuorlo giallo del palazzo Ducale ed alla sua vista lo spettacolo appariva come un uovo cotto.Così andò a trovare nel manicomio- sito in una casetta nel giardino attiguo alla residenza di Maria Luigia-un matto che da bambino aveva conosciuto i coniugi Laccabue-genitore del Tony pittore-ed era internato lì perchè da imbianchino-qual'era-voleva dare con la pennellessa una mano di sterco sul giallo Parma dei Palazzi della città.Al senza senno il nano raccontava di scopate con il signor Galbani nel suo cubicularum e che tutti gli industriali di formaggi della Brianza-gli Invernizzi e i Locat(gatto)elli possedevano villette con annessi giardini in cui in musdromi facevano correre ai topi gare di corsa e che lì si aggirava di notte il fantasma formaggino di un certo Brunetto Latticini-più volte estinto con lo scaccia-spiriti-ma ogni volta rinato dalla crema degli stracchini.














Piazza Navona


.
Nel settecento a Roma in festa riempivano d'acqua Piazza Navona e facevano battaglie navali con vascelli un po più piccoli di quelli veri,mettevano a vino-per mezzo di spinette-i fontanoni ed organizzavano gare di corsa di cani bastardini con annesse bische e scommesse su schedine del Totcanem e c'erano giullari e macchiette che con i loro numeri gabbavano una moneta ai turisti e la vera attrattiva era il nanone Romomo con un gobbone alla schiena a forma veritiera di cupola di San Pietro come fedele architettura di grasso e cartilagine sulla quale saltava Villa il nano chirichetto o Chiodo di croce,uno storpio che si faceva crocifiggere facendosi piantare chiodi alle mani ed ai piedi e tutti ridevano e il nano Villa spendeva le monete per scommettere sul cagnolino chiamato Lanzicanecco e con le vincite andava in trattoria-lì qualche vicolo dietro- e il trattore detto Culopola gli serviva il caprone e Villa il nano rimirava lì i quadretti incorniciati con le dediche al locale e gli autografi dei pittori-tra i quali- Michelangelo,Raffaello,Caravaggio,Panini e Vanvitelli-siccome la locanda si tramadava da oste padre ad oste figlio da secoli-.Villa il nano il bicchiere se lo andava a riempire invece in una fontanina a forma di lupacchietta bronzea messa a vino come detto precedentemente per le celebrazioni delle feste.Nella trattoria chiamata A li mortacci ci andava in quei giorni a pranzo e cena spendendo le monetine lanciate sulla gobba di Romomo-schiena da guinees dei primati e vera attrattiva per la sua forma.Nel locale entrava anche il papa Benetto quindici mentre il nano Villa si masturbava sotto il tavolo con qualche ragazza romana lì a mangiare e dai polpacci gonfissimi intrecciati dai lacci dei coturni e i piedi divini e femminei.Poi il nano usciva dalla trattoria ed era dietro una carrozza di sbirri con la sirena spiegata a modo di campanellino che inseguiva un ladruncolo detto il Lateranocchiese ma un bel momento un gragge di pecore ordinate da un pastore e dal suo cane sbucò da una strada laterale precedendoli in quella loro principale che s'intasò di pecore e il ladro potè svignarsela poi raggiunto qualche vicolo più in la dal nano con cui si divise un ciambellone dolce e fritto e una fiaschetta impagliata di vino rosso rubati - e facendo merenda sull'ultimo gradino di una scalinata di una chiesa dal frontone in marmo scolpito con le sembianze di dio barbuto e profetico- e in un dente di pietra cariato dal tempo il furfantello-vestito di un mantello nero ed arrotolato sul viso per non farsi riconoscere- mise una sua sigaretta accesa.Un altro sbirro li fermò e chiese i loro documenti e sulla carta d'identità di Villa il nano era scritto venditore di criceti su quella dell'altro :calciatore di calcio vestito fiorentino ed infine li rilasciò,infine il nano portò Lateranocchiense nella sua dimora da dove prese cinque criceti antichi che portò via mettendoli dentro gabbiette minuscole a forma di carceri italiani ed due di questi erano inteligentissimi:uno squittiva messa il latino,l'altro raccontava novelle mentre il terzo dei cinque fumava una pipa minuscola come un chicco di caffè.Fu così che il brigante-per averne ricavo-lo portò da un geniale vivisezionista,dalla casa piena di aghi e ferretti chirurgici da molestie e torture,al quale il nano non li volle vendere nonostante la grossa cifra offerta.Quindi agganciò le gabbiette-le une sulle altre-al porta chiave e partirono in carrozza per Livorno fuggendo perchè inseguiti dagli sbirri siccome avevano rubato panini,gelati,gassose,ciambelle,sigarette,sigari,una pipa,liquori e fiaschi di vino ed erano stati indicati ad un birro da un certo Leccalecca,un ambulante di gelati moretti al quale avevano infatti rabato stecchi con infilzati rettangoli di panna ricoperta di cioccolato.Arrivati a Livorno si sfilò il gancio delle gabbie e Villa il nano perse i cricetinano eal malavitoso-trovato rifugio nella cantina piena di cipolle di un ambulante di verdure bussò la porta nella notte uno dei cinque roditori che i due barattarono per due piatti di Caciucco con il bambino-figlio di un oste-in una trattoria dove si cucinava questa zuppa di pesce alla livornese.